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La crudeltà della tragedia

di Gherardo Vitali Rosati
  Valérie Dréville in ''Médée Materiau''
Data di pubblicazione su web 23/03/2005  

Su un piccolo schermo al centro del palco scorrono ancora gli ultimi versi del testo di Müller – proiettato per intero prima dell’inizio della rappresentazione – quando si odono i tacchi di Valérie Dréville che entra risolutamente in scena, si siede a gambe aperte su una sedia di legno dalla quale non si staccherà mai e inizia a fumare una sigaretta con fare sprezzante. Il suo atteggiamento esasperatamente maschile si trasformerà a breve in modi bestiali che muteranno la sua dolce voce in ruggiti emessi per tutta la durata dello spettacolo.

Interessati all'inizio dal gioco vocale inventato rimaniamo subito urtati dal fiume di grugniti che ci colpiscono senza più alcun collegamento con quei versi eleganti che avevamo letto pochi minuti prima. Il mare che scorre sullo schermo risulta tremendamente monotono e così - Medea incollata alla sua sedia come una condannata a morte - niente concorrerà a lenire l'insopportabile sgradevolezza della situazione.

I personaggi di Giasone e della Nutrice, che nel testo di Müller scambiano poche battute con Medea, divengono parte di lei che si limita a leggere le frasi dai fogli del copione, come se si trattasse di una lettera o di un ricordo. Effettivamente l'eroina è sola, già abbandonata dal conquistatore del Vello d'Oro, ed affronta un lungo processo che la porta a distruggere ogni parte del suo passato: compresi i figli e il marito. A Giasone, che la invoca per nome, Medea non risponde che con una lapidaria battuta che conclude la pièce: ''Nutrice, chi è quest’uomo?''.

Il percorso che porterà la protagonista alla salvezza deve passare attraverso la distruzione totale, inclusa la sua mascolinità, rappresentata da un enorme simbolo fallico legato al ventre che però sarà distrutto. Saranno poi distrutti la sua veste e i pupazzetti che rappresentano i suoi due figli: tutto andrà progressivamente ad attizzare il fuoco acceso in una bacinella posta ai piedi del seggiolone di Medea.

Tutta la forza della tragedia arriva sicuramente a colpire dopo un tale spettacolo; scardinata già nel testo di Müller dal suo contesto greco, Medea diventa immediatamente una donna del nostro tempo, le sue azioni sono precise e chiare, non ci sono più dolci versi a nascondere il suo dolore.

La straordinaria Valérie Dréville (che con la regia di Vassiliev rappresentò nel ’92 Il Ballo in Maschera di Lermontov alla Comédie Française) si trasforma letteralmente nell'animalesco personaggio che interpreta: i suoi pochi gesti seppure di una violenza inaudita, sono perfettamente studiati, come nelle arti marziali, la sua voce si modula dalla più sgraziata rozzezza ad una dolcezza disarmante (raggiunta solo alla fine), senza che lo spettatore abbia il tempo di accorgersi del gioco.

Alla grandezza dell'interprete fa dunque riscontro la potenza delle azioni scelte: ciò che resta più problematico è la voce, che trasformandosi in puro suono diventa un mero strumento al servizio del gioco linguistico. Finché non è accompagnata dalle azioni se ne sente fortemente la mancanza, quando poi queste arrivano le parole risultano superflue: l'interessante invenzione non è accompagnata da un adeguato sviluppo, la metodologia scelta distrugge il valore del testo ricoprendolo di una patina uniforme che ne riduce notevolmente la straordinaria potenza.

Médée Materiau
cast cast & credits
 

L'intervista a Maddalena Crippa, interprete del personaggio di Medea per il regista Peter Stein 


 

Valérie Dréville
Valérie Dréville


 


Anatoli Vassiliev
Anatoli Vassiliev
 

 



 

 
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