Voi lo sapete come la pensiamo. Cerchiamo di guardare alle cose con distacco, con ironia, e con qualche divertimento – o con qualche incavolatura, se capita. Quindi, davvero, la notizia che Paolo Bonolis ha lasciato la Rai per Mediaset, rincorrendo 8 milioni (di euri, come dice lo scimmione della pubblicità) allanno per tre anni, insomma per un totale di circa 45 miliardi: beh, non ci fa né caldo né freddo. Diciamola tutta: ci fa piacere. Per lui, e soprattutto per noi, perché almeno il servizio pubblico risparmia. Congratulazioni a Cattaneo.
Quindi non avremmo non si dice affrontato, ma neanche sfiorato la notizia (anzi la non-notizia: si sapeva da mesi, soprattutto visto che linteressato smentiva categoricamente). Se lo facciamo è perché leggiamo oggi 19 maggio, in prima pagina sul “Corriere della Sera”, un articolo di Piero Ostellino, Se la Tv ignora (o quasi) il referendum, così soft che sembra proprio che labbia dovuto scrivere obtorto collo. Dove il giornalista giustamente stigmatizza (softamente, se si potesse scrivere così) il fatto che, al contrario dei giornali, la Tv e segnatamente la Rai (servizio pubblico) non ha informato né informa a sufficienza sui referendum prossimi venturi.
Si potrebbe eccepire anche sui giornali, ma quel che lì si dice della Tv è sacrosanto. Chi non avesse altra fonte di informazione che la televisione oggi saprebbe tutto del papa, anche troppo (perché repetita iuvant, si capisce); del Giro dItalia; del campionato di calcio e della Champions League; del massacratore Izzo magari; dei risultati delle elezioni di Catania, che comè noto è diventata dun colpo lombelico dItalia; ma del fatto che fra meno di un mese saremo chiamati a rispondere ai quesiti referendari non avrebbe la minima idea. Bel servizio pubblico.
E che centra Bonolis? Centra, perché (citiamo Ostellino) sembra che abbia detto che quando era in Rai non ha potuto parlare in libertà di fecondazione assistita. Accidenti: ecco cosa ci mancava. Ecco dovera il buco dellinformazione. Ecco cosera quel senso di disagio, di imbarazzo, di tristezza che si vedeva chiaramente nei suoi occhi quando sbecerava “ahò…! arièccoce…!”, quando urlava dando pacchi a destra e a sinistra, quando infilzava doppi sensi romaneschi ogni volta che poteva (e anche quando non si capiva perché). Ora capiamo quel tormento. Ora ci è chiaro perché se nè andato – anzi, pardon: annàto.
Ecco il senso della vita, che lesule ha cercato in tutti i modi di farci arrivare per unintera settimana, da un posto di sofferenza e di riflessione chiamato Sanremo. E noi che, sordi e ciechi, non abbiamo capito e gli abbiamo dedicato un articolo un po irriverente. Ci scusi, Bonolis: anzi, pardon, scùsece.
Ora la aspettiamo, finalmente libero, a Canale 5 o chissà dove. Pendiamo dalle sue labbra. Ce diga quer che sha da ffa, ar referendumme. Perché noi andremo a votare. Nun ce frega gnente de quer che pensa ‘a Rai. E votiamo gratis. Anzi, pardon: a gràtisse.
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