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Vae victis

di Roberto Fedi
  La domenica sportiva
Data di pubblicazione su web 07/10/2003  
Si racconta che Brenno, capo dei Galli senoni (chi erano costoro?), dopo aver sconfitto i Romani al fiume Allia e aver saccheggiato la città, così rispose a chi protestava per l'onerosità dei tributi imposti. Guai ai vinti!: che non è, diciamolo, una risposta carina. Ma si sa: quello era un Gallo, quindi un barbaro (almeno dal punto di vista dei Romani), e si era pure nel 390 avanti Cristo, mica nel 2003.

Il ricordo di scuola ci è venuto spontaneo quando abbiamo visto, domenica 5 ottobre, la nuova versione della Domenica sportiva (Raidue, ore 22.35), che sarebbe il salotto buono del calcio domenicale: giornalisti a gò-gò, dibattiti, servizi filmati, discussione, approfondimento, e Giampiero Galeazzi. Che troneggia nel mezzo dello studio, improvvisamente piccolo, e a dirla tutta non si sa bene cosa ci stia a fare. Franco Lauro, il nuovo conduttore, cinguetta infatti quasi scusandosi e girando qua e là, perché ha capito che, se si mette accanto al Galeazzone, sparisce.

Ma non è questo il punto. Che invece è arrivato alla fine della partita (il derby, come suol dirsi) fra Milan e Inter del 5 ottobre, vinta dal Milan per 3 a uno, come è a tutti noto - visto che Tv, radio, giornali per tre giorni non ci hanno parlato d'altro, come se si trattasse della Guerra del Golfo.

Dopo la quale partita, com'è obbligatorio negli stupidi riti televisivi, ecco i due allenatori in diretta, per le interviste. Ora, come sa chi abbia visto anche solo una volta e per sbaglio queste tristezze giornalistiche, l'intervista al personaggio del calcio (giocatore, allenatore, presidente e compagnia) si svolge solo in un modo: in ginocchio. Si ficca il microfono sotto il naso dell'ospite di turno, e gli si fa dire qualsiasi cosa gli passi per la capa.

Ma l'altra sera a un certo punto ecco che è apparso Cuper, allenatore dell'Inter. Che aveva appena perso, malamente. E che però, con una certa signorilità e molta serietà, è venuto all'intervista.

E allora è successo l'inaudito, anche dal punto di vista drammaturgico. E cioè che i giornalisti in sala, compreso un nevrastenico direttore di giornale sportivo e uno zazzeruto che inspiegabilmente transita in Tv, si sono scatenati. Mettendolo in croce: chiedendogli spiegazione (neanche fossero Moratti, il presidente-che-paga) di scelte tecniche, del perché quel tale non era 'sulla fascia', del percome quell'altro era stato ingaggiato e poi fatto giocare lì mentre doveva giocare là, e isterie del genere. Cuper, che è una persona seria, rispondeva citando dati e dando ragioni tecniche (oltretutto non è italiano, ma se la cavava bene sia pure in grande imbarazzo); e quelli, niente. A un certo punto qualcuno - ci sembra il conduttore, improvvisamente rinvivito - gli ha anche chiesto "ma se lei fosse Moratti, oggi confermerebbe Cuper?", a cui il povero crocefisso ha risposto, con molta dignità, che queste non sono domande da farsi. E un altro: "Ma lei lo sa che Moratti era infuriato?" - dimostrando, per analogia, l'idea che si ha in Tv dei rapporti di lavoro dipendente. Il Lauro ha anche cercato di farlo parlare fuori dai denti su un giocatore, e Cuper ha fatto finta di non capire.

Si dirà: ma questi sono critici. E allora: avete mai visto un critico letterario che chiede a - mettiamo - Andrea Camilleri "ma perché Montalbano lo ha fatto siciliano? e perché non lo ha chiamato Rossi? e perché il capitolo cinque non l'ha messo al numero sette? e perché in quella scena Montalbano non spara?" e così via. Lo porterebbero alla neuro.

E invece questi Brenni in sedicesimo, sicuri che nessuno li smuoverà di lì di un millimetro, vanno giù che è una bellezza. Dimostrando ancora una volta un assunto indistruttibile: che il giornalismo sportivo, specialmente in Tv e con poche eccezioni (Giorgio Tosatti, per esempio), è ormai un teatrino. Dove si va per esibirsi. E si dà addosso ai vinti - specialmente quando quello che vince non è un Presidente qualsiasi.


Domenica sportiva

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