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Giramenti

di Roberto Fedi
  Un'immagine dal film "Ladri di biciclette" di Vittorio De Sica, 1948
Data di pubblicazione su web 16/05/2005  
Dopo l’ottima notizia che Sky ha comprato il prossimo Mondiale di calcio di Germania, lasciando alla Rai le partite della nazionale e poco più (che comunque saranno trasmesse anche da Sky: così la Rai, quindi il servizio pubblico, ha risparmiato e soprattutto ci risparmierà l’indecenza di certe telecronache), ne aspettiamo un’altra. Anzi, eleviamo una supplica al signor Murdoch: per favore, faccia un piccolo sforzo e  acquisti anche i diritti del Giro d’Italia. Costa molto meno, e ci farebbe un gran piacere.

A noi, come a milioni di italiani, il Giro infatti piace: quello d’Italia, quello di Francia (di più), e magari anche la Vuelta spagnola. Ci piace perché è antico, spettacolare, fatto di fatica e di sudore; e perché è vario, lungo, scandito in capitoli come un racconto o un romanzo. Non vogliamo star qui a fare della retorica: è un po’ come una storia fatta di uomini, di entusiasmi o scoramenti, di crisi e di esaltazioni, di salite e di discese, e anche di pericolo e di coraggio. E poi transita per migliaia di chilometri in mezzo alla gente, che infatti scende nelle strade, lo aspetta per ore, applaude atleti che vede sfilare per un secondo o poco più, e lasciano nella retina come una scia di colore e di suoni. Insomma: è bello. Lo aveva capito anche Paolo Conte, nel suo Bartali.

Ora poi le riprese televisive sono all’altezza, con le telecamere spericolate che vi fanno vedere tutto: gli scatti, le espressioni dei corridori, lo sforzo, le cadute, la strada che corre come un nastro impazzito in discesa o che si inarca come un muro nelle salite. Uno spettacolo, l’abbiamo detto.

E così, ci si chiede come sia possibile affidare questo tesoro, che costa un occhio della testa, a gente come Auro Bulbarelli e alla sua ‘spalla’ Davide Cassani (scadente anche l’ex velocista Martinello). Che sarebbero capaci di rendere noiosa anche una diretta della Rivoluzione Francese. Mesti come se commentassero un funerale, sembrano non rendersi minimamente conto di ciò che sta svolgendosi sotto i loro occhi, che è poi (quest’anno in particolare) un susseguirsi di scatti, di velocità, di rovinose cadute, di fughe di centinaia di chilometri. E loro a parlare d’altro: di improbabili e cervellotiche strategie delle squadre (incomprensibili a tutti e anche a loro), di elaborate questioni di rivalità fra ‘campioni’ (si fa per dire), di quello che starà per fare il tale o che dovrebbe fare il tal altro e poi quell’altro sulla salita ma chissà se lo farà o forse sì… E poi interviste a chi passa di lì, battute rubate a qualche amicone che è venuto a far loro visita, elenchi di vittorie o piazzamenti di ciclisti inquadrati in un amen dalla motocicletta… E quesiti del tipo: ma tu chi credi che scatterà… e perché non è scattato… ma poi sull’altra salita cosa farà la Fassa-Bortolo… e La Liquigas…

Intanto l’elicottero ti fa vedere immagini mozzafiato. La motocicletta, rischiando capitomboli terrificanti, insegue a un metro i ciclisti in discesa, e te li fa porta sullo schermo come se tu fossi lì. Tu che guardi ti emozioni e quasi hai paura per loro: e quelli niente. Scusa, Davide, ma tu cosa pensi che farà domani alla cronometro di Lamporecchio Ivan Basso?  E Garzelli? E la Liquigas farà il ‘treno’? Roba da tirargli dietro una ruota.

Quest’anno, ci sembra, il caos mentale ha preso anche la regia (che non sempre è chiarissima nello scandire i vari gruppi, gli uomini in fuga, gli staccati, e trascura colpevolmente le immagini del paesaggio, sempre bellissime). In qualche caso, come nella tappa del 14 maggio Grosseto-Pistoia, siccome in testa (per 190 chilometri!) c’era uno spagnolo sconosciuto o quasi, che poi ha vinto, lo ha trascurato  per farci vedere inutili scattini di campioncini italiani (tutti lontani dal primo), senza nerbo né successo; e il commento naturalmente discettava su queste inutili velleità, dimenticandosi dell’uomo in fuga.  C’è mancato poco che non ci facessero vedere l’arrivo. La grafica è demenziale, dato che prende tutto lo schermo inutilmente e non chiarisce nulla. Insomma: tutto l’insieme fa l’impressione di una Ferrari guidata da uno senza patente. Ma è possibile che non si rendano conto di quello che vedono? Ma è possibile che non stiano zitti un secondo? Che non capiscano che la televisione non è la radio? Che le immagini sono eccezionali e potrebbero essere anche meglio, e che il commento è al servizio di quelle, e non viceversa? E stendiamo un velo per pura pietas sul lunghissimo, noioso, verboso, pallosissimo, inutile Processo alla tappa, in confronto al quale anche le trasmissioni chiacchierate sul calcio sembrano eccitanti.

Signor Murdoch, per favore: faccia un altro sforzo. Prenda anche il Giro, e questi qua li mandi tutti a lavorare.


88° Giro d'Italia

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