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Lamento per Lauzi

di Roberto Fedi
  Bruno Lauzi
Data di pubblicazione su web 26/10/2006  
Siccome sono sempre i migliori ad andarsene (non è un modo di dire, è una constatazione), se n’è andato anche Bruno Lauzi, a 69 anni. Ci dispiace. Era un signore perbene, gentile, colto. In televisione appariva poco da sempre, e gli ultimi anni mai. Non solo per la malattia, ma proprio perché era poco televisivo. Ogni tanto era invitato a fare qualche seminario all’Università (noi l’abbiamo conosciuto lì) sulla musica contemporanea e sui testi poetici delle canzoni; scriveva qualcosa; guardava il mondo senza eccessive speranze.

Era poco televisivo, perché non era bello – ma neanche Paoli lo è né altri di quella generazione e di quella ‘scuola’ genovese: ma lui non aveva avuto la voglia di riciclarsi come alcuni di loro, buoni per tutte le stagioni. Ma soprattutto perché era schivo e un po’ solitario, colto (cosa esiziale in Tv), e non aveva né aveva cercato agganci politici di quelli che contano. Era un laico, cosa che da noi equivale all’emarginazione a vita. In Italia, lo sapete, funziona così.

È da ricordare per alcune cose belle, e alcune bellissime. Fra queste ultime, secondo noi, l’incontro con un altro grande isolato della musica francese, Georges Moustaki. Di cui tradusse nel 1969 Le Métèque, bellissima canzone che lui rese in italiano con gentilezza e forza, e con un paio di invenzioni da grande traduttore-chansonnier. «Avec ma gueule de métèque / de Juif errant, de pâtre grec / et mes cheveaux aux quatre vents…». E Lauzi: «Con questa faccia da straniero / sono soltanto un uomo vero / anche se a voi non sembrerà…» (attuale, non vi pare? Se ne sarebbe ricordato qualche anno dopo Paolo Conte, in Genova: «Con questa faccia un po’ così…»: la cantò, benissimo, anche Lauzi). E continuava rispettando il testo, ma non limitandosi a un adattamento riga per riga: bensì mantenendo lo stile e lo spirito (se così si potesse dire), e reinterpretandolo. Con passi bellissimi: «un vagabondo, un musicista / che ruba quasi quanto dà».

Ripetiamo: ci dispiace che se ne sia andato, così in silenzio. Come per Lucio Battisti (di cui aveva cantato un paio di canzoni, scritte per lui), potremmo dire che lascia il rimpianto e nessun seguace. Allora riascoltatevi Lo straniero. È un omaggio, e ne vale la pena.


 
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