L'immaginazione in una stanza
La virgen de la lujuria si rivela come un'altra ottima prova del cinema messicano, tornato da qualche anno alla ribalta con molti film di buona qualita'.
Arturo Ripstein (che nel 1962 lavoro' come aiuto regista di Bunuel sul set de L'angelo sterminatore) ci consegna un film dalle tinte e dalle passioni forti sin dall'inizio. L'apertura è folgorante: scorrono velocissime le immagini del trailer del film che si sta per vedere, mentre la storia vera e propria si apre con un'inaspettata macchina da presa che scopre le ossessioni erotiche del sempliciotto cameriere Ignacio, indio onanista che un giorno incontra, casualmente, nel caffe' Ofelia (in cui lavora per un saccente padrone spagnolo), la bellissima prostituta Lola, perdutamente innamorata di un lottatore che la ripudia e che non vuol piu' sapere nulla di lei. Ben presto Lola, con il suo durissimo fascino e la sua ammaliante e sfuggevole sensualita', seduce e sottomette irrimediabilmente il povero Ignacio, senza pero' mai concedersi.
Il film prosegue trascinandoci nel cuore di questa relazione impossibile di avvicinamento e rifiuto, di lotta passionale e di scoperta esistenziale, segnata costantemente dalla figura (tuttavia appena accennata) del lottatore mascherato; egli a sua volta farà parte di un'improbabile performance tra teatro (a metà tra Artaud e Piscator) e fotografia sui momenti rivoluzionari della Storia, organizzata da un gruppo di esuli spagnoli repubblicani che sognano impossibili attentati alla vita del caudillo Franco...
Film di una vitalità e di una visceralità insite già nel titolo, La virgen de la lujuria si nutre di una sensualità atipica: non ci sono nudi, né scene di sesso, ma la passionalità travolgente che inebria soprattutto Ignacio e Lola è tutta concentrata negli sguardi, nella gestualità, nelle parole taglienti e nette. Tutto ciò esalta la forza travolgente e il potere assoluto di sottomissione della femminilità, quella più viscerale, intima, vera.
Gli onnipresenti interni di Ripstein sembrano quasi soffocanti. Il centro del mondo sono claustrofobici microcosmi rappresentati dal bar Ofelia e dagli avventori che lo frequentano, da un vuoto salone con al centro un ring su cui non salirà e combatterà mai nessuno, dalle povere stanze senza finestre di anonimi appartamenti semivuoti: non c'è spazio per l'aria aperta nella soffocante vita di questi personaggi che vivono le loro passioni aggirandosi tra gli straordinari, caldi colori degli ambienti: il rosso, il marrone, l'ocra, il verde dei lucernari.
Ripstein dimostra di avere la stoffa del maestro con l'uso del quadrangolo e di misurati, ma possenti, piani-sequenza che si intrufolano lentamente, scoprono, amplificano cromie e movimenti: mai uno sbaglio, mai una stonatura a supportare il poderoso impianto dell'opera, che si apre e si chiude con sequenze visionarie e surreali (echi del maestro ed amico Bunuel?), tra cui la strordinaria esplosione di felicità del finale, nella migliore "tradizione" cinematografica. Sicuramente uno dei piu' bei film visti al Lido.
Arturo Ripstein (che nel 1962 lavoro' come aiuto regista di Bunuel sul set de L'angelo sterminatore) ci consegna un film dalle tinte e dalle passioni forti sin dall'inizio. L'apertura è folgorante: scorrono velocissime le immagini del trailer del film che si sta per vedere, mentre la storia vera e propria si apre con un'inaspettata macchina da presa che scopre le ossessioni erotiche del sempliciotto cameriere Ignacio, indio onanista che un giorno incontra, casualmente, nel caffe' Ofelia (in cui lavora per un saccente padrone spagnolo), la bellissima prostituta Lola, perdutamente innamorata di un lottatore che la ripudia e che non vuol piu' sapere nulla di lei. Ben presto Lola, con il suo durissimo fascino e la sua ammaliante e sfuggevole sensualita', seduce e sottomette irrimediabilmente il povero Ignacio, senza pero' mai concedersi.
Il film prosegue trascinandoci nel cuore di questa relazione impossibile di avvicinamento e rifiuto, di lotta passionale e di scoperta esistenziale, segnata costantemente dalla figura (tuttavia appena accennata) del lottatore mascherato; egli a sua volta farà parte di un'improbabile performance tra teatro (a metà tra Artaud e Piscator) e fotografia sui momenti rivoluzionari della Storia, organizzata da un gruppo di esuli spagnoli repubblicani che sognano impossibili attentati alla vita del caudillo Franco...
Film di una vitalità e di una visceralità insite già nel titolo, La virgen de la lujuria si nutre di una sensualità atipica: non ci sono nudi, né scene di sesso, ma la passionalità travolgente che inebria soprattutto Ignacio e Lola è tutta concentrata negli sguardi, nella gestualità, nelle parole taglienti e nette. Tutto ciò esalta la forza travolgente e il potere assoluto di sottomissione della femminilità, quella più viscerale, intima, vera.
Gli onnipresenti interni di Ripstein sembrano quasi soffocanti. Il centro del mondo sono claustrofobici microcosmi rappresentati dal bar Ofelia e dagli avventori che lo frequentano, da un vuoto salone con al centro un ring su cui non salirà e combatterà mai nessuno, dalle povere stanze senza finestre di anonimi appartamenti semivuoti: non c'è spazio per l'aria aperta nella soffocante vita di questi personaggi che vivono le loro passioni aggirandosi tra gli straordinari, caldi colori degli ambienti: il rosso, il marrone, l'ocra, il verde dei lucernari.
Ripstein dimostra di avere la stoffa del maestro con l'uso del quadrangolo e di misurati, ma possenti, piani-sequenza che si intrufolano lentamente, scoprono, amplificano cromie e movimenti: mai uno sbaglio, mai una stonatura a supportare il poderoso impianto dell'opera, che si apre e si chiude con sequenze visionarie e surreali (echi del maestro ed amico Bunuel?), tra cui la strordinaria esplosione di felicità del finale, nella migliore "tradizione" cinematografica. Sicuramente uno dei piu' bei film visti al Lido.
Il regista Arturo Ripstein
Cast & credits
Titolo
La virgen de la lujuria |
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Origine
Spagna/Messico/Portogallo |
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Anno
2001 |
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Durata
140 minuti |
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Colore | |
Regia
Arturo Ripstein |
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Interpreti
Ariadna Gil (Lola) Luis Felipe Tovar (Ignacio Jurado) Patricia Reyes Spindola (Raquel) Juan Diego (Mikado) Julian Pastor (D. Lázaro) Alberto Estrella (Gardenia Wilson) |
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Produttori
Mate Cantero / Stephane Sorlat |
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Produzione
Mate Production / Tusitala Iberautor / Amaranta / Fado Films |
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Distribuzione
Mercure Distribution |
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Scenografia
Antonio Muñohierro |
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Costumi
Moníca Neumaier |
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Sceneggiatura
Paz Alicia Garcíadiego |
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Montaggio
Fernando Pardo |
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Fotografia
Estéban De Llaca |
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Suono
Jorge Ruiz |
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Musiche
Leoncio Lara |