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Un viaggio illuminante

di Federico Ferrone
  Everything is Illuminated
Data di pubblicazione su web 05/09/2005  
“L’Ucraina era talmente anti-semita che quando arrivarono i nazisti la nonna sperò in un miglioramento”. La battuta, alleniana, è di Elijah Wood, alias Jonathan, ebreo americano fobico e benestante, giunto in Ucraina alla ricerca dello sperduto villaggio da cui provengono i propri nonni.

Liev Schreiber, attore bravo e inespressivo già visto nei panni di Orson Welles nel biopic RKO 281 ed anch’egli nipote di un ebreo ucraino, ha adattato sullo schermo il libro auto-biografico di Jonathan Safran Foer, viaggio iniziatico, quasi liturgico e tuttavia picaresco.

Un itinerario in cui i sentimenti sono contraddittori perché se da una parte è una certa idealizzazione delle origini a spingere Jonathan al viaggio nel paese delle origini, dall’altra è viva la coscienza dell’intolleranza e dei pogrom di ebrei che ne hanno accompagnato la storia, cui si aggiunge, per il viziato americano, l’incomprensione per le bizzarre abitudini dei locali.




Determinato a ritrovare le tracce dei propri nonni, e soprattutto lo shtetl (villaggio ebraico) dal quale fuggirono per insediarsi in America, Jonathan finisce sotto le cure della Heritage Tours, mini-agenzia familiare che si occupa di accompagnare i ricchi ebrei, spesso americani, alla ricerca dei propri avi in Ucraina. A guidarlo una strana coppia: il giovane Sasha, interprete che parla un bizzarro inglese e che vive nel mito dell’ hip-hop americano, e suo nonno, autista paranoico e burbero. Come se non bastasse viaggia con loro una cagnetta, naturalmente aggressiva e incontrollabile. Facile dunque comprendere le reazioni di Jonathan, ebreo, vegetariano e allergico ai cani. Alla guida di una scassata autovettura pre-crollo dell’Urss, i tre (più il cane) partiranno per l’Ucraina profonda alla ricerca delle tracce della famiglia di Jonathan.

Da un interessante e complesso spunto iniziale è venuto fuori un film leggero e divertente (forse persino troppo), molto europeo come stile, girato in gran parte tra le campagne ucraine, il cui humour scaturisce quasi sempre dallo scontro tra i rozzi e veraci ucraini ed il raffinato e impacciato americano.

Tra momenti comici, la commozione al ritrovamento della vecchia parente, dello shtetl  interamente massacrato dai nazisti e  l’amicizia sancita nel finale tra Jonathan e le sue guide, tutto scorre senza reali sorprese. Anche il discorso sulle origini poteva essere sfruttato in maniera più approfondita e persino il riferimento agli ebrei ucraini è troppo superficiale e, triste a dirsi, troppo fedele alle forme classiche di rappresentazione al cinema della Shoah, per colpire davvero.

E in fondo tutti gli elementi, come spesso accade per i film in cui il viaggio si rivela scoperta di sé, per quanto garbati e ben architettati, finiscono per scivolare nella sovraffollata categoria del carino.

Bravo comunque il protagonista Elijah Wood, che ad ogni film sembra sempre più minuscolo, qui persino più indifeso di uno Hobbit.


 


Ogni cosa è illuminata
cast cast & credits
 



Locandina del film
Locandina del film


 


 
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