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Un "western" dei sentimenti

di Marco Luceri
  Brokeback Mountain
Data di pubblicazione su web 05/09/2005  
Prima volta del regista taiwanese Ang Lee alla Mostra di Venezia, sbarcato al Lido lo scorso settembre con il film in concorso Brokeback Mountain. Attivo sin dall’inizio degli anni Ottanta, Lee è tornato alla ribalta negli ultimi anni con due opere che hanno riscosso grande successo (soprattutto di pubblico), il pregevole La tigre e il dragone (2000) e il più discutibile Hulk (2003). Non ci meravigliamo allora se questo regista dal gusto molto eclettico abbia sfornato per il 2005 quest’insolito, originalissimo “western” dei sentimenti che è Brokeback Mountain.

Il film si apre nel modo forse più classico, un campo lungo su una vasta prateria dell’Ovest (siamo nel Wyoming): incipit dichiratamente “fordiano”, con il cielo azzurro che copre per ben due terzi l’inquadratura. Non è un dettaglio da poco questo, perché fin dall’inizio il film è una precisa dichiarazione d’intenti: qui si gioca, almeno in apparenza, sugli stilemi del cinema di genere. Anche i due personaggi protagonisti della storia potrebbero essere inclusi nel novero di un’altra figura retorica tipica del western: la coppia di cowboy, o presunti tali, sul cui rapporto s’innesta tutta l’azione scenica.


 

Ennis Del Mar (Heat Ledger) e Jack Twist (Jake Gyllenhaal) un giorno si ritrovano davanti ad un ufficio di collocamento gestito dal losco Joe Aguirre, proprietario di un ranch, che li spedisce a lavorare come pastori sulla cima della Brokeback Mountain. Il cameratismo ben presto si trasforma in una morbosa, ma insicura relazione omosessuale, che i due sono costretti ad interrompere perché, finita l’estate, scendono dal monte e le loro strade sembrano definitivamente dividersi. Realizzato il sogno di una vita “normale” (i due si sposano con due donne molto attraenti, mettono su famiglia e trovano un lavoro dignitoso), i sentimenti riprendono ad esplodere prepotentemente: Ennis e Jack, dopo quattro anni, si cercano, si trovano e gli incontri travolgeranno per sempre le loro due vite, fino al tragico finale.

 

Il film si sviluppa dunque su un doppio binario, le cui tracce sono ben riconoscibili e definite; la prima parte è una cornice che si avvale di gran parte dell’epopea americana: i paesaggi sconfinati, le città assolate, il country, i ranch, il whishy, i cowboy, i loro cappelli ecc. Questo percorso tematico, che occupa per intero la messinscena, permette al regista taiwanese di tratteggiare i caratteri dei due personaggi in maniera estremamente coerente: essi appaiono perfettamente inseriti nel paesaggio umano del film perché sono dei “tipi”, delle maschere fisse: due duri (soprattutto Ennis), dalla battuta sagace sempre pronta (come Jack), non paiono poter mai venir sopraffatti dagli eventi.

Tuttavia la seconda traccia tematica su cui si sviluppa il film, e cioè il tormentato rapporto omosessuale vissuto dai due, decostruisce con commovente puntualità tutto ciò che la cornice cerca di strutturare. Infatti da due personaggi così tipicizzati non ci si aspetterebbe mai una relazione del genere, non fosse altro per il machismo che li circonda, e di cui in gran parte si nutrono. Se da una parte ciò permette a Lee di non trasformare Ennis e Jack in macchiette (cosa che non gli riesce per il resto dei personaggi), dall’altra gli consente di raccontare la loro storia d’amore come se fosse un melodramma vero e proprio, fatto di incontri clandestini, bisticci d’amore, incomprensioni, bugie, giuramenti.

 

Il maggior pregio del film risiede dunque in questa fortissima opposizione tra la traccia del visibile (la cornice del genere) e quella narrativa (il melodramma): le due forme confliggono dall’inizio fino alla fine, creando quella tensione interna che permette al film e ai due personaggi principali di mantenere una sincerità di fondo affatto scontata se si pensa a quanto controversa sia la materia trattata. Questa sorta di ambiguità permea poi molti altri elementi strutturali del film: la dicotomia tra interni ed esterni, tra montagna e città, tra vita familiare e fuga dalle responsabilità, tra genitori e figli, fino al doppio registro interpretativo usato dagli attori. A tal proposito sembra giusto evidenziare la prova superlativa di Ledger, che riesce a fare di Ennis uno splendido looser, capace di passare con disinvolta discontinuità dalla parte di cowboy sciupafemmine e picchiatore a quella di tenero innamorato travolto dalle regole crudeli della più sperduta e gretta provincia americana.

Brokeback Mountain può essere considerato una buona prova da parte del regista taiwanese, che continua a giocare con il codice dei generi senza cedere ad una snobistica autoreferenzialità. Valgono, per tutte, l’immagine e la frase che chiudono il film: puro lirismo. 

 

I segreti di Brokeback Mountain
cast cast & credits
 



 

 

 


 

Heat Ledger e Ang Lee sul set del film
Heat Ledger e Ang Lee sul set del film




 

 
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