Da circa 10 anni il Ravenna Festival percorre le vie del mondo ed in particolare del Mediterraneo per portare in scena la sua musica in nome del dialogo tra le civiltà e i popoli. Dopo Sarajevo, Beirut, Gerusalemme, Mosca, Yerevan, Istanbul, New York, Il Cairo e Damasco e dopo la defezione allultimo minuto della Libia, la scelta è caduta questanno, in linea col tema del 2005 "La musica del deserto", sulla Tunisia e in particolare sullanfiteatro romano di El Djem, il più grande dellAfrica del Nord.
El Djem, lantica Thysdrus, già crocevia commerciale di dimensioni tali che il suo Colosseo, 122 metri per 36 di altezza, non si allontana poi tanto dalle dimensioni di quello romano. Un tempo capace di ospitare fino a 35.000 spettatori, si accontenta oggi di aver conservato intatta (nonostante invasioni arabe, resistenze berbere e cannonate ottomane) la gran parte della sua struttura e dei sotterranei, anche se non soppravvive praticamente nessuna delle antiche gradinate che ospitavano il pubblico romano, avido di belve e cristiani divorati. Oggi i cristiani non si divorano, ma si mettono in scena, e si coccolano come ambasciatori.
Così Arrigo Boito e una selezione di brani (prologo, arie, epilogo) dal suo Mefistofele sono stati gli ambasciatori di una cultura diversa e tollerante, capace di mostrare pur nel completo spaesamento la forza di unidentità pacifica mentre un folto gruppo di giornalisti italiani è stato trasportato tra Tunisi, El Djem ed altre località turistiche della Tunisia in una vera e propria carovana durata diversi giorni, patrocinata dal ministero tunisino del turismo e messa a confronto, in equilibrio di apporti culturali con la cultura musicale araba, in un concerto ad Hammamet.
Riccardo Muti dirigeva lorchestra del Maggio musicale fiorentino, ambasciatore inesausto della buona volontà italiana (Rai e Telecom associate alla sua creatura ravennate) nel Mediterraeo ed occasione di lustro colta con pronta e consapevole efficacia anche organizzativa dal molto filo-occidentale anche se un poautoritario regime tunisino.
E se abbraccio dei popoli doveva essere, il momento più significativo si è avuto quando, verso la fine del terzo atto, si è levato sullanfiteatro, con sorpresa del pubblico occidentale, diffuso dalle diverse moschee di El Jem e riportato poi dai giornalisti di mezzo mondo come il momento di più alta emozione interculturale, ladhan, il richiamo alla preghiera del muezzin.
Appena il tempo di terminare latto e Muti, non nuovo a questo tipo di ostacoli (più della metà delle città visitate dal Ravenna Festival negli ultimi anni è a maggioranza musulmana), ha imposto poi il silenzio alla sua orchestra fino alla fine del richiamo. Risultato: nell'anfiteatro romano illuminato a festa e in parte a luce di bracieri, con lorchestra a riposo, il pubblico ingioiellato si è trovato per qualche minuto ad ammirare, volente o nolente, le vibrature dellarabo classico recitato, mentri i bambini locali inopportunamente travestiti da antichi romani e gli agili giovani usciti da fornici ignoti al turista frettoloso ma ad essi noti per pratica ludica quotidiana, vivevano il rovesciamento che li vedeva protagonisti, veri padroni di casa, il tempo di una preghiera.
La dichiarazione del maestro a performance compiuta: ĞUn musicista deve essere pronto alle sorprese. Quel canto non ha tolto nulla alla musicağ, confermando il gusto per la sfida dellartista e la sua sperimentata capacità faustiana di cogliere lattimo fuggente (qui loccasione di un silenzio che è musica e rispetto), è forse il corollario di una casualità non così casuale, e comunque meritata, lenunciazione di un riscontro di fortuna che, al di là della suggestione immediata e della successiva immediata saturazione, è già diventato mitopoiesi.
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Mefistofele (concerto) di Arrigo Boito presso il teatro romano di El Djem (Ravenna Festival)
Prologo - Arie - Epilogo
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