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Province americane

di Federico Ferrone
  Bubble
Data di pubblicazione su web 04/09/2005  
Che festival, anzi che trimestre sarebbe per il mondo del cinema senza un film di Steven “prezzemolo” Soderbergh?

Giunto alla ottava (!) regia negli ultimi 5 anni (se si considera anche l’episodio diretto nel film Eros) e all’ennesima produzione, dopo aver fondato con l’amico Clooney la prolifica Section Eight, Soderbergh conferma di essere l’autore, in senso vasto, più prolifico del cinema americano recente. Fedele alla promessa di alternare piccole produzioni a grandi film, ha voluto rimettersi alla prova con un piccolo budget.

Bubble

 
Bubble riprende lo spirito di Full Frontal, film indipendente girato in pochi giorni e con una troupe ridotta. Se allora gli attori erano comunque celebrità, questa volta Soderbergh si affida a un cast di volti poco noti, ma molto bravi.  In uno sperduto e desolato centro urbano dell’Ohio, lavorano in una fabbrica di bambole di plastica Martha e Kyle. La corpulenta Martha ha cinquant’anni e vive sola col vecchio padre di cui deve occuparsi costantemente, il belloccio Kyle ha invece poco più di vent’anni e vive con la madre. Nonostante le differenze di età, il tran tran della fabbrica ed il deserto emotivo della loro città hanno fatto sì che i due siano ottimi amici.

Ma questo rapporto è messo in pericolo dall’arrivo in fabbrica di Rose, giovane madre maliziosa che mostra subito un certo intersse per Kyle, suscitando la gelosia profonda di Martha. Come in Twin Peaks, Fargo, Dancer in the dark ed ogni altro film sulla provincia americana che si rispetti, il tranquillo andamento cittadino è interrotto da un delitto.

 

Bubble
 
 
Il grado zero dell’intreccio contraddistingue una storia di provincia con pochissimi personaggi, lunghi silenzi e l’indagine poliziesca meno misteriosa della storia, narrata con ritmi deoliveiriani e dialoghi dilatatissimi nonostante i soli 73 minuti di durata. Un film che sembra uscito dritto dritto dall’immaginario di Todd Solondz, con un triangolo improponibile e morboso nato dalla desolazione della profonda provincia statunitense.

Per carità, niente di ignobile, anche ben diretto e con qualche tocco surreale, come il processo di fabbricazione delle bambole di plastica, ma cosa questo film aggiunga alla carriera di Soderbergh, se non la conferma che sia in grado di concepire e realizzare piccoli film quasi in autonomia, resta un mistero.




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