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di Roberto Fedi
  RockPolitik
Data di pubblicazione su web 30/10/2005  
In questi giorni non pochi ci hanno chiesto, con curiosità, perché non abbiamo parlato di Celentano e del suo programma, RockPolitik (tra parentesi: due miliardi e ottocento milioni di lire passati dalla Rai alle tasche del Predicatore. Mica male). È quindi necessaria una spiegazione. Che daremo nel modo più semplice e sintetico possibile, senza sproloqui celentanoidi insomma. Eccola.

È vero: da una settimana non si parla d’altro. È vero: tutti i ‘maggiori’ giornali di questo Bel Paese dedicano all’Evento pagine su pagine. Il “Corriere della Sera”, per esempio, che una volta si diceva il maggior giornale italiano, oggi 28 ottobre dà a Celentano due paginoni. È, così dicono, il Fatto più importante nel mondo dei media di questo autunno; forse di quest’anno; forse del quinquennio. La distinzione celentanesca fra rock e lento ormai surclassa nell’opinione comune anche quella di Croce fra poesia popolare e poesia d’arte. E allora? Perché noi no?

Per questo. Perché a noi l’idea che per questa Rai, per questa Italia, per questi giornali, per questi intellettuali di regime, i due più potenti pensatori di oggi siano Al Bano e Celentano, beh: ci fa vomitare.

Tutto qua.

 


RockPolitik

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