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Gilliam tra fiaba e mestiere

di Marco Luceri
  I Fratelli Grimm
Data di pubblicazione su web 07/09/2005  
"Sono cresciuto con la fiabe contagiate dei fratelli Grimm. Le loro storie hanno plasmato in gran parte – troppo – la mia visione del mondo. I miei sogni e i miei incubi, a occhi chiusi o aperti, traboccano ancora del loro conturbante senso di magia e incanto. Questo film è la mia vendetta”. Con queste parole il grande favoliere del cinema, Terry Gilliam, torna finalmente a presentare una nuova opera, I fratelli Grimm appunto, ispirata ai celebri scrittori di favole tedeschi. In concorso qui alla Mostra di Venezia, l’ultimo film di Gilliam sembra lasciarsi alle spalle la seduzione per la letteratura “maledetta” di Hunter S. Thompson, da cui era scaturito nel 1998 Paura e delirio a Las Vegas, per ritornare ai toni fiabeschi del lussuoso antecedente, Le avventure del barone di Münchausen (1988).

I fratelli Grimm (interpretati da Matt Damon e Heat Ledger) sono sin dall’inizio presentati come degli affabulatori, dei cialtroni che lucrano sulle superstizioni della povera gente dei villaggi tedeschi, sconfiggendo mostri e demoni costruiti ad arte. Quando però le autorità napoleoniche capiscono che dietro c’è sempre il trucco, i truffatori vengono obbligati a lottare contro il vero incantesimo di una foresta maledetta, nel cuore della quale una strega (Monica Bellucci, che interpreta per l’ennesima volta se stessa) sequestra misteriosamente giovani fanciulle, per trarne, con un incantesimo, il dono dell’eterna giovinezza.

Favola costruita a tavolino, con un meccanismo perfetto, I fratelli Grimm si nutre di gran parte dell’immaginario caro al regista americano. Centrale è l’eterno tema del rapporto tra realtà e finzione, visto che i due fratelli, oltre che incontrare veri e propri personaggi di altre favole scritte da loro (Cappuccetto rosso e Hansel e Gretel ad esempio), affrontano tutto ciò a cui la loro stessa immaginazione ha dato vita: lo strumento è il libro, che uno di loro scrive mentre la storia del film procede senza sosta. Un curioso espediente metalinguistico (neanche tanto originale, però) in un film sicuramente frutto di un eclettismo ben dosato nelle sue componenti. Gilliam infatti spazia dalla commedia al genere fantastico, dall’horror, alla storia d’amore e all’epica in un mix immaginifico di magia contrastante e pura, meraviglia e vendetta, comicità e malvagità.

Tuttavia il film, che potrebbe essere un ottimo prodotto di cinema per l’infanzia, resta spesso al di qua di quella spinta ideale che Gilliam ha saputo dare in passato ai suoi film, anche quelli forse più “leggeri”. Certamente nessuno si aspettava né chiedeva ad esempio un Brazil parte seconda, ma alla fine della proiezione si resta un po’ delusi dall’eccessivo didascalismo con cui tratta il materiale drammaturgico. Un film dal così forte potenziale visionario, nelle mani di un grande artista quale Gilliam, sarebbe potuto essere molto di più di un buon film di mestiere.


Un tema interessante, che però non viene sviluppato a dovere, è proprio la questione dei rapporti tra cultura illuminista e magia, un dibattito culturale molto importante che tenne banco in Europa tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento, in cui superstizione e mito si contrapponevano al razionalismo delle idee moderne, diffuse nel continente dagli eserciti di occupazione napoleonici. Questo scontro nel film è chiaro sin dall’inizio, soprattutto nell’atteggiamento dei due Grimm che credono più nei loro e negli altrui raggiri che negli incantesimi. Tuttavia anche qui ci si ferma alla pura enunciazione, non si prosegue nell’approfondimento, a meno che non si voglia intendere come approfondimento l’insistito e troppo schematico dualismo tra Will e Jacob (la cui attrazione per la stessa donna lo accentua ancora di più).

Alla fine quel che resta sembra solo essere un’opera riuscita per Gilliam cioè per il suo sempre gradevole universo tenebroso, carico di humor nero sì, ma privo di vera sostanza stavolta: appare solo come un discorso velatamente autobiografico sulle proprie suggestioni culturali. A volte non basta un desiderio di vendetta per fare un grande film. Per Gilliam la favola potrebbe essere, stavolta, non a lieto fine.

 


I fratelli Grimm e l'incantevole strega
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Monica Bellucci
Monica Bellucci



 
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