Visioni dintimo dolore, smarrimento indicibile nella perversione/perdizione inspiegabile, sofferenza dorrore, note dinquietudine nel mistero dellabbandono, della morte: "Malo", la parola ripetuta, intonata dallistitutrice, figura senza nome, nel chiudere lopera - riprendendo il malinconico, cullante canto di Miles, del bambino, ascoltato nelle ultime scene del primo atto, linnocenza ferita, travolta - lascia unacuta sofferenza che non può trovare consolazione, il piccolo ormai esanime, vano ogni rimpianto. "Lopera si spegne in un insistito, intermittente e flebile rullo di timpani - scrive Ennio Speranza nel bel volume/programma di sala edito dal Teatro Regio - mentre gli archi e larpa ripetono stancamente un accordo di la maggiore ormai spento, opaco…"
Gun-Brit Barkmin (L'istitutrice)
Spettacolo dassoluta perfezione. Le musiche di Britten con echi e riflessi di rigorosa precisione - una compagine concertistica, tredici elementi in tutto e un numero di strumenti di poco superiore - assorbe e rilancia il tema della vite, un ruotare intricato di stati danimo, angosce che si avviluppano su se stesse, si complicano smisuratamente in una soffocante ambientazione claustrofobica, opprimente la minaccia delle presenze soprannaturali che sono forse solo proiezione dintime, inconfessabili pulsioni, pedofilia si è detto, con gli stessi bambini possibili portatori di segreti, nascosti desideri.
Eccellente la direzione dorchestra di Bartoletti per unopera di straordinaria limpidezza espressiva pur nelle sue complesse, equivoche stratificazioni demozione e di pensiero, una trama sonora e narrativa che lascia spazio ai tanti equivoci, dubbi, che restano sospesi tra paure di mondi ignoti, presenze che ritornano dallaldilà, e ribrezzo e terrore per quanto vive celato dentro di noi, voglie sotterranee che non osano affiorare alla coscienza.
Debora Beronesi (Mrs. Grose), Gun-Brit Barkmin (L'istitutrice)
La musica e il racconto non spiegano, ma evocano e suggeriscono, insinuando nel cuore e nella mente la possibilità del male. E sarà il lettore/ascoltatore/spettatore a immaginare sapendo ricavare da se stesso i sensi possibili. Già Henry James evidenziava questo aspetto, ritrovabile nellopera vista ora a Parma: si tratta di rendere la vista del male sufficientemente intensa (un impegno piacevole, sottolinea lautore, sottoscrivibile simmagina anche dal compositore) da far creare autonomamente i dettagli, "fagli pensare il male, faglielo pensare da sé, e sarai libero dal peso di deboli sottolineature". Magnifico! Una poetica dellatmosfera sospesa, dellindeterminatezza, dei silenzi carichi di domande, il tutto però con una scrittura (e una partitura musicale) di suprema precisione. E questa duplice direzione moltiplica ulteriormente la sottile angoscia che subito coinvolge, lascia con lanimo sospeso.
Quinte di vegetazione e interni dalle ampie vetrate, ma la sensazione che prevale è sempre di soffocante chiusura, una sorta di circuito chiuso di relazioni, dopprimente convivenza che moltiplica ansie, apprensioni, mentre si varcano soglie impossibili, i morti che tornano, apparizioni inquietanti… "E questo luogo protetto il perfido mondo in cui le cose non dette possono esistere?". Narrazione e drammaticità, innocenza e possessione: grande è il fascino della perversione che è delle creature dellaldilà, ma la volontà malvagia, la determinazione a produrre il male invade la stessa istitutrice, i bambini, forse infine loro stessi autori di quelle paurose visioni, a richiamare chi ormai abita linferno. Ambiguità è la parola più frequentemente usata per The turn of the screw, il buio della scena condizione metafisica e psicologica, sonno della ragione, visionarietà onirica, "Io sono la vita nascosta che si agita quando la candela si spegne", queste le parole di Quint.
"La cerimonia dellinnocenza è sommersa", il verso ripetuto di William Butler Yeats, posto nel cuore dellopera, è cantato insieme da Quint e Miss Jessel, mentre listitutrice ammetterà di essersi perduta dentro il "suo" labirinto, corrotta dallinnocenza! E possiede anche il carattere della minaccia la sua decisione espressa con energia a Miles: "Tu sarai mio ed io ti salverò". La stessa musica svela come listitutrice vada assomigliando, nella forma del canto, a Quint, in qualche modo spaventosa come i fantasmi contro cui combatte, fragili comunque i bambini, nella messa in scena vista a Parma, Miles anche più piccolo della sorella Flora… Un capolavoro, un allestimento indimenticabile.
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The turn of the screw
Opera in un prologo e due atti di Benjamin Britten
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Jacob Moriarty (Miles),
Fleur Todd (Flora)
Teatro Regio di Parma
Marlin Miller (Quint),
Patrizia Orciani (Miss Jessel)
Foto: Roberto Ricci
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