drammaturgia.it
Home | Cinema | Teatro | Opera e concerti | Danza | Mostre | Varia | Televisioni | Libri | Riviste
Punto sul vivo | Segnal@zioni | Saggi | Profili-interviste | Link | Contatti
cerca in vai

Andate a quel paese

di Roberto Fedi
  Dante, Inferno, Gli Ipocriti (c. XXIII, illustrazione di G. Dorè)
Data di pubblicazione su web 10/03/2005  
Qualcuno dirà che non siamo mai contenti. Può essere vero. Ma anche i più scettici dei nostri piccoli lettori (che è una citazione da Pinocchio, com’è noto: in realtà sono circa un milione e mezzo al mese) dovranno ammettere che, fra tutte le testate che di televisione si occupano in tutto o in parte, la nostra ha il merito del non conformismo. Ed è appunto  una nota non conformista che stanno per leggere, sotto questo titolo ben poco ‘buonista’.

Stiamo per chiosare rapidamente il 55° festival di Sanremo: quello di Bonolis, per intendersi, che ha battuto gli ascolti (negli ultimi anni depressi) e ha sollevato plausi dappertutto.

Non ci occupiamo qui dell’abilità bonolisiana, nota. Bensì del tono che gli autori, e lui in primis, hanno voluto dare a questa fiera delle vanità e dello stupidario nazionale. Attenzione, distratto lettore (ammesso che i nostri lo siano): non usiamo l’aggettivo ‘nazionalpopolare’, che in questi casi si è sprecato, perché non ha il senso che di solito chi lo usa gli dà. È un attributo che deriva da Gramsci, e se non altro per il rispetto storico andrebbe usato con parsimonia. Ma si sa: la specialità degli ‘opinionisti’, in qualsiasi campo televisivo, è principalmente quella di avere opinioni banali.

Ci riferiamo all’atteggiamento contrito, compreso, serioso, e naturalmente genericamente populista e buonista che le Cinque Giornate di Sanremo (ormai più celebri di quelle di Milano) hanno avuto in ogni momento della loro noiosa storiellona – salvo che quando c’erano canzonacce, cantantacci, scemenze, cattivo gusto e tette al vento: cioè nel 99 per cento del tempo. Storiellona che si è intersecata, nel suo svolgersi,  con alcuni momenti drammatici, come sappiamo. Che si è aperta con la commemorazione in diretta (o quasi: sembra che Bonolis abbia ritardato l’annuncio per metterlo in un momento televisivamente più adatto) della morte di Alberto Castagna, con grande commozione d’obbligo – fra una canzonetta e l’altra e una sculettata e l’altra. Era un grande uomo di spettacolo, che andava ricordato (così gli autori e Bonolis). Peccato che quel giorno ci avesse lasciato anche Corrado Pani, attore serio e bravo. Dimenticato, ovviamente: chi se ne frega del teatro. A dirla tutta, mi pare un onore: averlo ricordato fra quelle stupidaggini sarebbe stato un insulto.

Ma c’è stato di peggio. Ed è stato il voler verniciare la stupidità, insomma la frivolezza della cosa (Sanremo è questo, comunque lo si guardi: e in sé non ci sarebbe neanche nulla di male), di serietà e di compunzione politicamente corretta.

Così la “vita” e i suoi drammi sono entrati a Sanremo. I bambini e la fame nel mondo (eh, come ‘tirano’ i bambini non c’è niente), a cui è stato dedicato più d’un siparietto e raccolte di fondi; banalità d’autore sul “senso della vita” (abbiamo così ascoltato Erri De Luca, scrittore dal passato turbolento e dal presente mistico, che con rughe e maglioncino da profeta ha letto c. sfuse – pardon – sulla vita, fra una tetta della Clerici e una dichiarazione pensosa di Ambra); faccine d’occasione del Bonolis che è capace di trasmutarsi in un attimo dalla battutaccia romanesca alla solidarietà per i morti in guerra; pensierini della sera sui caduti in Iraq affidati agli ‘opinionisti’ delle canzonette sul palco. Tutti contenti, o tutti buoni e seriamente compresi nella loro funzione di maestri del pensiero per una nazione che è, ormai, sanremescamente unita. Finalmente.

Così Sanremo è ormai divenuto l’occhio privilegiato attraverso cui interpretare il comune sentire della nazione. Malattia contagiosa. Al punto che il Tg Tre (e ti pareva) ha mandato un’inviata a interrogare i cantanti (pardon: gli “artisti”) sul loro pensiero a proposito di Giuliana Sgrena e la morte dell’ufficiale del Sismi. “Stasera canterò con più rabbia”, ha risposto una delle “artiste”, e questa eletta opinione è passata al Tiggì come un pensiero di Leopardi.

Il giorno dopo la fine delle Cinque Giornate, anche la Venier (Domenica In) ha rivelato compunta e compresa di aver parlato a lungo con la Sgrena (che in questi giorni evidentemente tra interviste e paginate scritte sul Manifesto non deve avere un momento libero: o non è ferita e “sconvolta”? boh), che le ha detto non si sa cosa. E quindi in questo paese profondi pensatori come Bonolis, la Venier, in scelti luoghi del pensiero come Sanremo o Domenica In, si sono presi – da veri ‘maestri del pensiero’ – il fardello di interpretare, con le loro faccine, l’anima profonda dell’opinione pubblica, i sentimenti diffusi dei cittadini, il pensiero filosofico o sociale che noi, poveretti senza una guida, non sappiamo esprimere. E Sanremo, tanto buono e aperto al sociale, è diventato tra il plauso universale lo specchio, anzi il cuore e il cervello del Paese.

Ma che vadano a quel paese.    









... e la virtù
... e la virtù


 











 
 

Bambini del Darfur
Bambini del Darfur



 
Firenze University Press
tel. (+39) 055 2757700 - fax (+39) 055 2757712
Via Cittadella 7 - 50144 Firenze

web:  http://www.fupress.com
email:info@fupress.com
© Firenze University Press 2013