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L'Arte della Guerra (5 e ultimo)

di Roberto Fedi
  Baghdad, aprile 2003
Data di pubblicazione su web 10/04/2003  
Tra le tante cose per cui ci fa piacere che la guerra sia finita, o almeno stia per finire, c'è anche il fatto che non ne potevamo più delle corrispondenze dal fronte. Lo sappiano benissimo che è un ragionamento impopolare: anzi, come disse l'elegantissimo Rossella (direttore di "Panorama") intervistato dall'accorato Emilio Fede (direttore del Tg4), un discorso da "imbecilli" (testuale). E allora spieghiamo perché, a costo di sembrare imbecilli, a noi quelle corrispondenze non piacevano affatto.

Cominciamo con le eccezioni. In genere La7: l'abbiamo già detto e lo ripetiamo. Le corrispondenze erano di solito precise, basate sui fatti, e mandate da gente che non si vergognava a commentare la Cnn. Vivaddìo. Altra eccezione: Toni Capuozzo, di Canale5. È bravo - lo sapevamo già da altre sue esperienze - e non ha paura di fare il cronista, cioè di spiegare le cose che vede o che ha visto. Altra eccezione: Magdi Allam, inviato di "Repubblica" e in video per La7. Il più bravo: preciso, esauriente, non esibizionista. Tra l'altro arabo, quindi capace di capire.

Possiamo anche essercene dimenticato qualcuno. Quindi evitiamo di fare altri nomi, e passiamo alla Rai. Che come sanno i nostri lettori a noi sta a cuore. Se non altro perché, in un modo o in un altro, è nostra.

Qui vengono le note dolenti. Per giorni gli inviati Rai hanno dato un'informazione battente, ma molto più da 'commento' ai fatti che da veri e propri cronisti. Inalberando vestitini e foulards da servizio di moda, Lilli Gruber (secondo noi il caso più irritante, ma possiamo sbagliarci per difetto) ci ha ammannito i suoi pistolotti non per spiegarci cosa stava accadendo, ma per farci capire il suo punto di vista 'live from Baghdad'. Naturalmente seguendo gli umori italiani del momento: al punto che, caduta Baghdad, in una serata triste da Vespa (mercoledì 9 aprile) si è messa a discutere in diretta con gli ospiti (politici e compagnia di giro) sul dopo-Saddam, come se stesse a lei discutere le decisioni dell'Onu o le posizioni delle parti in causa. Ha fatto scuola, almeno per il foulard: lo sappiamo benissimo che nei paesi arabi le donne è bene che lo abbiano a portata di mano per coprirsi, ma anche esibirlo vistosamente al collo come, mentre scriviamo, sta facendo in diretta per il Tg5 Gabriella Simoni (un foulard celeste che sembra un lenzuolo) è ridicolo.

In genere, ci è sembrato che le corrispondenze seguissero il copione italiesco: come quando si intervistano a Roma i passanti per strada, e di solito ci si uniforma alla 'media di pensiero' del momento. Così - possiamo sbagliarci, ma non crediamo - dall'Iraq sono arrivate per giorni e giorni corrispondenze diciamo così 'umanitarie', salvo virare di bordo una volta che, con una rapidità che ci ha sbalordito tutti, il regime di Saddam, la potente (?) guardia repubblicana e tutto il resto sono spariti come neve al sole. Allora il tono è cambiato, con servizi quasi eccitati.

Ci viene il sospetto che, almeno in Italia, tutti siamo rimasti di stucco per la precipitosa caduta iracheena proprio perché ci fidavamo troppo delle notizie che arrivavano per telefono satellitare da quel paese: che parlavano di enormi difficoltà, di resistenza tremenda, del pericolo di un nuovo Vietnam, e altre informazioni evidentemente piuttosto discutibili. È un fatto su cui meditare, almeno da parte di chi si occupa di comunicazioni di massa. Ma da dove prendevano le notizie i nostri corrispondenti di guerra? Dove stavano? Con chi parlavano?

Vittorio Feltri, che avrà tanti difetti ma il giornalista lo sa fare, ha ammesso alla radio, mercoledì 9 aprile, che lui in Iraq o vicinanze non ha mandato nessuno. Non sarebbe servito a niente, ha detto: i corrispondenti oggi hanno solo una visione parzialissima, ne sanno meno di noi che guardiamo la televisione. Aveva ragione. Infatti, con decine di persone da quelle parti, collegate in tutti i modi e sempre pronte a discettare su tutto, siamo rimasti di stucco quando abbiamo sentito che la guerra era finita. Meno male, ovviamente. Ma non potevano dircelo prima?

 





 
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