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Ritorna la poesia di Puccini

di Paolo Gallarati
  La fanciulla del West
Data di pubblicazione su web 08/02/2004  
Va incontro ad un prevedibile successo l'edizione de La fanciulla del West andata in scena ieri sera al Teatro Regio. Lo spettacolo viene da Los Angeles: firmato dal regista Giancarlo Del Monaco e dallo scenografo Michael Scott non presenta stranezze, ma una giudiziosa fedeltà alla tradizione.
La fanciulla del West



Siamo tra le montagne della California nel periodo della febbre dell'oro: si vede nel primo atto un gradevole interno di osteria, tutto di legno, con un gran trofeo di caccia; nel secondo la casa di Minnie, immersa nel bosco, piena di luce calda e dorata, mentre fuori, tra i pini, cade la neve nella notte illuminata dalla luna: bel contrasto di interno-esterno che, alla prova generale, ha strappato un applauso a scena aperta. L'ultimo atto si prende una licenza: invece che nella grande selva californiana, la scena presenta un paese del Far West formato da case lignee, di cinematografica memoria. Ma l'azione non ne soffre, anche perchè la foresta si intravede sullo sfondo. La regia si svolge nel più rigoroso e un po' ingenuo realismo: ci sono fuochi accesi sul palcoscenico, fiaccole, spari, alcuni cavalli veri e un'abbondante nevicata.

La fanciulla del West



Chi si aspettava di vedere La fanciulla del West come si usa ora, magari trasportata su di un astronave in viaggio verso Marte, sarà rimasto deluso; chi pensa a scenografie più moderne e sofisticate, avrà guardato con sufficienza le innocenti indulgenze illustrative dello spettacolo americano; chi, stanco di stranezze e gratuite originalità, si accontenta di chiedere al regista e allo scenografo una cosa molto semplice, ma oggi divenuta rara, ossia di non intralciare la comprensione della partitura e, se possibile, valorizzarne almeno i fondamentali dati poetici, ha applaudito e applaudirà nelle dieci recite previste.
Tanto più che l'esecuzione musicale è più che soddisfacente. Il direttore Steven Mercurio ha diretto con vivacità e finezza, mettendo in risalto la straordinaria qualità di una scrittura che affida all'orchestra un ruolo preminente rispetto alle voci.
La fanciulla del West



La fanciullla del West è un continuo baluginare di invenzioni orchestrali: rifiutate le grandi arie melodiche dei primi capolavori, Puccini intende modernizzare l'opera, e si butta quindi in uno stile di conversazione che, nel 1910, tiene conto degli esempi europei di Debussy e di Strauss. Lo soccorre, a questo scopo, il libretto di Civinini e Zangarini, più agile e moderno di quelli di Illica e Giacosa, una vicenda fresca e diretta, priva di ridondanze sentimentali e di compiacimenti estetizzanti; qui tutto è più leggero e snello, semplice e immediato, con il coro dei minatori che porta in primo piano la vita salubre del popolo, e la vicenda del bandito e della bella locandiera che Puccini svolge per lampeggianti intuizioni orchestrali, flussi e riflussi continuamente cangianti, ritmi stretti e slarghi cantabili sempre modernamente controllati.

Steven Mercurio ha seguito con naturalezza queste fluttuazioni, tirando fuori i colori da un'orchestra desiderosa di apparire e di far bene: d'altra parte, il progetto della Filarmonica '900, appena varato e nato dagli orchestrali stessi, la dice lunga sull'intraprendenza e la voglia di fare che anima il complesso stabile del Regio, in cui prevalgono i giovani.
L'orchestra sarà importante, ma Puccini senza bravi cantanti non è Puccini: qui ci sono, a cominciare dal collaudatissimo Lucio Gallo nella parte antipatica ma drammaticamente centrale dello sceriffo Jack Rance cui presta quella autorevolezza che segna sempre le interpretazioni di classe. Bene anche il tenore Ian Storey, nella parte del bandito Dick Johnson (Ramerrez), voce squillante e ben modulata, zazzera al vento dalla banditesca sprezzatura, stile e accurato controllo dell'emissione. Assai efficace è pure parso il soprano Giovanna Casolla che ha sostituito Paoletta Marrocu, infortunatasi durante una prova nel momento di scender da cavallo (cosa pretendono questi registi!): la Casolla, seppur di voce non più limpidissima, rende comunque un personaggio generoso e molto presente nella sua spavalderia, nella sua fierezza, ma anche nella serietà interiore con cui si richiama ai grandi valori e, amando il bandito Ramerrez, lo redime e lo porta ad una nuova, imprevista esistenza.

Considerati tali fattori, si può dire che questa Fanciulla del West è forse il più omogeneo degli spettacoli visti sinora nella stagione del Teatro Regio che si accinge ora, con Mozart, Prokof'ev e Verdi, ad affrontare prove di grandissimo impegno.

La fanciulla del West
opera in tre atti


cast cast & credits
 
trama trama



Da "La Stampa"
del 25 gennaio 2004 


Il libretto in rete






 



 





 

 



 
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