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Realtà e finzione documentaristica

di Fabio Tasso
  Grizzly Man
Data di pubblicazione su web 21/11/2005  
Non è facile dire dove potrà arrivare il documentario. Verso quali obiettivi, quali orizzonti potrà spingersi questo genere che, dopo anni di oblio, sta riscoprendo da qualche tempo a questa parte una nuova dimensione e rinnovate forme espressive e sta prepotentemente entrando a far parte dell’immaginario cinematografico collettivo. L’hanno dimostrato in prima istanza i film di Michael Moore, che ne hanno consentito lo “sdoganamento”, poi sono arrivate altre opere, anche italiane, e hanno fatto il resto.

E ora sono i registi che per primi tentano palesemente di sovvertire le regole del gioco, o quantomeno di modificare le ristrette griglie estetiche ed interpretative che ne costituiscono il sostrato. Lo ha dimostrato Grizzly Man di Werner Herzog, presentato nella sezione “Americana” del 23° Torino Film Festival. Il regista tedesco, noto fin dai primi anni Settanta per le sue opere di rara efficacia emotiva e sperimentale, ha compiuto con questo film un ulteriore passo verso la codificazione del genere, seminando una serie di idee che aspettano solo di essere raccolte e sviluppate.

Timothy Treadwell in Grizzly

Grizzly Man racconta la vita di Timothy Treadwell, ambientalista e studioso di animali, che per scelta personale viveva diversi mesi all’anno in Alaska, a contatto con i grizzly, i temibili e pericolosi orsi grigi. Treadwell, dopo molti anni passati a studiarli, aver stabilito con loro un’affinità emotiva impensabile per un essere umano ed essere diventato persino un personaggio pubblico (ospitato nientemeno che al David Letterman Show), è morto in circostanze misteriose il 6 ottobre 2003, insieme alla fidanzata Amie Huguenard.

Il film mescola in un efficace contrappunto i video originali girati dai due protagonisti con le interviste più recenti, realizzate da Herzog, alle persone che conobbero e amarono Treadwell, condividendone (anche se non sempre con la stessa intensità) le passioni. L’obiettivo di Herzog registra così le impressioni e le testimonianze di genitori, amici d’infanzia, collaboratori ed ex fidanzate, componendo un ritratto profondamente umano e carico di pietas, e raffigurando un uomo pervaso interamente dalla propria ossessione, sebbene non fino al punto da trascurare del tutto i rapporti con i propri simili. Ciò emerge ancor più dai filmati originali, dai quali traspare l’innata capacità di Treadwell di “comunicare” con gli orsi, entrando nel loro mondo e vivendo in stretta armonia con essi: immagini molto spesso ravvicinatissime, che ci trasportano all’interno della comunità dei grizzly e mostrano con impressionante realismo gli sforzi dell’ambientalista di farsi accettare da loro. Esemplari e splendide, nella loro esplosione di potenza animale, sono per esempio le sequenze di lotta, che non disdegnano di mostrare la crudeltà dei combattimenti e le profonde ferite che gli animali accusano alla fine di essi.

Grizzly

La rappresentazione della vita degli orsi grigi (che a tratti non può non ricordare L’orso di Jean-Jacques Annaud), pertanto, priva com’è di didascalismo e tesa invece a captare “in presa diretta” tutto quanto avviene sotto l’occhio attento di Treadwell, raggiunge vertici di verosimiglianza e aderenza al reale che poche altre volte si erano visti al cinema. La progressione narrativa, che ci avvicina sempre più al momento della tragica e misteriosa morte del protagonista, è condotta esemplarmente e, pur intervallando immagini di archivio e interviste, senza soluzione di continuità. Il film è un lento scivolare verso la scontata (perché nota fin dall’inizio) e terribile fine, la morte di Treadwell, avvenuta con tutta probabilità a opera di un orso estraneo alla comunità che egli stava cercando di studiare.

A ben vedere, tuttavia, la vera forza di Grizzly Man non sta in questo; né nella potenza evocativa delle immagini, né nel magistrale impatto drammatico delle interviste. Sta invece nella capacità di Herzog di procedere costantemente sulla linea di confine tra realtà e finzione, elaborando, con un film che solo apparentemente, parafrasando un saggio di Roland Barthes, è fermo al “grado zero della visione”, un’attenta e acuta analisi sulle dinamiche che regolano la sovrapposizione dei piani narrativi e l’estetica della rappresentazione filmica. Solo in apparenza un passo indietro rispetto al celebrato “mockumentary” (documentario in cui si mescolano realtà e finzione), ma a ben vedere un passo avanti, perché in grado di cogliere l’essenza del problema: la verità della materia mostrata.

Siamo ormai così abituati a credere alle immagini che troppo spesso sospendiamo la nostra capacità di giudizio e ci abbandoniamo a loro; e al tempo stesso siamo ormai così abituati a farci ingannare dalle immagini che quando vediamo qualcosa di vero non ci crediamo più. Herzog gioca continuamente su questa aberrante dicotomia, suggerendo che ciò che vediamo non sia vero, ma di fatto consegnandoci un’opera struggente e mai così vera, il racconto di ciò che realmente è avvenuto, sulle montagne del Katmai National Park, a un uomo che cercava se stesso e ha trovato la morte quasi senza accorgersene.



Grizzly Man
cast cast & credits
 



Timothy Treadwell and Amie Huguenard
 
 
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