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La passione secondo Chéreau

di Siro Ferrone
  Son frère di Patrice Chéreau
Data di pubblicazione su web 13/02/2003  
La civiltà e la cultura francesi hanno costruito magistrali tele di ragno, tessuti raffinati di parole e immagini, orditi di segni e strutture che hanno contribuito a rendere meglio vivibile la vita quotidiana, a lenire il dolore delle malattie e dei sentimenti, a cancellare il sentimento della morte. Nel grande gioco delle parole e della lingua il cinema e le arti dello spettacolo hanno adoperato indifferentemente la seduzione decorativa o la monumentalità del discorso per illudere e intrattenere.

Patrice Chéreau, già grande regista di seducenti o intelligenti spettacoli, da tempo segue una strada diversa, anche se non sempre sa sottrarsi alla tentazione di una autocontemplazione narcisistica della sua bravura. Con questo film le tentazioni sono tenute a distanza da una rigorosa attenzione, fotografica, ma prima ancora morale e poetica, al reale.

E qui il reale è rappresentato da corpi umani, maschili, nudi e senza maquillage.

La storia di Thomas è un lungo calvario di un giovane a cui è stata diagnosticata una malattia irreversibile del sangue. Non è certo che morirà, di sicuro non guarirà mai, da un momento all'altro la crisi potrebbe scatenare la catastrofe. In questa lunga attesa di morte, lo assiste il fratello, ritrovato dopo una annosa lontananza. Lo seguono anche medici e infermieri seri e attenti, genitori petulanti o isterici, una fidanzata che non resisterà allo strazio prolungato di quel corpo in decomposizione. Resisterà invece, malgrado l'istintiva riluttanza, il fratello, lentamente conquistato dalla necessità di un amore invocato. La scomparsa di Thomas, nelle onde del mare di Bretagna una volta toccato il limite della sopportazione, lascerà il segno indelebile di una passione che avrà fatto riconoscere, al fratello e a noi spettatori, la miseria dimenticata di una condizione umana condivisa.

È un film duro da sopportare, poco adatto alle multilasale dotate di popcorn e coca cola. È l'opera di un regista che non scende a compromessi perché non ne ha bisogno e perché ha già avuto tutto dalla vita dello spettacolo. E allora sfida il ben ordinato e ben vissuto 'discorso' della lingua e dello stile raziocinante per spingere il nostro sguardo e la nostra sensibilità al di sotto dell'illusione.

L'appressamento alla morte di Thomas avviene attraverso le corsie degli ospedali, dove si incontrano giovani morenti e cicatrizzati, visi tumefatti, deliri notturni, corpi in disfacimento, tubi e fleboclisi, garze e siringhe, lenzuola bianche e macchie di sangue. In quel dedalo disperato i corpi sono mostrati nella loro povera nudità, una nudità che riflette il suo pallore cadaverico anche sui corpi nudi di due giovani in amore. E così l'amore carnale della donna di Thomas si spegne in un pianto indifeso, quello omosessuale del fratello di Thomas e del suo amante trascolora lentamente nell'amore fraterno e purissimo di entrambi per il loro simile morente. Operato alla milza, questi, porta sul costato una lunga ferita orizzontale, come quella di Cristo. In un'altra inquadratura il regista mostra il malato come il Cristo supino di Mantegna, secondo una citazione che era stata anche di Pasolini.


Andrea Mantegna, Il Cristo morto, Milano, Pinacoteca di Brera
Andrea Mantegna, Il Cristo morto, Milano, Pinacoteca di Brera
 

Ma non si creda che questa passione così realisticamente analizzata conduca a una consolazione cristiana. L'unica religione che qui pare di leggere è quella, materiale e spirituale insieme, della fraternità umana, basata sulla condivisione fatale della morte.

La macchina da presa pare accarezzare con dolcezza i corpi, ed anche con una profonda malinconia. Qualche volta si compiace - ed è qui che commette da un punto di vista laico ed estetico un peccato almeno veniale - quando indugia nella ripresa in tempo reale della depilazione pre-operatoria del povero Thomas. Qui l'immagine, fino ad allora necessaria e sobria, diventa sottilmente compiaciuta e il corpo, fino ad allora rispettato in maniera sacra, diventa a suo modo un oggetto di spettacolo.

Ma è una caduta che può essere perdonata a un film che sfida l'ottimismo del consumo cinematografico e l'insopportabile spaccio di corpi, culi, tette, silhouettes, fitness, cure dimagranti, liposuzione e televaccate varie che, a Berlino come altrove, quotidianamente inquinano i nostri desideri.


Son frère
cast cast & credits
 
 

 

La Fleur du mal di Claude Chabrol


Patrice Chéreau
Patrice Chéreau



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