L'estetica della semplicità

di Fabio Tasso

Data di pubblicazione su web 21/11/2005

L'avion

Avrà certamente sorpreso il pubblico del Torino Film Festival l'ultimo lavoro di Cédric Kahn, già autore di pellicole come La noia (1998), Roberto Succo (2001) e Luci nella notte (2004). Perché L'avion, questo è il titolo dell'ultimo film, si distacca nettamente dalla precedente produzione del regista francese, improntata alla riduzione cinematografica di celebri romanzi o ispirata a fatti di cronaca; L'avion è, infatti, per la prima volta nella filmografia di Kahn, un film per bambini, una favola.


Il piccolo Charly riceve dal padre, pilota d'arerei, un modellino di aereo al posto della bicicletta che gli era stata promessa. La delusione per il regalo indesiderato si trasforma in stupore quando l'aereo, dopo la morte del padre in un tragico incidente, prende vita e comincia a volare da solo; è l'inizio di un'avventura che porterà Charly a lottare contro i "grandi" che vogliono impossessarsi dell'aereo per studiarlo, permettendogli infine di ritrovare suo padre.

L'artificio della "favola" per bambini, palese fin dall'inizio come una dichiarazione d'intenti, permette al regista francese di abbandonare ogni pretesa e rivolgersi allo spettatore con un linguaggio chiaro, diretto e immediato, privo di artifici o orpelli, scossoni nel continuum narrativo (in termini musicali si potrebbe definire pianissimo). Egli assume pienamente e deliberatamente il punto di vista di Charly, seguendone l'evoluzione attraverso sentimenti contraddittori e continuamente mutevoli. Fin da subito emerge la mai esaurita contrapposizione tra il mondo dei bambini e quello degli adulti, che anche quando sono "buoni" non sono comunque in grado di capire ciò che i bambini vivono e sentono. Anche la tecnica cinematografica è finalizzata a rafforzare questa sensazione, con dialoghi elementari e rarefatti, movimenti di macchina lenti e fluidi; un insieme omogeneo e coerente, univoco per tutto il film. Sembra a tratti di entrare in un anime di Hayao Miyazaki, la cui intera opera cinematografica è certamente molto vicina ai temi espressi qui da Kahn.



La verosimiglianza lascia il posto alla favola nel momento stesso in cui l'aereo si alza in volo, arrivando a occupare tutto lo schermo con le sue evoluzioni e diventando "amico" di Charly, in una sorta di affinità elettiva ideologico-sentimentale con lui. L'illogicità di ciò che si vede, ancora una volta, è accentuata dalla tecnica, con l'utilizzo costante dell'effetto notte per le sequenze notturne, artificio che provoca uno straniamento percepibile e la perdurante sensazione di trovarsi in un "altrove" irreale e fantastico, un paese delle meraviglie in cui ogni cosa può accadere.

Kahn scongiura il rischio di cadere nella retorica infantile con un controllo accurato delle emozioni, restando sempre un passo indietro dello sterile patetismo fine a se stesso. La storia colpisce proprio per la sua semplicità, per la capacità di tratteggiare con composta disinvoltura l'attaccamento del bambino per qualcosa che ha abbandonato la mera funzione di oggetto per diventare il simbolo dell'affetto per il padre. L'aeroplano, letteralmente, è il padre, prova ne è il fatto che esso scompaia quando ha assolto la sua funzione, ovvero permettere il ricongiungimento di genitore e figlio. La linearità narrativa e la perfetta circolarità della storia non sono quindi elementi banali e statici, ma diventano anzi valore aggiunto, perché funzione della storia è di trasmettere un messaggio, la cui semplicità e genuinità non ne inficiano la valenza.


Kahn, rivolgendosi ai bambini ma anche agli adulti, sembra voler dire loro che la libertà, le emozioni, l'annullamento della morte, il ricongiungimento con persone care sono possibili, fattibili, tangibili. E lo fa chiedendo loro di rinunciare alla pretesa di credibilità, per immergersi in una storia priva di coordinate verosimili e permeata fin dall'inizio da una anarchia estetico-narrativa, che proprio da essa trae il maggior punto di forza. L'avion è un inno alla vita, all'innocenza, alla capacità di rincorrere (nel vero senso del termine) i propri sogni, librandosi in volo sopra le difficoltà e gli ostacoli della vita quotidiana. Non c'è ingenuità in questo messaggio, ma solo una forza dirompente che si riflette nel biancore dell'aereo, simbolo di incontaminata purezza.




Cast & credits

Titolo 
L'avion
Origine 
Francia
Anno 
2005
Durata 
100'
Formato 
35 mm
Colore 
Titolo originale 
L'avion
Soggetto 
"Charlie" di Magda Lapière
Regia 
Cédric Kahn
Interpreti 
Isabelle Carré (Catherine)
Vincent Lindon (Pierre)
Roméo Botzaris (Charly)
Nicolas Briancon (Xavier)
Alicia Djémai (Mercedes)
Produzione 
Fidélité
Distribuzione 
Pathé Distribution
Scenografia 
Arnaud De Moléron
Costumi 
Pascaline Chavanne
Sceneggiatura 
Cédric Kahn, Ismael Ferroukhi, Gilles Marchand, Raphaelle Valbrune, Denis Lapière
Montaggio 
Noelle Boisson
Fotografia 
Michel Amathieu
Musiche 
Gabriel Yared