Un uomo anziano, molto malato e sofferente si affaccia a una finestra. A malapena sta in piedi. Il volto è scavato e catatonico. Muove con grande sforzo un braccio. Una mano spietata gli pone di fronte lasta pieghevole di un microfono. Lui cerca di parlare. Ansima. Esce un rantolo, roco, lungo, profondo. Terribile. La mano si alza ancora a stento. Fine.
La macchina da presa allarga la panoramica. Sotto, migliaia di persone. A guardare. A fotografare. A emozionarsi. Loro. A registrare sulle macchinette e sui cellulari hi-tech. Poi diranno ‘io cero.
Tutto questo abbiamo visto nei telegiornali il giorno di Pasqua, senza pietà da parte di nessuno: né dei giornalisti, né dei direttori dei telegiornali, né tantomeno degli interessati in Vaticano.
A noi è sembrato un tremendo brano di Medioevo. In un bellissimo libro, un piccolo classico nel suo genere (Storia della morte in Occidente dal Medioevo ai giorni nostri), un grande storico francese, Philippe Ariès, raccontava il rito medioevale della cosiddetta ‘buona morte, in pubblico, come instrumentum regni, a scopi politici di monito e di ammaestramento del popolo. Si pensava che tutto questo fosse solo un reperto di tempi duri e senza pietas.
Ci eravamo sbagliati.
Buona Pasqua.
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Particolare di piazza San Pietro il giorno di Pasqua
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