Tornate a squola
di Roberto Fedi
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Data di pubblicazione su web 29/11/2005 |
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Uno degli argomenti preferiti in tivvù, nei programmini cosiddetti ‘culturali (cosiddetti, ripetiamo) e nei telegiornali a scadenze fisse, è quello della decadenza della lingua italiana. Bel tema. Che di solito viene affrontato con querimonie varie, interviste a qualche cruscante, un paio di parolette di speranza e via.
Bravi. Ora, la nostra impressione di persone che si occupano, anche professionalmente, di queste cosette, è che i medici dovrebbe per prima cosa curare se stessi. Ogni tanto ci è accaduto di dedicare qualche riga allitaliano in televisione: banale, di plastica, qualche volta ridicolo. Chi parla in televisione, i professionisti vogliamo dire e non gli ospiti dialettofoni di Maria De Filippi, usa di solito una lingua modesta, fatta di luoghi comuni e di aggettivi sempre al superlativo, di verbi standard e di ripetizioni altrettanto standardizzate, e spesso ridondante (“andiamo a vedere” invece di “guardiamo”, “di questo ne parleremo” e così via). È indice di sciatteria, di abbassamento della qualità, di infingardaggine ormai diffusissimi (possibile che non ci sia nessuno, per esempio in redazione nei tiggì, che non se ne accorga?).
Non ci era però ancora accaduto di vedere errori addirittura nelle tre-quattro parole che servono da titoletti nei telegiornali. Almeno quelli, uno pensa, li scriveranno con un minimo di attenzione. Figuriamoci.
Così al Tg5 di sabato 26 novembre, ore 13, è apparso questo titoletto dapertura: “Diamo un pò della nostra spesa a chi ne ha più bisogno”. Anche il nostro computer si rifiutava di scriverlo: un po vuole lapostrofo, perché è il segno del fenomeno definito, nei manuali, apòcope: che si verifica quando in una parola cade lultima sillaba. Un poco, e quindi un po.
Non siamo, per carità, dei pedanti. Né è, per carità bis, un peccato gravissimo. Tra laltro così diffuso nei giornali che quasi ci siamo abituati (nei messaggini, poi, è la regola). Ma è un segno di trascuratezza, che una volta sarebbe bastato per una bocciatura in italiano, e che ora sembra normale. Anche un bel sintomo di ignoranza, diciamo la verità. Un po (appunto) curioso in chi, delle parole, ha fatto la sua professione.
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