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Sabato triste

di Roberto Fedi
  Immagine tratta da "La grande abbuffata" di Marco Ferreri (1973)
Data di pubblicazione su web 11/04/2005  
È un po’ – se scusate l’irriverenza – come alla fine delle Olimpiadi. La camera inquadra gli studi semivuoti, quasi in smobilitazione. Gli ospiti se ne sono andati tutti. I giornalisti sportivi vi guardano dagli schermi un po’ più stanchi, con qualche ruga in più, con la cravatta storta. E ora che si fa? sembra che dicano. Una tristezza.

Sabato 9 aprile, giornata bigia, così apparivano gli studi dei tiggì di ogni ordine, grado e (l’abbiamo già scritto, ma ci ripetiamo volentieri) decenza. E ora di che si parla, dopo un’indigestione di papa che non si ricordava nella storia? Ah che bello fino a ieri. Tutto era facile: tempo illimitato, che in Tv è il sogno di tutti i logorroici; ospiti come se piovesse; nessun contraddittorio, nessuna obiezione, che è l’orgasmo di tutti i giornalisti della televisione; tutti buoni, tutti commossi, tutti ecumenici. Tutti, giornalisti in testa, a fare a gara a chi la sparava più grossa: sono due milioni… no, tre! … No,  quattro… Era grande! No, era grandissimo…No, un Santo… Tutti a intervistare gente infreddolita, avvolta nelle coperte, a chiedere ‘da dove vieni?’, e a fare a gara a chi trovava la stralunata, o lo stralunato, che veniva da più lontano. Abbiamo visto con i nostri occhi una che si è buttata col microfono in mano quasi addosso a una paio di ragazzotte che avevano un’aria da sudamericane, e che quando si sono rivelate per calabresi sono state piantate lì come intruse. E ora? che si fa?

Effettivamente è difficile, e questi premi Pulitzer de noantri s’hanno da capi’, come direbbero loro. Dopo aver trasformato per dieci giorni gli studi televisivi, pubblici e privati, in altrettante sedi stabili della Radio e della Tv Vaticana, è un bel problema adattarsi al solito tran-tran. Berlusconi non vale un cardinale; Prodi magari sì, con quella faccia, ma volete mettere Tettamanzi? E Fini, mica ‘tira’ come Ratzinger: scherziamo? E l’ultimo sagrestano ha un ‘impatto’, come si dice in Tv, di certo superiore a quello di Follini (chi era costui?). E Sodano sì che ‘buca’ il video, altro che Bondi. E ora? che si fa?

Così, in uno dei telegiornali più tristi che personalmente chi scrive ricordi, sabato 9 aprile alle 8 di mattina, al Tg5, il pur bravo Pamparana sembrava chiedere scusa ai suoi mattinieri ascoltatori: proprio non sapeva come fare a rivelare che, ormai, la festa era finita. Ha fatto vedere piazza San Pietro invasa dai resti (lattine, cochecole, birre, cartacce, panini, rifiuti e chissà cosa altro) dei papaboys, tanto bravini e composti secondo le cronache di regime (un plauso a Pamparana: l’abbiamo detto che è bravo). Ha mostrato interviste a disperati semiassiderati. E poi ha passato, ma quasi scusandosi, immagini sul matrimonio di due poveretti inglesi (ci pare che si chiamino Carlo e Camilla), sulla morte del principe Ranieri e la malattia del marito numero Ics di una delle figlie (e chi se ne frega?), e poi con un sospiro ha mandato tutti a far colazione. Fine della pacchia.

Errata corrige. Non ci scusiamo per niente per l’irriverenza: tanto vi dovevamo. Dalle sbornie, si sa, si riemerge col mal di testa. Quella che ci ha inflitto la Tv, tutta, è stata indecorosa. L’abbiamo già detto e lo ripetiamo: non si può trasformare in blocco i mezzi di comunicazione in altrettante sagrestie, nei portavoce acritici, pigri, amplificatòri, banali della globalizzazione delle emozioni indotte. In dieci giorni di ubriacatura papalina non abbiamo ascoltato, in migliaia di ore di iperboli, neanche una voce appena un po’ distaccata, un po’ seria, un po’ meno smaniosa di dire un aggettivo meno superlativo, meno ‘vespesco’. C’è mancato poco che i cronisti si mettessero a suonare (male) la chitarra con gli insopportabili (anche nel nome) papaboys, improvvisamente elevati al rango di coro gregoriano.

Due eccezioni. La cerimonia dei funerali, grandiosa e trionfante (appunto), salvo che nei commenti televisivi, tutti da oratorio. E un ‘fondo’ di Sergio Romano, un giorno su La7, che pacato ma tagliente ha parlato di luci e ombre. E infine una nota, questa volta assolutamente personale e non televisiva: ma perché i corifei del banale che si chiamano giornalisti Tv non sono andati, tra un papaboy e una papagirl, a intervistare qualcuno delle centinaia di migliaia di moribondi di Aids in Africa, condannati (i bambini in primis: ma quelli non contano) per la solida, infrangibile, totale, assoluta, proprio ‘grande’ posizione di rifiuto dei mezzi di profilassi (leggi: condom) da parte di Giovanni Paolo II detto Il Grande?

Così, tanto per vedere come cantano.





 


 

Michel Piccoli in una scena de
Michel Piccoli in una scena de "La grande abbuffata"


 

 

 





 
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