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Fringe Festival

Storie irlandesi


Gherardo Vitali Rosati
  Un momento dello spettacolo
Data di pubblicazione su web 23/08/2005  

Il piccolo spazio vuoto nel quale si muovono i due attori di Trad si trasforma da un momento all’altro in un appartamento, una strada, un cimitero, persino in un fiume, senza che niente venga spostato e  senza bisogno di spiegazioni: la straordinaria chiarezza dei due attori Peter Gowen e Frankie McCafferty crea un’illusione convincente ed esilarante. Rappresentano un padre e un figlio, la cui forte somiglianza costringe gli altri personaggi a domandare ogni volta chi sia l’uno e chi sia l’altro; i segni del tempo non sono evidenti, le loro vite sono in fondo le stesse, ed estremamente condizionate da quelle dei loro antenati e dagli episodi del passato; forse si potrebbe semplicemente dire che sono irlandesi.

Su questo si costruisce il nuovo testo di Mark Doherty, non a caso intitolato Trad, vale a dire una storia di uomini che trovano il senso della loro esistenza nelle tradizioni e che si sentono smarriti quando queste vengono a mancare. Il fatto che il figlio, ormai anziano, non abbia avuto una famiglia crea un’angoscia profonda al padre che lo considera un fallito. Ma i due riescono comunque a trovare un’improbabile ancora di salvezza, ricordando una giovane con cui, 77 anni prima, l’allora ragazzo aveva avuto una relazione sentimentale, dalla quale sapeva per certo che era nato un bambino. In breve decidono di mettersi in marcia alla ricerca dell’uomo di cui conoscono il luogo e il mese di nascita, ma niente di più preciso.

Un serrato dialogo fatto di modi di dire irlandesi, continui riferimenti alla cultura del posto, ma sopratutto tantissime storie e tanti scherzi costituiscono il cuore dell’inchiesta dei due uomini, il cui obiettivo rappresenta spesso solo l’occasione per camminare, mentre l’interesse reale pare concentrato sugli aneddoti raccontati dai due, che nascondono un fortissimo bisogno reciproco. Pur dopo tanti litigi, il figlio si sente totalmente smarrito al momento della morte del padre e riesce a trovare la forza per andare avanti soltanto nella remota possibilità di trovare il suo discendente. 

Rappresentando due anziani pieni di acciacchi, i due attori sono costretti a movimenti complessi: il padre ha una gamba di legno e il figlio è privo di un braccio e per loro dei normali panchetti si trasformano in temibili ostacoli; con estrema precisione Gowen e McCaferty riescono a trasmettere la sofferenza dei loro corpi e a conservare questo difficile stato per l’intera durata dello spettacolo. L’espressività dei loro volti sapientemente illuminati da Paul Keogan, è capace di comunicare molto aldilà delle parole, e la loro profondità pare una sfida alla comicità della battute.

Il ruolo della tradizione è sottolineato poi dalla musica irlandese, composta da Jim Doherty, che però diviene spesso fastidiosa a causa dell’eccessivamente gracchiante ed impreciso violino di Colin Farrell. La composizione di una musica originale, eseguita da due musicisti (più bravo il chitarrista, Tony Byrne) sempre presenti sulla scena, non sembra ad ogni modo aggiungere alcunché allo spettacolo, riuscendo al più a non disturbare e a consentire un po’ di riposo agli attori.


Trad
cast cast & credits
 



 
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