Tickets si distende attraverso lo scorrere di un treno, anzi di un Trenitalia, in un unico tragitto che dalla Germania conduce fino a Roma. Al suo interno, come tre vagoni contigui, i tre episodi dei diversi registi si susseguono senza una precisa soluzione di continuità, trovando nellintreccio delle storie dei personaggi il principale elemento di coesione narrativa.
Carlo Delle Piane
Ad aprire è Olmi, il cui sguardo si posa su un anziano professore di farmacia (Carlo Delle Piane). Olmi racconta un incontro mancato, un desiderio andato perduto insieme ai ricordi e a quello che non si è mai avuto il coraggio di dire. Fra il susseguirsi e lo slittare da una scena presente ad un ricordo passato trasfigurato dal desiderio, veniamo proiettati nel mondo rarefatto di sensazioni che afferrano il protagonista e lo fanno vacillare. Lamore per unassistente (Valeria Bruni Tedeschi) coglie inaspettatamente il protagonista, e tale sentimento si confonde in lui con quello provato in adolescenza per una fanciulla mai conosciuta: ed è un trasalimento del cuore, un fremito che riverbera nelle parole delluomo, come nelle silenziose immagini di momenti solo sognati. Infine risvegliato dalle sue fantasticherie troverà il coraggio di fare ciò che lumanità ridicola e diffidente di viaggiatori non sembra più capace di compiere: intervenire sulla realtà, riparare al danno di un soldato che nella sua malcelata freddezza ha versato il latte ad un bambino affamato, la cui storia, insieme con quella di tutta la sua famiglia di profughi in viaggio verso lincontro col padre, seguirà lintreccio delle tre storie.
Una carrellata su un donna grassa e affannata (Silvana De Santis) che cerca di salire sul treno preceduta da un giovane (Filippo Trojano) carico di bagagli, apre lepisodio di Kiarostami. Dopo un piccolo attimo di suspense, quando ancora i rapporti fra i personaggi non sono chiari allo spettatore, capiamo che il ragazzo accompagna la donna poiché sta svolgendo il servizio civile. I personaggi dei film di Kiarostami li incontriamo spesso dialogare su una macchina in viaggio; qui, come ha dichiarato simpaticamente il regista, poiché il numero dei personaggi era troppo grande per un'auto, sono stati stipati nel vagone di un treno. Il regista iraniano ha certo fatto tesoro per la sua cinematografia della lezione di Viaggio in Italia di Rossellini ('53), il quale, come ebbe a dire Godard, “dimostrò che per far cinema bastavano due attori in unauto e una macchina da presa”.
Silvana De Santis, Filippo Trojano
Le qualità migliori dei film di Kiarostami sono i momenti in cui la narrazione si allenta, si ‘squama, e locchio del regista si concentra su oggetti marginali, un campo di grano (che chiama alla memoria il paesaggio iraniano, anzi ne sembra una citazione), lo sguardo di una ragazza quattordicenne. Il film mostra ancora una volta la capacità del regista di dirigere i bambini: Kiarostami non forza mai la loro recitazione, li segue e asseconda, sembra ‘appendersi al loro guardare. Il protagonista di questa piccola storia è Filippo (Trojano), un uomo che oscilla fra due donne opposte nei modi e nellaspetto e che alla fine, cercando di scappare dalla matrona, si allontanerà da entrambe. Curioso notare come la sua scomparsa coincida con lapparizione di unaltra donna ancora diversa, vestita di rosso, misteriosa e seducente, di cui non sapremo niente.
Lontano dallIran, Kiarostami sembra tuttavia perdere quelluniversalità che ne caratterizza il linguaggio espressivo. Inoltre il suo episodio appare troppo legato al bisogno, insolito per il regista, di seguire la narrazione, lasciando poco spazio a quel divagare dello sguardo che siamo soliti ammirare nei suoi film.
I tre tifosi del Celtic
Lepisodio di Loach entra con uno stacco diretto su una porta che si chiude (quale esempio più classico di nascondimento del montaggio) e si respira fin da subito unaltra aria: qui i sentimenti si fanno strada, la partecipazione alla storia diviene parte fondamentale del modo di raccontare. Tre giovani tifosi sono in viaggio per raggiungere la partita Roma-Glasgow Celtic. Il loro viaggio prosegue scanzonato fino a quando non incontrano i personaggi delle storie precedenti, la famiglia di immigrati poveri, che ruberà loro il biglietto del treno: ciò nonostante commossi dal racconto della madre preferiranno farsi arrestare al fine di aiutarli. In un crescendo di retorica, arrivati alla stazione, mentre la famiglia riabbraccia il padre, riusciranno a scappare dalla polizia aiutati dalla complicità dei tifosi romanisti, al grido del motto del Celtic: “famosi in tutto il mondo per loro spirito amichevole”.
Se non sarà per questopera che i tre registi saranno ricordati, resta da dire che rispetto ad altre collaborazioni ordite dalla Fandango di Domenico Procacci (vedi il recente Eros) almeno il film presenta il tentativo di una seppur minima interazione stilistica e narrativa. Certo in Tickets nessuno dei tre sembra più a proprio agio con il mediometraggio, cadendo in incertezze narrative abbastanza inconsuete. Ma alla fine, se usciti dal cinema si ha ancora voglia di sapere se il professore darà forma e corpo ai suoi sogni o quali eventi attenderanno Filippo sceso alla stazione di Chiusi, qualcosa questo film deve pur aver messo in moto.
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