drammaturgia.it
Home | Cinema | Teatro | Opera e concerti | Danza | Mostre | Varia | Televisioni | Libri | Riviste
Punto sul vivo | Segnal@zioni | Saggi | Profili-interviste | Link | Contatti
cerca in vai

Drammaturgia della soggettiva

di Gianni Cicali
  Il figlio
Data di pubblicazione su web 10/10/2002  
Superato il fastidio di un film girato quasi interamente in primissimi piani, Il figlio dei fratelli belgi Jean-Pierre e Luc Dardenne si rivela una prova cinematografica essenziale che raggiunge livelli artistici inconsueti e lambisce i vertici di una tragicità aperta a un'umanissima commedia.

Il dato più importante di questo singolare 'prodotto' risiede nella scrittura che sovraintende le immagini, che potremmo defnire dogmatica, se l'allusione non risultasse ingenerosa nei confronti di questi due autori.

Una lingua delle immagini da risultare - per lo spettatore abituato ad altri canoni linguistici, anche se raffinati - fastidiosa, appunto, odiosa, claustrofobica al limite della nausea.

La terribile trama è sospesa tra tensione ed elegia, che si manifesta nel dolore del protagonista e nella cinica innocenza di un ragazzino: Destino potrebbe essere un valido sottotitolo a questo film.

Olivier è un falegname (o carpentiere) che ha scelto di insegnare il mestiere a dei ragazzini usciti dal riformatorio. Un giorno scopre che uno dei candidati per il suo laboratorio è Francis, che all'età di undici anni aveva strangolato proprio suo figlio. Da allora la moglie Magali lo ha lasciato, si è risposata con un altro e aspetta un bambino.

Dopo un'esitazione iniziale e contro ogni logica, Olivier accetta di istruire Francis (interpretato dall'attore non professionista Morgan Marinne). Questi è un biondino, ora sedicenne, dalle grandi e belle mani, dal profilo caprino-lombrosiano, dallo sguardo di belvetta pericolosa ma ferita tanto che assume psicofarmaci per dormire: non riusciamo a condannare questo adolescente mal tourné.

Girato quasi interamente con camera a mano, il film ha una fotografia straordinaria (Alain Marcoen), la più difficile da ottenere: quella del realismo 'totale', con toni di blu (che risaltano le tute da carpentiere) lontani dal blu elettrico-moderno che imperversa altrove. Non una sola nota di musica, inoltre, si sovrappone al reale.

Il figlio si rivela un'esperienza interiore che costringe lo spettatore a una partecipazione curiosa per mezzo di un semplice quanto geniale meccanismo di suspence. La drammaturgia si snoda come una soggettiva di un osservatore ideale che pedina un padre (tentando di intuirne il 'piano') che a sua volta pedina un giovane in modo tanto morboso da apparire l'autore di un incipiente irretimento erotico. Le inquietudini per un gesto irrimediabile crescono via via che i fratelli Dardenne svelano l'antefatto attraverso una struttura narrativa che si sviluppa da un qui e ora per andare verso un là ed allora. E il disvelamento ha le caratteristiche della grande tragedia.

La macchina da presa resta costantemente attaccata al volto, alla nuca, agli occhi, al profilo, alle spalle del padre, creando così un universo psicologico assoluto: quello della mente di un genitore in cui il dolore ha il sopravvento su tutto. Il resto del mondo è escluso come dai Peanuts di Schulz sono esclusi gli adulti, citati solo per sineddochi, mozziconi di presenze aliene. Solo tre personaggi sono dati: il padre, la madre, l'assassino. Gli edifici, gli interni, gli altri ragazzini del laboratorio, le porte, i mobili, le strade sono di scorcio. Solo nelle sequenze finali il quadro riacquista un'ariosità più 'tradizionale'.

Ma cosa passa veramente per la testa del padre? Ha preso il ragazzino con sé per ucciderlo e vendicare così la morte del figlio? o per scaricare in qualche modo il proprio odio? o per quale altra ragione? Assistiamo 'impotenti' al divenire di una macchinazione. Olivier, infine, porta con sé Francis in un viaggio di lavoro durante il quale gli chiede il motivo della sua detenzione nel carcere minorile. Noi sappiamo che il padre sa e scorgiamo l'odio (appena trattenuto) affiorare nei primissimi piani del suo sguardo, del suo profilo. L'attore (Olivier Gourmet), straordinario comunicatore di emozioni intense e vere, è stato giustamente premiato a Cannes 2002.

In un crescendo diluito che si placherà solo nella sequenza finale, Francis 'confessa' di essere l'autore di un delitto. Alla domanda: "Ti dispiace?" la risposta è cinicamente, mostruosamente innocente: "Ovviamente, a chi non dispiacerebbe farsi cinque anni di riformatorio". Non raccontiamo il bellissimo finale per lasciarlo 'aperto' come nel film.


Il figlio
cast cast & credits
 



L'affiche del film
L'affiche del film


 

 


 

Olivier Gourmet (Olivier)
Olivier Gourmet (Olivier)

 

 
Firenze University Press
tel. (+39) 055 2757700 - fax (+39) 055 2757712
Via Cittadella 7 - 50144 Firenze

web:  http://www.fupress.com
email:info@fupress.com
© Firenze University Press 2013