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Freud nell'era del video-clip

di Federico Ferrone
  "L'arte del sogno"
Data di pubblicazione su web 18/02/2006  

E’ per molti versi una piccola delusione il nuovo film del francese Michel Gondry, presentato in anteprima al Festival di Berlino 2006. Delusione almeno per chi ne aveva seguito il fin qui straordinario percorso artistico, prima come regista dei più fantasiosi videoclip degli ultimi anni, poi come autore di due lungometraggi, Human Nature e lo splendido Eternal Sunshine in the Spotless Mind (titolo italiano Se mi lasci ti cancello), entrambi frutto della collaborazione con lo sceneggiatore Charlie Kaufman.

Facciamo un passo indietro: Gondry ha mosso i suoi primi passi come batterista del gruppo francese Oui- Oui di cui ha diretto anche alcuni video, lavori geniali e completamente auto- prodotti, spesso con materiale di fortuna. Dopo lo scioglimento della band nel 1992, l´ormai ex batterista, fattosi notare da Bjork, ha realizzato (ormai con grandi budget) alcuni clip per la cantante islandese ed altri per artisti quali Daft Punk, Massive Attack, Chemical Brothers e White Stripes nonché alcune pubblicità pluri-premiate per grandi società come Levi´s e Polaroid. Il passaggio a Hollywood è appunto coinciso con la collaborazione con Kaufman, sceneggiatore di Spike Jonze per Being John Malkovich ed Adaptation, film dallo stile molto simile a quello inventivo e surreale di Gondry. Dopo il successo di Se mi lasci ti cancello, che ha fruttato un oscar per la sceneggiatura ai due, Gondry ha dunque provato ad affrancarsi dal socio, scrivendo e dirigendo da solo una commedia molto onirica, dallo stile americano ma con attori prevalentemente europei.



The Science of Sleep è infatti la storia di Stephane (l´icona trans-nazionale Gael Garcia Bernal), giovane artista timido e sognatore che dopo la morte del padre è richiamato a Parigi dal Messico dalla madre francese con la promessa di un lavoro "creativo" in una agenzia pubblicitaria. Appena si rende conto che il lavoro prevede in realtà mansioni assai ordinarie e banali (e non fa neanche CV), il protagonista, come è abituato a fare fin da quando era bambino, si rifugia sempre di più nel mondo dei sogni, cercando quasi di farne un laboratorio dove migliorare i propri difetti nella vita reale. Presto fa il suo ingresso nella sua vita parigina la vicina Stephanie (reale o proiezione, si chiederà lo spettatore alla fine), anch’ella sognatrice e dissociata, di cui si innamorerà facendone il soggetto preferito delle sue peregrinazioni oniriche.

Ma poco importa la trama: molto presto il confine tra la vita reale di Stephane ed il mondo dei suoi sogni si assottiglia e gli indizi di realtà spariscono. Il film, costruito su situazioni che si susseguono come se fossero dei cicli REM, alterna sketch di vita "reale" ad altri interamente frutto della fantasia del protagonista, quasi senza soluzione di continuità. Il pubblico è trascinato nell’universo demenziale di Stephane in questa sorta di film freudiano aggiornato all’era video-clip dove non si capisce cosa sia reale e cosa inconscio.



Inutile cercare di spiegare troppo un film in cui a una varietà di lingue (verosimilmente la versione italiana appiattirà il pluri-linguismo anglo-franco-spagnolo dei protagonisti) si mescola ad una polifonia di percezioni e personaggi che non si capisce se siano reali oppure una proiezione del cervello del protagonista. Il talento di Gondry, lo abbiamo detto implicitamente, è innegabile e si esprime soprattutto in un design che mescola stili diversi, con preferenza per i colori rosa caramella, e una sensibilità da slapstick comedy. Anche gli attori sono molto bravi: a parte Bernal e la "splendida bruttina" Charlotte Gainsbourg, merita una segnalazione nel ruolo del collega sessuomane Alain Chabat, sorta di Massimo Boldi francese che però a differenza del suo omologo italiano, nonostante la qualità media pessima dei suoi film, sa talvolta farsi dirigere da bravi registi (era l´autista complessato ne Il gusto degli altri).



Molte gags sono efficaci e lo stesso vale per le invenzioni visive, con un gusto originale per i vecchi effetti speciali casalinghi (con il cellophane usato per riprodurre l´acqua che scorre) e una grande abilità nel ricreare quelle che sono le logiche che guidano il ragionamento della gente quando sogna, spesso assurde ma che sul momento appaiono del tutto sensate a chi sta sognando. E allora è fin troppo facile capire cosa manca al film di Gondry: una sceneggiatura che dia una direzione a tutte queste invenzioni. Certo il film non perde del tutto la capacità di intrigare poiché il pubblico è spinto a comprendere fino alla fine quale esito darà la perdita di percezione del reale in Stephane, tuttavia tutto l´impianto narrativo resta inesorabilmente incompiuto e troppo costruito "a sketch" per essere un´ opera compiuta e non solo un geniale divertissement. Evitiamo le conclusioni affrettate: certo però, sul grande schermo, il talentuoso regista francese mostra per adesso di essere decisamente più a suo agio con un vero sceneggiatore che non da solo.





L'arte del sogno
cast cast & credits
 


 



 

 

 


 

Michel Gondry
Michel Gondry

 

 


 

 



 

Gael Garcia Bernal
Gael Garcia Bernal


 

 

 



 

 



Charlotte Gainsbourg
Charlotte Gainsbourg

 

 
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