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Amori contrastati per platee elitarie

di Giovanni Fornaro
  Festival Valle d'Itria 2005
Data di pubblicazione su web 05/09/2005  

Temi d'amor contrastato per la 31° edizione del Festival della Valle d'Itria di Martina Franca, svoltasi dal 21 luglio all'11 agosto. Il direttore artistico Sergio Segalini, forse ispirandosi alle frequentazioni venete dovute al suo incarico omologo presso il teatro La Fenice, sceglie il mito shakespeariano di Romeo e Giulietta per tenere il filo della continuità fra opere, concerti e recital.

Il consueto zoccolo duro di tre opere liriche, costituito dal Romeo e Giulietta di Filippo Marchetti, Lo sposo di tre e marito di nessuna di Luigi Cherubini e Capuleti e Montecchi di Vincenzo Bellini, pur mostrando un'Orchestra Nazionale d'Italia d'alto livello tecnico, sempre coesa e ben diretta - rispettivamente da Andriy Yurkevych, Dimitri Jurowski e Luciano Acocella - è apparso però scarsamente omogeneo e, dal punto di vista tematico, un po' tirato per i capelli, caratteristica che quest'anno, purtroppo, ha caratterizzato anche alcuni altri appuntamenti del Valle d'Itria, come vedremo. Le opere di Marchetti e Bellini (rispettivamente del 1865 e del 1830) sono evidentemente dedicate alla vicenda degli amanti veronesi: così non è per la fatica più "stagionata" - ma solo cronologicamente (1783) - di Cherubini che, essendo opera buffa, sottintende ben altro che la (a tratti) turgida tragedia personale e familiare dei due giovani, spostando i toni su una allegra e disincantata critica della nobiltà e della nascente classe alto-borghese, sottolineata da una messa in scena quasi slapstick.


Romeo e Giulietta: Serena Dealio (Giulietta) e Mario Cassi (Capellio)
Romeo e Giulietta: Serena Dealio (Giulietta) e Mario Cassi (Capellio)


Procedendo con ordine, come sempre a Martina Franca si è optato per una scelta assolutamente elitaria, presentando opere dimenticate dal repertorio più recente, in versioni riviste dal punto di vista critico. Il Romeo e Giulietta d'apertura, con libretto di Marco M. Marcello e musica del marchigiano Filippo Marchetti, risente della Traviata verdiana in maniera, a volte, imbarazzante, ma si lascia apprezzare per l'amabilità di alcune arie, in particolare i duetti tra i due protagonisti, Serena Daolio (soprano) e Roberto Iuliano (tenore). Si segnala, fra gli altri cantanti, il baritono Dario Solari nel ruolo di Paride, mentre l'ambientazione viennese di fine ottocento, con architetture neoclassiche per le scene, ed i bei costumi, sono stati curati, come per la regia, da Massimo Gasparon, che si era ben segnalato a Martina nelle recenti edizioni con la Proserpine di Paisiello (2003), Robert Bruce (2002) e Ivanhoe (2001) di Rossini.

In questa "prima è proprio la regia ad qualche problema: non appare chiara, ad esempio, la scelta registica di far danzare gli uomini col cappello a cilindro ad una formale festa da ballo. Per non dire di altri momenti maldestramente regolati, come per la brusca ed involontaria virata dal dramma al comico proprio in finale, quando Giulietta fatica a trovare fra le pieghe del suo vestito il coltello con il quale si suiciderà. Una porzione di responsabilità, a dire il vero, è da attribuire allo stesso Marchetti, il quale in più di un’occasione non coglie le connessioni fra tragedia in scena e musica che dovrebbe rappresentarla e sottolinearla, attivando un esilarante ed involontario contrasto.

La prova registica e musicale di gran lunga più interessante ed innovativa del Festival 2005, come si diceva, è costituita da Lo sposo di tre e marito di nessuna, opera buffa in due atti su libretto di Filippo Livigni e musica, davvero bella e preziosa, di Luigi Cherubini, fresca ed originale tanto da riuscire ad esprimere al meglio non solo l'arte operistica del secolo a cui appartiene ma anche garantire oggi un divertimento di alte qualità drammaturgiche. Il regista torinese Davide Livermore, non nuovo ad allestimenti innovativi - si ricordi L'Elisir d'amore (2002) e Cenerentola (2003), al Piccinni di Bari, teatro dove tra l’altro lo stesso regista metterà in scena, il prossimo novembre, il Barbiere rossiniano - ha intuito che la musica di questo giovane Cherubini (ventitreenne, e ancora "italiano" nello stile) poteva funzionalmente collegarsi ad un'ambientazione anni venti, da belle epoque, purché coadiuvata da una recitazione fortemente caratterizzata, mimica e spesso pantomimica, in liaison con un palcoscenico spoglio ma dotato di pannelli polifunzionali che, di volta in volta, diventano quinte, ombre cinesi e, soprattutto, schermo cinematografico.



I Capuleti e i Montecchi: Patrizia Ciofi (Giulietta) e Clara Polito (Romeo)
I Capuleti e i Montecchi: Patrizia Ciofi (Giulietta)
e Clara Polito (Romeo)



Sin dall'incipit, infatti, Livermore vi proietta titolo, crediti e didascalie, come se tutti, attori e pubblico del Palazzo Ducale, si trovassero a visionare un film muto, producendo effetti molto comici ed estranianti, alla maniera di The Big Parade di Lidsey Kemp di cui ricordiamo proprio in Puglia, al Petruzzelli di Bari, il debutto in prima mondiale il 3 novembre 1984. Gli i cantanti-attori sono anche giocolieri, mimi, saltimbanchi, fra riferimenti all'America del jazz ed improbabili quanto esilaranti charleston: cast vocale tutto di altissimo livello, da Maria Laura Martorana (Donna Lisetta) a Rosa Anna Peraino (Donna Rosa), da Emanuele D'Aguanno (Don Martino) a Giulio Mastrototaro (Don Pistacchio), per non parlare della notevole interpretazione di Gabriele Ribis (Folletto). Importante il gesto direttoriale del pur giovane Dimitri Jurowski, scene di Santi Centineo. L'unico neo di un spettacolo straordinario ci sembra di poterlo individuare non nella musica, che supera nettamente i maestri coevi e addirittura anticipa molta produzione mozartiana, ma nell'aver utilizzato un clavicembalo elettronico.

Un caso a parte è costituito da Capuleti e Montecchi, tragedia lirica in due atti su libretto di Felice Romani e musica di Vincenzo Bellini. Anche in questo caso il problema principale non è costituito dalla scrittura musicale di un Bellini non ancora trentenne: pur rivelando evidenti ascendenze rossiniane, arie e recitativi sono apprezzabili e ben inquadrati nella costruzione narrativa. Qualcosa deve essere però successo in corso d'opera se il regista Denis Krief - qui anche scenografo, costumista, light director - non si è presentato sulla scena a raccogliere gli applausi finali e se lo stesso palcoscenico è apparso spoglio ed ingombro di tubi e materiali, contrariamente ai bozzetti, realizzati dallo stesso regista e pubblicati sul programma di sala, che prevedevano una netta separazione fra due aree del palco, a rappresentare la contrapposizione fra le due famiglie. In sostituzione, dei macabri fantocci appesi - diremmo "impiccati" - sul fondo e una suddivisione degli spazi per mezzo di lunghi neon colorati che però non erano visibili dalla platea perché poggiati letteralmente sul palco.

Un vero peccato perché l'ambientazione scelta dal regista, in un'Irlanda dai feroci contrasti sociali - altri vi hanno ravvisato invece un'Italia partigiana della seconda guerra mondiale - poteva efficacemente rendere il ductus narrativo, considerando le buone prove dei cantanti Danilo Formaggia (Tebaldo), davvero bravo in un ruolo a tratti difficoltoso, Federico Sacchi (Capellio), Clara Polito (un Romeo en travesti, rimando diretto ad analoga scelta registica dell'allestimento al Teatro alla Scala della stagione 1830-31) e, soprattutto, una esemplare Patrizia Ciofi, a suo agio, prima ancora che nelle vesti di Giulietta, in quelle di vera diva, più volte applaudita a scena aperta, in particolare per l'aria Eccomi in lieta veste… Eccomi adorna. Niente da dire, la sua interpretazione era offerta con grazia delicata e virtuosistica. Come ormai di prammatica a Martina, ottima performance dell'Orchestra Nazionale d'Italia e del Coro Slovacco di Bratislava, rispettivamente diretti dal bravo Luciano Acocella (di cui il gossip nazionale ci svela il recentissimo matrimonio proprio con la Ciofi, suggellato da bacio in scena) e da Pavol Prochàzka.



Romeo e Giulietta
Romeo e Giulietta

 

Fra i concerti successivi, si segnala il bellissimo Requiem in do minore, scritto da un Luigi Cherubini molto diverso da quello dell'opera lirica di cui si è detto, consapevole della propria "grandezza" e alle prese con una musica "seria" che gli sarà propria nel periodo francese. Ancora sul podio il maestro Dimitri Jurowski, veramente a suo agio con questo repertorio. Alcuni altri appuntamenti, come la serata dedicata al castrato Farinelli nel terzo centenario della nascita e, soprattutto, il recital della soprano greca Roxana Cetali dedicato a Maria Callas, hanno dato un'impressione di estemporanea messa in scena, realizzata sulla base di poche prove, con un sovraccarico di responsabilità, nel caso della pur brava Cetali e in relazione al gran nome che si intendeva omaggiare, che ha nuociuto al risultato finale.

Edizione interlocutoria, con alcune perle.

Festival della Valle d'Itria 2005

Romeo e Giulietta
cast cast & credits
Lo sposo di tre e marito di nessuna
cast cast & credits
I Capuleti e i Montecchi
cast cast & credits




(in alto: Lo sposo di tre e marito di nessuna

 

Lo sposo di tre e marito di nessuna: Rosa Anna Periaino (Donna Rosa)
Lo sposo di tre e marito di nessuna: Maria Laura Martorana nel ruolo di (Donna Lisetta)





 
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