Destini aperti chiusi

di Cristina Jandelli

Data di pubblicazione su web 21/05/2005

Valerio Mastandrea (scena all'interno dell'acceleratore)

Max, fisico nucleare, lavora ad un importante esperimento chiamato Helios nel laboratorio di fisica situato dentro il Gran Sasso: all'improvviso ne viene nominato responsabile dal suo professore. L'uomo ha una relazione con la scienziata francese Anais che non esita a metterlo con le spalle al muro: si è accorta che Max ha falsificato i risultati dell'esperimento. In preda al terrore di essere svergognato pubblicamente, Max ha un incidente e si ritrova catapultato sulla montagna al cui interno si sta svolgendo l'esperimento: in superficie solo rocce e pecore. E' la mandria di Bajram, un giovane pastore macedone, vittima del racket albanese.

Il bel controverso ritratto di ricercatore, che nel film ha il volto spiritualmente affusolato di Valerio Mastandrea, continua a riportare a galla frammenti di visione del film. Sono grappoli di immagini potenti e arcane. Forse dipende dal fatto che la macchina da presa di Daniele Vicari si esibisce spesso in movimenti non giustificati dal contesto narrativo, ponendosi come presenza spettrale, come quando indugia sul corpo seminudo della scienziata Anais. La regia dilata spazio e tempo dell'azione anche con false soggettive del protagonista, Max, che invece rivelano la presenza perentoria dello stile vigoroso di Vicari, distogliendo e distaccando lo spettatore dall'ipnosi della visione. C'è una dichiarata ascendenza antonioniana in questo film.

Valerio Mastandrea e Gwenaelle Simon
Valerio Mastandrea e Gwenaelle Simon

Tornano prepotenti le immagini della seconda parte, girata sulle cime del Gran Sasso, terra desolata presidiata dagli albanesi, in cui si avverte un'eco dei pensieri inespressi del protagonista. Quando si posa sugli orizzonti disabitati della montagna, lo sguardo di Vicari comincia a volare alto per tentare di tradurre in immagini l'affanno della mente. Fuori dal laboratorio e dalle truffe del sapere, il fisico continua a cercare il senso smarrito della propria esistenza nel mistero dei fenomeni naturali (il dolore fisico, la notte e il giorno, la scoperta di una sorgente, il temporale). Ma anche da quella nuova prospettiva presumibilmente non continua a vedere altro che neutrini in movimento nell'acqua cristallina. Non riesce a uscire dal suo isolamento.

Quando alla fine del film Vicari abbandona il personaggio dentro una storia che continua a scriversi ma che noi non vediamo, chi è – ci si chiede – quest'uomo intento a interrogare l'universo e al tempo stesso incapace di dare un disegno coerente alla propria esistenza? 

Valerio Mastandrea e Lulzim Zeqja
Valerio Mastandrea e Lulzim Zeqja

Altezzoso, scontroso e sopraffatto dal riserbo, Mastandrea carica Max di una forza magnetica profondamente interiorizzata, come se recitasse un sottotesto di cui il testo è andato perduto: ne è rimasta solo un'eco, un'emozione profonda. L'unico gesto veramente violento, in questo film dalla forza trattenuta, coincide con un momento costruito ad arte, una lampada spaventosamente rovesciata nel mezzo del diverbio cruciale. Mastandrea sceglie con massima oculatezza il momento propizio per liberare la tensione accumulata, e così procede all'unisono con le improvvise fughe ottiche di Vicari, come in una complessa partitura più mani. Quando cammina sul Gran Sasso incerto sulle gambe, indossando le scarpe scomode di un morto, sembra ricreare un tempo astratto di guerra, fra la No Man's Land dei balcani e la Grande Guerra di quando il cinema italiano ai suoi personaggi tragicomici sapeva ancora conferire una statura eroica. Mastandrea e Vicari disegnano invece un uomo estenuato, prosciugato eppure tracotante: sul piano umano il pastore extracomunitario, perseguitato dalla ferinità brutale del clan albanese, si rivela più generoso di lui.

Francesca Inaudi
Francesca Inaudi

Nell'orizzonte di Vicari appaiono eventi cupi, come il rumore di fondo che muove dalle viscere della terra per diffondersi e straripare in correnti di sonorità ossessive, ma anche frammenti di bellezza, come la grandiosa visione dall'interno della sfera Helios inondata di luce. Il laboratorio ricreato negli studi di Papigno è un autentico mostro: l'inconoscibile non è più l'evento impossibile da misurare ma semplicemente l'evento che non si verifica. E' un nulla che si vuol rendere significativo e di cui invece sfugge il senso. Anche il vecchio professore possiede un sapere difettoso, non conosceva davvero l'allievo prediletto a cui ha affidato l'esperimento  - avrebbe dovuto lasciarlo condurre dalla scienziata francese, altro volto della globalizzazione speculare a quello del pastore: una donna fiera e autentica. Dietro la porta che si chiude, e da cui la cinepresa si allontana, è implicita la sua rivincita.

Cast & Credits




Valerio Mastandrea
Valerio Mastandrea

 

 


 

 


 


 
Daniele Vicari sul set
Daniele Vicari sul set


 

Cast & credits

Genere 
Commedia
Titolo 
L'orizzonte degli eventi
Origine 
Italia
Anno 
2004
Durata 
1h 55 min
Formato 
2.35
Colore 
Soggetto 
Daniele Vicari
Regia 
Daniele Vicari
Interpreti 
VALERIO MASTANDREA (Max Flamini)
GWENAELLE SIMON (Anais)
LULZIM ZEQJA (Bajram)
GIORGIO COLANGELI (Pietro Revelli)
FRANCESCA INAUDI (Marta)
PAOLO GIOVANNUCCI (Luca Flamini)
SARA FRANCHETTI (Elena Flamini)
LORENZO GIOIELLI (Roberto De Rosa)
ARDIAN CERGA (Il Capo)
Produttori 
Domenico Procacci
Produzione 
FANDANGO In collaborazione con MEDUSA FILM e SKY
Distribuzione 
MEDUSA FILM (Distribuzione Internazionale THE WORKS LTD)
Costumi 
Francesca Vecchi, Roberta Vecchi
Sceneggiatura 
Antonio Leotti, Laura Paolucci, Daniele Vicari
Montaggio 
Marco Spolentini
Fotografia 
Gherardo Gossi
Suono 
Benni Atria
Musiche 
Massimo Zamboni