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Viva Tyson!

di Roberto Fedi
  Totò, Orson Welles, e Viviane Romance in "L'uomo la bestia e la virtù" di Steno, 1953
Data di pubblicazione su web 04/03/2005  

Chi ha avuto la fortuna di accendere la televisione mercoledì sera, verso le 22 su Rai Uno, sa di cosa stiamo parlando. Chi non l’avesse avuta, e magari si fosse addormentato davanti allo schermo, non sa cosa si è perso. Per questi ultimi ne diamo compiuta cronaca.

Dunque. Erano circa le 22, come abbiamo detto (per la precisione e a futura memoria: le 22 e 22) e da Sanremo arrivava la solita noia. Canzonette tristi senza misericordia. Vallette o assimilabili stravestite o straignude. Musiche che si dimenticano mentre addirittura si sentono (tra parentesi: ma come fanno i cantanti a ricordarsele? la vera professionalità è quella, altro che storie). Applausi di un pubblico così vero che sembra finto – o così finto che sembra vero, per Sanremo è lo stesso. Nel mezzo, Bonolis che sembra sempre che stia dando un pacco a qualcuno, talmente becero che sembra elegante – o talmente elegante da sembrare becero (in televisione funziona così).

Insomma, la solita minestra. Né era valso a riscaldarla il povero Castagna, che si era addirittura immolato il giorno prima per l’ex patria Rai, permettendo al Bonolis di annunziarne in diretta la dipartita – cosa che, cattivo gusto a parte, a qualcuno sarà anche sembrata un’indebita appropriazione da parte della Rai di mercanzia Mediaset.

Paolo Bonolis e Mike Tyson
Paolo Bonolis e Mike Tyson

A quel punto, l’Evento. Erano, appunto, le 22 e 22. Preceduto da polemicucce di servizio (vederlo fa male ai bambini eccetera: più che altro, come si vedrà, fa bene alle bambine) è stato annunziato Mike Tyson. Pubblico plaudente, e tutti notano e anche noi da casa che un brivido percorre la sala. Perché non è entrato un uomo, sia pure nero: è entrata la Bestia.

‘Bestia, che bestia!’, sembra che abbia sussurrato Bonolis, che al cospetto del Cattivo è diventato piccolo e bianco. E anche le vallette, visibilmente, si sono scosse, come tante Belline al cospetto del Bestione. Il quale è entrato come se fosse su un ring: imponente, ghignante, torvo, le narici dilatate. Muovendosi come una pantera (nera) si è avvicinato al piccolo & bianco, che lo ha salutato con malcelato sussiego e in realtà imbarazzo: ‘Hi, Mr Tyson, nice to meet you…’.

Che ci crediate o no (mi riferisco a quelli che si erano assopiti), è scattato l’inferno. Erano, per la Storia dei movimenti di liberazione neri, le 22 e 23, o’ clock. La Bestia, sentendosi così arringare da un omino in ghingheri e il nasino a punta, chissà perché ha perso la trebisonda. Diciamo per essere precisi che si è imbestialito. Ha pensato, si dice ora da parte dei soliti informati, che l’omino volesse rifilargli un pacco. Sia come sia, in un amen lo ha raggiunto, raggiante, e senza dire neanche permesso con un morso solo gli ha staccato di netto due orecchi: un miracolo di abilità ferina, un colpo da maestro. Mentre l’omino diceva “ammàzzate-aoh!” e cominciava a piangere chiamando in aiuto Pippo Baudo, l’Omaccio Nero si guardava intorno. Il pubblico era come sospeso, a bocca aperta e senza fiatare.

È stato allora che la Bestia, ormai assetata di sangue e soprattutto affamata di ciccia (parola di Bonolis, che così la sera prima sembra avesse definito la Clerici), si è lanciato verso le vallette come se vedesse rosso. Abile come un demonio ha cuccato la suddetta Ciccia, e sempre in un amen (come sopra) se l’è ‘accaprettata’ lì sul palco seduta stante (veramente non proprio seduta, ma stante sì). A quel punto l’orchestra, credendo di far bene, si è messa a strombazzare all’impazzata la colonna sonora di Rocky. Tatatatà tà, tatatatà tà, tatatatà tà tatatatà…!

Tre o quattro battute, e la Ciccia era bell’e cotta. Gridando (sembra) come una gatta “e io…?”, la Felini (si chiama così, non è stata battezzata da Bonolis) se ne stava intanto immobile a un par di metri, godendosi (pardon: subendo) lo scempio. Senza neanche dire sorry, il Black Bestio l’ha agguantata, e di fronte a un pubblico ormai ammirato se l’è pappata senza che neanche dicesse ‘miao’. “C’era una volta una gatta…”, ha intonato blandamente l’orchestra, accondiscendente. Dalla platea s’è levata una voce: “e Gigi D’Alessio no?”.

Mentre l’Omino bianco raspava in terra cercando le sue orecchie, la Felini era rimasta a bocca aperta e la Clerici pardon la Ciccia straparlava di forno, di salami, cetrioli, di cazzimperio e culatelli. L’Omo Nero, come King Kong, si è allora arrampicato sulla piccionaia del teatro, dove purtroppo è stato abbattuto dalle raffiche di numerosi elicotteri arrivati direttamente dall’Iraq.

È stato a quel punto che ci siamo svegliati. L’Omino aveva sempre le sue orecchie. Accidenti. Mai una volta che ci riesca di vedere Sanremo sul serio.




55° Festival di Sanremo

cast cast & credits
 

Paolo Bonolis (l'uomo)
Paolo Bonolis (l'uomo)

 



 

Mike Tyson (la bestia)
Mike Tyson (la bestia)
 
 
 
 
 
 
 
 
Federica Felini (la virtù)
Federica Felini (la virtù)



 

 
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