La forza dell'amore
La pregevole pellicola della regista libanese in concorso al Festival di Venezia sembra aver convinto pubblico e critica guadagnandosi un posto tra i papabili candidati alla vittoria finale. Le cerf-volant è una storia di confine, di amore e libertà negata, lieve e fragile come l'aquilone che si libra in volo scavalcando reticolati e posti di blocco. In un villaggio libanese ai confini con Israele, in cui le famiglie divise si parlano col megafono da dietro il confine recintato, vive una bella ragazza dagli occhi olivastri e luminosi di nome Lamia. il giovane soldato druso in servizio al posto di guardia può ignorare la bellezza malinconica di Lamia.
L'esistenza della ragazza non è soltanto segnata dal minaccioso confine imposto dai soldati e dal filo spinato. C'è un altro confine da varcare, quello impalpabile e doloroso del passaggio dall'adolescenza alla vita adulta, viaggio inevitabile in cui bisognerà sconfessare le illusioni dell'infanzia come prezzo d'ingresso per essere ammessi nella società degli adulti. Un matrimonio combinato dai genitori con un cugino che è un perfetto estraneo rappresenta una violenza intollerabile per una ragazzina adolescente che si stupisce ancora della vita. E poi il suo cuore batte per il giovane soldato che tutti i giorni la osserva da dietro le lenti complici del cannocchiale. Il loro è un amore candido, fatto di sguardi fugaci e distanze incolmabili. Nella logica spiccia delle famiglie, il matrimonio coatto col cugino è forse l'unico modo per riscattarsi dalla miseria dell'esistenza. In Israele la attende un futuro migliore. Così attraversare quel confine significa oltrepassare la terra di nessuno, la regione senza nome al di là della quale ci si accorge di aver perso irrimediabilmente lungo il cammino l'innocenza dell'infanzia.
I giorni che precedono la partenza sono adombrati d'inquietudine, e l'apparente rassegnazione della ragazza, dissimula la paura di diventare una donna. Le notti che la separano dal giorno del matrimonio sono interminabili, salutare forse per sempre la famiglia, fratelli e compagni,e con loro abbandonare per sempre l'adolescenza.Varcare il confine in abito bianco stando attente a non fare impigliare lo strascico nel filo spinato non è certo il sogno di ogni giovane ragazza. Ad attenderla, oltre il confine, c'è un ragazzo silenzioso e comprensivo ma l'amore non può sbocciare nel deserto e lui sembra averlo capito da subito. La vita oltre cortina è insostenibile. Sopraffatta dalla nostalgia la giovane donna sogna di tornare al suo mondo. Riattraversare il confine? Forse c'è un modo.
La regista libanese gira un film delicato, intensamente poetico e aggraziato. Il tocco è lieve e ombreggiato di lirismo e la virata nel fantastico dell'epilogo consegna all'indefinito ogni interpretazione. La sequenza finale, con la sua deriva onirica e liberatoria, è un canto alla forza incorporea dell'amore che riesce ad attraversare il muro dell'odio librandosi in alto, più in alto dell'aquilone, che giace inerte tra le mine come un uccello ferito.
L'esistenza della ragazza non è soltanto segnata dal minaccioso confine imposto dai soldati e dal filo spinato. C'è un altro confine da varcare, quello impalpabile e doloroso del passaggio dall'adolescenza alla vita adulta, viaggio inevitabile in cui bisognerà sconfessare le illusioni dell'infanzia come prezzo d'ingresso per essere ammessi nella società degli adulti. Un matrimonio combinato dai genitori con un cugino che è un perfetto estraneo rappresenta una violenza intollerabile per una ragazzina adolescente che si stupisce ancora della vita. E poi il suo cuore batte per il giovane soldato che tutti i giorni la osserva da dietro le lenti complici del cannocchiale. Il loro è un amore candido, fatto di sguardi fugaci e distanze incolmabili. Nella logica spiccia delle famiglie, il matrimonio coatto col cugino è forse l'unico modo per riscattarsi dalla miseria dell'esistenza. In Israele la attende un futuro migliore. Così attraversare quel confine significa oltrepassare la terra di nessuno, la regione senza nome al di là della quale ci si accorge di aver perso irrimediabilmente lungo il cammino l'innocenza dell'infanzia.
I giorni che precedono la partenza sono adombrati d'inquietudine, e l'apparente rassegnazione della ragazza, dissimula la paura di diventare una donna. Le notti che la separano dal giorno del matrimonio sono interminabili, salutare forse per sempre la famiglia, fratelli e compagni,e con loro abbandonare per sempre l'adolescenza.Varcare il confine in abito bianco stando attente a non fare impigliare lo strascico nel filo spinato non è certo il sogno di ogni giovane ragazza. Ad attenderla, oltre il confine, c'è un ragazzo silenzioso e comprensivo ma l'amore non può sbocciare nel deserto e lui sembra averlo capito da subito. La vita oltre cortina è insostenibile. Sopraffatta dalla nostalgia la giovane donna sogna di tornare al suo mondo. Riattraversare il confine? Forse c'è un modo.
La regista libanese gira un film delicato, intensamente poetico e aggraziato. Il tocco è lieve e ombreggiato di lirismo e la virata nel fantastico dell'epilogo consegna all'indefinito ogni interpretazione. La sequenza finale, con la sua deriva onirica e liberatoria, è un canto alla forza incorporea dell'amore che riesce ad attraversare il muro dell'odio librandosi in alto, più in alto dell'aquilone, che giace inerte tra le mine come un uccello ferito.
Cast & credits
Titolo
Le cerf-volant |
|
Origine
Libano/Francia |
|
Anno
2003 |
|
Durata
80 min. |
|
Formato
35 mm (1:1,85) |
|
Colore | |
Regia
Randa Chahal Sabbag |
|
Interpreti
Flavia Bechara Maher Bsaibes Ziad Rahabani |
|
Produttori
Humbert Balsan |
|
Produzione
Ognon Pictures Ulysse Productions |
|
Distribuzione
Soread 2M |
|
Scenografia
Sylvain Chauvelot |
|
Costumi
Claudia Bahls, Jamyang Choden |
|
Sceneggiatura
Randa Chahal Sabbag |
|
Montaggio
Marie-Pierre Renaud |
|
Fotografia
Alain Levent |
|
Suono
Xavier Bonneyrat, Jérôme Ayasse, Fawzi Tabet |
|
Musiche
Ziad Rahbani |
|
Note
Coproduzione: Leil Productions, Gimages Films, Arte France Cinema, Soread 2M |