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Triangolo in interno

di Marco Luceri
  La donna di Gilles
Data di pubblicazione su web 02/05/2005  

Il belga Frédèric Fonteyne è senza alcun dubbio uno dei registi più interessanti della nuova generazione di autori europei: nel 1999 aveva suscitato molto interesse alla Mostra di Venezia con il suo primo lungometraggio Une liaison pornografique (uscito in Italia con l’assai discutibile titolo Una relazione privata). Dopo alcuni anni di silenzio torna dunque sul palcoscenico del Lido con La donna di Gilles, un altro film legato al tema dell’amore contrastato.

La storia è molto semplice e potrebbe sembrare anche banale, visto che si tratta di un "classico" triangolo amoroso: lui, lei, l’altra. Tratto dall'omonimo romanzo di Madeleine Bourdouxhe, La donna di Gilles, ambientato nei primi del Novecento, è incentrato sulla figura di Elisa (una superlativa Emmanuelle Devos), madre di due gemelle in attesa del terzo figlio, sempre più drammaticamente convinta che il marito (Clovis Cornillac) la tradisca. Con il crescere dei sospetti, si fanno sempre più arditi anche i pedinamenti che la donna compie, tentando di cogliere Gilles in fallo: lo segue di notte nelle sue passeggiate in paese, fino a che non si fa sempre più veritiera l’ipotesi che sia la giovane sorella Victorine (Laura Smet) la donna per cui il marito sembra aver perso la testa. La verità salta presto fuori ed i sospetti si rivelano fondati quando Gilles, durante una crisi isterica, dichiara alla moglie il suo amore per la cognata. Inizia a questo punto un lento capovolgimento di ruoli, nel quale Elisa ha un ruolo centrale; infatti la donna, invece di scacciare da casa il marito infedele, ne asseconda le velleità sentimentali, consigliandolo addirittura su come agire per non perdere la bella Victorine. Naturalmente il prezzo da pagare è molto alto: Elisa comprime al suo interno il legittimo dolore, aspettando con flebili speranze che l’innamoramento del marito prima o poi passi.




In realtà il fascino di questo melodramma dalle tinte fosche è contenuto nella straordinaria resa degli ambienti e nella rigorosa lentezza del ritmo su cui il film si costruisce. Conservando l’estremo realismo del romanzo, Fonteyne opta per una strada diversa rispetto a Une liaison pornografique: come nella sua opera prima resta forte il tema dell’incapacità di vivere insieme il sesso e i sentimenti (da questa sorta di scissione interiore nasce l'utopia del rapporto "casuale", che si ferma sulla soglia dell'amore, senza avere il coraggio di superarla), ma ciò che cambia è, ne La donna di Gilles, la portata del gesto compiuto dalla donna innamorata; la coppia che vive (per breve tempo) il suo amore clandestino viene messa in secondo piano dalla folle ed inspiegabile abnegazione con cui Elisa decide di assecondare tale relazione. La donna è decisa fino in fondo a non perdere il marito, quindi l’incapacità del primo film diventa, in questa seconda opera, la capacità di determinare, a costo di un’estrema sofferenza interiore, non una rinuncia, bensì una possibile via d’uscita dalla crudele situazione creatasi.




E’ chiaro dunque che la dualità e la reciprocità di Une liaison pornografique non trovano posto ne La donna di Gilles, in cui la scena è occupata quasi totalmente dalla protagonista. Questa profonda differenza tra i due film si riflette non solo sulla composizione drammaturgica (che appare anzi cristallizzata e forse un po’ prigioniera del suo stesso non svilupparsi), ma sulla sottile analogia che si stabilisce tra i tormenti interiori di Elisa e i claustofobici ambienti domestici in cui la storia del film trova la scena. Se in Une liaison pornografique domina la contrapposizione fra lo spazio protetto, chiuso, della coppia e gli estremi ingombri di gente, traffico e maltempo, qui la Parigi degli anni Novanta lascia il posto al silenzio della campagna e alla ritualità domestica che sembra immobilizzare lo scorrere del tempo, reiterandosi in uno spazio estremamente dilatato, ma tutto in interni. Esemplare, a tal proposito, proprio la lentezza del ritmo e dei movimenti di macchina, tutti incentrati nel restituire sguardi, silenzi, gesti. Ricorda vagamente lo stile di Ophüls o certi film di Rohmer questa capacità di Fonteyne di creare una scena immobile, per certi versi forzatamente teatrale, che amplifica proprio la portata del gesto, spingendo lo spettatore realmente nella testa di Elisa e permettendogli di condividerne angosce, sospetti ed inquietudini.




Guardando il film si ha l'opinone di essere di fronte non tanto a un melodramma, ma piuttosto ad un noir, tanto è alta la tensione che Fonteyne riesce a conservare fino al finale. La figura di Elisa, in questo inconsueto percorso, appare legata molto più alla sua figura di madre che a quella di moglie, e non solo per la ricorrente metafora del bambino in grembo, quanto proprio per il rapporto di amore materno che lei costruisce intorno a Gilles. Una moglie o un'amante non avrebbero mai potuto sopportare un così forte disorientamento sentimentale da parte di un uomo, una madre invece riesce a perdonare tutto al proprio figlio, pur di farlo restare accanto a lei, in un legame che possa travalicare ogni possibile frattura. Tuttavia, a ricordarci proprio il dolore che Elisa paga come riscatto della sua volontà, è il finale che, nella sua ambiguità, riesce a trasmettere tutto il profondo senso di amarezza e di alienazione a cui sono sottoposti i personaggi in un questo claustrofobico interno dei sentimenti.



La donna di Gilles
cast cast & credits
 

 



 


 



 

Frederic Fonteyne
Frédèric Fonteyne




 

 
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