Ricorda un po Le conseguenze dellamore di Paolo Sorrentino il bel film argentino di Rodrigo Moreno, El custodio (La guardia del corpo, che invece nulla ha da spartire con il quasi omonimo La scorta): il regista, poco più che trentenne, gira con assoluta sicurezza dei propri mezzi una storia che ha per protagonista uno spaesato di cui si intuisce un passato in un altrove non definito, mentre la situazione presente lo mette ai margini della vita degli altri e fuori dalla propria, il mistero non si chiarisce con lo svolgersi della vicenda, che pare anzi immobile nella sua ripetitività, i dettagli sono sempre più importanti dei dati macroscopici e, soprattutto, sia luno che laltro vivono per la presenza di un attore mirabile, apparentemente banale, ma che è la ragione vera dellesistenza del film. Cosa sarebbe infatti lopera di Sorrentino senza Toni Servillo e cosa sarebbe questo Custodio senza la pacata rassegnazione di Julio Chavez, il suo corpo appesantito ma agile, lo sguardo rassicurante percorso da lampi che aprono sullabisso?
Julio Chavez
Sarebbe la storia ben raccontata ma fin troppo banale di una vita vista di striscio, rubata attraverso inquadrature che mostrano solo scorci di scena (tra porte socchiuse, primi piani che inquadrano e delimitano volti di sfondo), sarebbe le storia di una pistola dordinanza che alla fine invece di proteggere sparerà (ma questo lo capiamo fin dallinizio perché sappiamo che una regola del cinema dice che se cè una pistola in giro prima o poi sparerà). Sarebbe soprattutto lassunto un po frusto che ci sono professioni che mangiano la vita, che ci sono destini di opacità e disperazione, che ci sono i padroni e i servi e che Rubén è nato servo, anche se nello squallore inenarrabile della sua vita fatta di attese (attendere il ministro che è a casa, attendere il ministro che è andato dallamante, attendere il ministro in riunione, la figlia del ministro che pretende di abbandonarsi a giochetti erotici con il suo boy friend sulla macchina di servizio, attendere senza essere visto, come si richiede a un buon domestico) si insinua il sollievo di una privatissima pratica artistica. Sarebbe soprattutto una buona idea, un po troppo manichea, di film che viaggia al trotto per i primi cinque minuti e poi diventa quasi ad episodi, una sorta di casistica dellumiliazione (quella pubblica simmetricamente commentata da quella privata: sorella pazza, nipote squinternata, frequentazioni più che dubbie, prostituta di infimo ordine etc.). Nobili intenti di indignazione umana e sociale perfettamente raggiunti dunque con annessa sazietà.
Julio Chavez
Se non fosse per lui, il nostro metodico “vinto” che viaggia per tutto il film sul filo di una umiliazione che non ci convince. Quello che sembrava forse soltanto un saper attendere con dignità è forse ben altro, quella misteriosa fierezza che si insinuava per lampi trova forse una spiegazione diversa quando durante una delle tante attese il protagonista incontra uno sconosciuto che lo riconosce come persona importante di cui il fratello gli aveva sempre parlato, destinato a fare ben altra carriera. E tutto dimprovviso pare allora poter cambiare, lumiliazione è solo il mezzo di uno scopo. Ma che cifra ha questo scopo (uccidere il ministro) se non è più il gesto di unesasperazione improvvisa? E che cosa poteva significare nellArgentina di non molti anni fa (quella da cui pare, per tutti i suoi riferimenti oltre che per anagrafe, provenire) “fare carriera”? I giochi sembrano riaprirsi completamente, forse anche un po alle spalle del regista stesso, giovane intellettuale di punta (docente di scrittura creativa), loquace nelle note esplicative nel dare un senso riduttivo a quella straordinaria apertura di ambiguità che gli regala il protagonista grandioso. Speriamo di poterci riflettere meglio nellauspicabile uscita italiana.
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El custodio
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Rodrigo Moreno
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