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Come i balinesi nei giorni di festa...

di Gherardo Vitali Rosati
  Le Calonarong de Bali
Data di pubblicazione su web 22/04/2005  
Una silenziosa processione di uomini vestiti con lunghe tonache rosse attraversa lentamente la scena e va a sedersi in fila davanti ad una lunga serie di strumenti a percussione a noi sconosciuti: il ritmo dei colpi ci introduce pian piano in quell'atmosfera magico-religiosa che si andrà sempre più innalzando nel corso dello spettacolo.

Se siamo stati debitamente avvertiti, prima dello spegnersi delle luci di sala, che si trattava di uno spettacolo non sacro, ma destinato ad essere visto da un pubblico, è pur vero che il Calonarong, come d'altra parte è detto anche nel programma di sala, non dovrebbe essere rappresentato al di fuori dei templi, e che, aldilà delle sue attuali presentazioni spettacolari, nasce indubbiamente come un rito sacro, il cui forte contenuto narrativo ha come prima funzione quella di allontanare il male e non ha molti collegamenti con l'aspetto ludico. A seguito delle invasioni del turismo di massa è poi avvenuta una rapidissima semplificazione delle antiche forme teatrali e rituali di Bali che si sono andate rapidamente perdendo: da qui è nate l'idea di I Made Djimat, uno dei più grandi artisti  dell'isola, di creare un lungo spettacolo che riproducesse con precisione le più importanti tradizioni balinesi. L'idea è stata accolta dal Festival de l'Imaginaire, che per questo spettacolo ha significativamente trovato la collaborazione del Théatre du Soleil, da sempre ispirato alle forme spettacolari orientali.

La famiglia di Djimat presenta a turno varie danze tradizionali, che non fanno parte del Calonarong, ma che sono state scelte come rappresentative della cultura Indonesiana: dalla nipote dell'artista, fino alla celeberrima e anziana madre (Ni Ketut Cenik), si muovono tutti con la stessa andatura innaturale ed evocativa. Uomini e donne adottano la stessa gestualità delle mani e delle braccia che assumono posizioni sinuose, spesso rigide: vi sono dei lenti movimenti che permettono il passaggio da una posa ad un'altra, ma in molti momenti si ha la sensazione che gli arti superiori dei danzatori siano ingessati, immobilizzati. Neanche i continui movimenti delle gambe hanno, d'altra parte, niente di naturale: le punte dei piedi non sono mai dirette in avanti, ma sempre lateralmente; le gambe poi, sono sempre notevolmene piegate, fino a far sembrare la statura degli artisti quasi dimezzata.

Il ripetesi costante di pose particolari genera una lunga serie di codici che spostano immediamente la lettura dello spettacolo su un piano evocativo: a questo ci aiuta poi, oltre alla musica ripetitiva delle percussioni, anche la stessa cura adottata nella creazione dei costumi. Tutti composti da varie sfumature di rosso e giallo, rimandano immediatamente al mondo del rituale, grazie evidentemente anche alle loro fogge che riportano sempre elementi comuni come i particolari cappelli con un bastoncino di incenso ardente al posto della piuma a cui siamo abituati.

La scenografia non esiste, come pure l'illuminazione: vengono quindi mantenute le situazioni normali del Théatre du Soleil: luci a giorno e palco spoglio, ma questa estrema freddezza limita non poco la magia evocativa della compagnia balinese. Nella seconda parte dello spettacolo si ha il Calonarong: ecco che alla musica si è quindi aggiunta prima la danza, poi il canto, adesso anche la parola e la narrazione. I personaggi diventano adesso assai ben definiti, ma conservano sempre gestualità e costumi delle danze tradizionali. Gli unici eroi che si distinguono dagli altri sono un drago e un mostro, che concluderanno lo spettacolo. Le loro esilaranti performance sono al confine fra il comico e il sacro: così impregnate di una grande solennità, che in certi momenti cede ad aggraziarsi il pubblico con movimenti che interompono la gestualità codificata per divenire assai più immediatamente decifrabili. E così il drago - enorme, con un costume spettacolare, dotato di due teste, con le quattro gambe degli attori che lo sorreggono - appoggia il muso per terra, si gratta il naso con le zampe, cioè con un paio di piedi che spuntano dal costume, si scontra studiatamente con la sua coda…

Dall'estrema sacralità si passa alla fine dello spettacolo a qualche scena inesistente nella tradizione di Bali: come i clown che si rivolgono direttamente al pubblico, in inglese o in francese, conquistando immediatamente il suo consenso. Certo che allora il problema del turismo che rischia di rovinare la tradizione di un popolo non è stato risolto, d'altra parte si tratta di uno spettacolo che veniva capito da una popolazione che viveva in Indonesia secoli fa: è perciò impossibile che il pubblico occidentale di oggi, per quanto debitamente preparato, riesca a guardarlo con occhi che non siano condizionati dalla ricerca dell'esotico.

La visione dello spettacolo è comunque di estrema utilità per avvicinarsi leggermente alla conoscenza di una delle tradizioni dello spettacolo orientale, osservarne le caratteristiche principali, ammirarne la perfezione, riflettere a quanto questa modalità teatrale abbia influenzato e continui a farlo (si pensi all'ultimo spettacolo di Bob Wilson, I La Galigo) le nostre creazioni artistiche occidentali.

 

Le Calonarong de Bali
cast cast & credits
 





Le Calonarong de Bali
Le Calonarong de Bali


Foto:
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