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Black Dinasty

di Roberto Fedi
  Alessandra Martines e Massimo Ghini
Data di pubblicazione su web 30/05/2005  
Ci sono molti modi per affrontare la storia, sia passata che recente. Uno è quello che viene messo in opera dalle trasmissioni di tipo giornalistico: interviste, verifiche, carte geografiche, riprese in loco, e soprattutto filmati d’epoca, se ce ne sono. È il modo migliore, che per esempio viene utilizzato da History Channel e da La Grande Storia, o da Ulisse o da Correva l’anno. L’altro è quello di sceneggiarla.

Edda, in due puntate su Rai Uno (lunedì e martedì, 23 e 24 maggio), appartiene a questa seconda tipologia. È la storia, o meglio la biografia romanzata, della figlia di Mussolini, che andò sposa a Galeazzo Ciano e lo seguì, in un modo o nell’altro, fino a non riuscire a salvarlo dalla fucilazione a Verona. Una storia tragica, con uno sfondo tragico, con personaggi che probabilmente invece non sono degni di tragedia ma solo di tristezza e forse di rancore.
 
Il problema sta qui. Perché nonostante tutta la buona volontà del regista, degli sceneggiatori e degli interpreti (modesti tutti, anche la Martines, a parte un notevole Mussolini di Claude Brasseur, uno dei migliori mai visti sullo schermo), tutta la faccenda rischia di trasformarsi in una normale soap opera, anzi in una Dinasty molto Italian style. Si vede quindi all’inizio una plumbea Verona sotto i bombardamenti, e un Galeazzo Ciano imprigionato con il celebre impermeabile chiaro; poi una disperata ma decisa Edda che chiede al padre, ormai finito, di risparmiare la vita al marito; e poi, in un lungo flash back (domanda: ma è possibile che i registi televisivi conoscano solo questa soluzione narrativa? non se ne può più), si ricomincia con Edda bambina, Mussolini al «Popolo d’Italia», e poi su su a Villa Torlonia, e poi il matrimonio con il vacuo Galeazzo (un Massimo Ghini molto somigliante al suo personaggio, e che se ne approfitta pensando che basti questo per interpretarlo), la Cina, poi il ritorno, e i tradimenti di lui, e l’ascesa resistibile di Galeazzo e del Duce… Insomma, scene di ordinario fascismo.


Ogni tanto, in un ordito neanche troppo eccessivo, le inevitabili cadute. Siamo in una festa in casa Ciano (l’inaugurazione della nuova villa dei due piccioncini), e aprendo una porta la moglie scopre il Galeazzo che limona con una biondona un po’ discinta su un divano. Edda fugge. La ferma un’amica: ‘che succede Edda?’ ‘Galeazzo è con la sua amante!’ ‘Quale?’ risponde l’amica (non male come gaffe…). ‘Ah, perché ce n’è più d’una? e io che non sapevo niente’… Eccetera. Scenette  comiche da Beautiful, altro che da tragedia del ventennio nero.

Quando si mette in scena la biografia di un personaggio, storico o no che sia, è indispensabile che questo sia o simpatico o repellente. Altrimenti, dal punto di vista anche drammaturgico, la cosa non funziona. Qui, ahimè, i personaggi (tutti) non sono né l’uno né l’altro. A parte il Duce, che come abbiamo detto appare grazie a Brasseur l’unico un po’ degno di tragedia, gli altri sono dei modesti ometti, o donnette, di un’Italia provinciale e meschina, e nessuno, neanche Edda, riesce a uscire dal cliché dell’ex fanciulla  di mezza tacca, che ballava su una tragedia epocale che alla fine giustamente la travolge. Se questo voleva il regista, c’è riuscito.

Ps. Chi avesse voluto sapere, così per curiosità, di quali consulenze si sono giovati gli autori per questa ricostruzione storica, dovrà telefonare alla Rai o navigare in Internet (forse). Perché i titoli di coda, evidentemente troppo lunghi, la Rai li ha tagliati (almeno il lunedì, quando abbiamo registrato la puntata). Incombeva Vespa, con un argomento di scottante attualità nell’Italia in crisi di oggi: Come si conquistano le donne. E poi vi chiedete perché aderiamo allo sciopero degli utenti?

 

 


Edda

cast cast & credits
 






 
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