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Noterelle stravaganti

di Roberto Fedi
  Immagine tratta da "Big Fish" di Tim Burton, 2003
Data di pubblicazione su web 30/04/2005  
Noterella numero uno 

È tornato Pippo. Sembra impossibile, perché con la Rai si era lasciato peggio che con la moglie, ma si sa come vanno queste cose. Così, dopo averlo salutato come meritava appena pochi mesi fa, rieccolo. È bastato uno sguardo (‘la Rai è la mia patria…’ o giù di lì), e un sorriso (‘la Rai non può fare a meno di quest’uomo che ne ha disegnato la storia…’, così, più o meno, Cattaneo) e tutto è finito a miliarducci e vino. Beati loro.

Così, per non saper né leggere né scrivere, gli hanno affidato il varietà (Sabato italiano) che su Rai Uno, il sabato sera, dovrebbe spezzare le reni a Gerry Scotti e alla sua formidabile Corrida. Figurati. Da pensare che gliel’abbiano fatto apposta, così impara a guadagnarsi il contratto. È apparso stanco, e ci è dispiaciuto. Invecchiato, e ci ha sorpreso. Con i capelli grigi, e sembrava suo nonno. In tono con il programma, che è triste e scorre a balzelloni con il Pippo ex superstar in evidente imbarazzo. Al punto che sabato scorso, 16 aprile, ha dovuto ricorrere a una sorta di metanarrazione televisiva, diciamo così.

Ha invitato l’ospite d’onore di richiamo: Gianni Morandi. Una novità: uno, come sapete, che in televisione non si vede mai, praticamente. E all’inizio, in un duetto senza fine, ha finto di confessare che, insomma, visto che la trasmissione andava così e così, chiedeva il suo aiuto. Di manfrina in manfrina siamo arrivati dopo un quarto d’ora a quello che era chiaro dopo quindici secondi: il ricordo di quando il sessantenne (ci pare) Gianni si smutandò in diretta su Rai Uno, al sabato sera, per cercare di fare alzare almeno  l’audience. E così, voilà!, anche Pippo si è buttato giù i pantaloni ed è rimasto in boxers. E giarrettiere.

Alla sua età. Speriamo solo che il trend non dilaghi. Tette e culi, pazienza: ci siamo ormai abituati. Ma stinchi improsciuttiti e bianchicci, secchi e disperati: beh, è troppo. Che intervenga la Protezione Civile. E poi quei boxers, larghi e lunghi fino al ginocchio… In confidenza: abbiamo capito Katia. Lasciatecelo dire.


Noterella numero due 

Qualche mese fa ci capitò di dare un’occhiata a Piero Chiambretti e a un suo programma su La7 che si chiamava Chiambretti c’è. Ci dispiacque. E con la sincerità che ci distingue ne parlammo subito.

Apriti cielo. Il Chiambretti, furioso, ci scrisse una letteraccia. Pazienza: ci siamo abituati. Anzi, vi riveliamo un piccolo segreto: in tre anni è capitato una volta sola che qualcuno ci abbia scritto per ringraziarci di una recensione positiva (fu il bravo Pino Strabioli). In compenso non si contano o quasi le rispostacce di chi si sente offeso per i nostri interventi, quasi che l’obbligo del critico fosse quello di parlar bene o zitto. Se fosse così, questa rubrica uscirebbe una volta al trimestre, e il Direttore ci licenzierebbe per inattività. Così va  il mondo.

Ma da Chiambretti non ce lo aspettavamo, lui così spiritoso. Sapevamo che i comici, nella vita reale, sono tristi; ma non che gli umoristi sono permalosi. Così siamo rimasti colpiti da un’intervista a Radio Capital, recentissima, in cui il Piero spara a zero sulla televisione diciamo così concorrente, e che abbiamo letto riferita dalla “Stampa” del 23 aprile, pagina 28 per esser precisi Sentite un po’.

Striscia? un “albergo a ore”. “Se Ricci fosse un professionista attento … dovrebbe chiudere il programma”. Fabio Fazio? “Le sue non sono interviste, sono zerbini…Un Marzullo di Rai Tre”. A parte Bonolis, “gli altri conduttori non si capisce neanche perché lavorino”. Così così Baudo: “lo vedo più come consulente di televisione che come protagonista”. Bene Gerry Scotti, l’unico.

Il bello è che, personalmente, sottoscriveremmo le esternazioni pieresche parola per parola, a parte la cattiveria su Ricci (che ha risposto con scarsa delicatezza, a dire il vero, ragion per cui gli evitiamo la brutta figura e non riferiamo). Ha ragione da vendere. Complimenti. Che voglia toglierci il mestiere?

Ora, però, ci aspettiamo una letterina di scuse. 




Sabato italiano

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