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Ribollite & Ribolliti

di Roberto Fedi
  La prova del cuoco
Data di pubblicazione su web 16/04/2003  
A noi Antonella Clerici è simpatica. Dopo questa dichiarazione impegnativa, e che potrà stupire non poco, spieghiamo perché.

Intanto, perché non esagera con il sex appeal. Si vede che ci tiene, naturalmente, ma si capisce anche benissimo che non le deve dispiacere poi troppo cedere alla buona tavola, o che almeno non impazzisce con la linea: il che ce la rende piacevole a vedersi, e vivaddìo normale. In mezzo a un panorama televisivo di bellone, stangone, palestrate, strizzate in abitini quasi imbarazzanti, oppure in mutande, arrampicate su tacchi da vertigine per sembrare più alte, capaci solo di sorridere alla camera e dire magari "fantastico", "meraviglioso", "incredibile", e di mettersi sempre con l'inquadratura giusta, la Clerici si muove con una certa scioltezza, non è petulante (quasi mai), non è incapace di parlare anche improvvisando e, se le capita qualche gaffe, ci ride sopra. Insomma, sa stare davanti alla camera. Ed è anche bella, si capisce.

Poi è stata brava a riciclarsi. Cominciò con lo sport, e lo sapeva fare anche bene: paragonata alle fanciulline in fiore che si intravedono ormai in tutte le trasmissioni sportive, sarebbe da nomina all'Accademia dei Lincei. Sapeva di cosa parlava. Quando la smise con lo sport, approdò dopo un po' ai programmi della mattina, che sono sempre i più difficili perché si fa presto a cadere nella palude del nulla, delle casalinghe, delle telefonate "come ti chiami? da dove telefoni? vuoi un aiutino?", e dei carrozzoni di provincia fra una televendita di pentole e una di materassi.

Qui ha trovato una sua trasmissione che, piano piano, è diventata gradevole e qualche volta anche spiritosa. È simpatico anche il titolo: La prova del cuoco, su Raiuno alle 12. Che è una 'fascia' oraria da suicidio, perché si corre il rischio, come dicevamo, di sparire fra chi sta a casa e comincia ad abbrutirsi sui fornelli, e chi non ha niente da fare e non ne può più di guardare la televisione. Infatti sulle altre Reti ci sono o i caravanserragli invedibili coi giochini e un po' di dolore che fa tanta audience, o qualche serial di serie C, o l'imitazione scadente di un tribunale finto, o qualche servizio di attualità che non vede praticamente nessuno. In sintesi: una collocazione micidiale.

La Clerici si muove tra i fornelli con una certa simpatica disinvoltura, senza cadere nella tentazione da parvenu di pensare che la cucina sia ormai elevata ad arte, sia un 'must', sia un segno culturale più forte della suddetta Accademia dei Lincei. Cosa che ci riconcilia col fritto, il soffritto e il ragù: personalmente (ma possiamo anche sbagliarci) i cultori esclusivi dell'Alta Cucina Da Intellettuali Mancati E Spesso Analfabeti ci sembrano insopportabili (quelli, per intenderci, che hanno scoperto che è più facile impararsi i nomi di tre o quattro ristoranti alla moda, e di un po' di vini DOC, che leggersi Proust o andare a teatro a vedere Ronconi).

È compagno della Clerici, in tv, tale Beppe Bigazzi, apparso dal nulla tempo fa e poi stabilmente in organico. È costui un fiorentino (ovvìa!), anche se dimorato a Roma dove ha per tutta la vita svolto un'importante professione di dirigente statale o para. In pensione, gli è venut' i' ruzzo della 'ucina (ovvìa!). Poho male se stesse a casa sua: ma gli è dimolto meglio alla Rai (ovvìa!). Dove si diverte, vestito come un gentleman farmer di ritorno dalla caccia, a parlare di 'ucina po'era, d'olio bòno, e di 'ose genuine. Praticamente, la caricatura del mi' nonno.

Non sempre. Il 14 aprile, per esempio, i' BBigazzi 'un c'era perché indisposto. Ci dispiace per lui, si capisce: ma la trasmissione è andata via liscia come l'olio (extravergine, ci mancherebbe). Vogliamo dirla tutta? anche i cuochi ci sembravano più bravi, meno annoiati, più imbaldanziti. Hanno cucinato lì per lì piattini da leccarsi i baffi. La Clerici saltava qua e là che era un piacere vederla. Nessuno parlava mangiandosi la c e con l'aria di saperla lunga, mentre noi bischeri 'un si sa mangiare. Non che la 'ucina fiorentina 'un sia bòna, per l'amor di Dio. Ma 'un se ne pòl più di verdurine d'i' nonno e di ribollite. E magari, già che ci siamo, neanche del Ribollito



La prova del cuoco

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