Hiro Hito: un dio in terra
Non contravviene alla regola che i film che restano nella storia raramente occupano un posto nei palmares dei Festival. Il bellissimo, ma certo non facile, Solnze (Il sole) di Aleksandr Sokurov. Certo non post-prandiale, e nemmeno da gustare a colazione, personalissimo ma non vetrina di aristocratica incomprensibilità, il film costituisce la terza tappa di un progetto artistico e storiografico coerente e difficile, volto alla riflessione sulle dittature, o meglio i totalitarismi, del secolo scorso.
Dopo la prima tappa dedicata nel 1999 ad Adolf Hitler (Moloch) e la seconda, del
Come gli altri due “incomprensibili” (c'è sempre nell'abnormità stessa del fenomeno dittatoriale qualcosa di misterioso), Hiro Hito viene indagato in un momento cruciale della sua vita che non è però, come per gli altri, il momento del trauma definitivo della morte (l'imperatore regnerà ancora oltre un quarantennio) ma quello della perdita della divinità. Perché al contrario degli altri due, che il potere lo avevano conquistato con l'aggressività della lotta, l'imperatore non sa cosa voglia dire combattere: il discendente di una schiatta di prescelti dagli dei affida la lotta, non per delega, ma come compito naturale, ai suoi dignitari, ai suoi generali (tutti comunque suoi servitori).
Issey Ogata
Il crepuscolo di questo Dio è fotografato dallo stesso Sokurov splendidamente, nella semioscurità del bunker in cui si muove dopo il bombardamento del palazzo imperiale o negli angosciosi sotterranei che lo portano all'amato laboratorio di idrobiologia. La grande Storia che sta per farsi (e disfarsi) viene angosciosamente descritta per dettagli minimali, per comportamenti cerimoniali e per spostamenti quasi impercettibili: dominano gli inchini, il silenzioso fruscio di dignitari che si muovono compassati, di ciambellani e servitori ombra, persino il rancore perdente di generali irosi è congelato nell'autocontrollo. Tutto è irreale, anche la città devastata dalle bombe, resa con una sensazione di gelo, di morte e di oscurità del destino per la quale non abbiamo riscontri figurativi nella nostra memoria personale.
Il piccolo scienziato malaticcio (interpretato con geniale originalità da Issey Ogata che anche lui forse, come il suo regista, avrebbe meritato qualcosa di più che la gioiosa unanime esclusione di questa giuria) la attraversa senza apparente emozione per andare incontro al suo vincitore, il generale MacArthur. I grandi e oscuri saloni della residenza del vincitore paiono rendere ancora più piccolo il dio in terra. A poco a poco però (Sokurov ha ascoltato tutti i nastri dei colloqui tra il generale e l'imperatore e consultato tutti i dignitari superstiti) l'incomunicabilità si trasforma e il generale (non c'è bisogno di esplicitare paragoni con l'oggi perché
Il bellissimo film non scioglie, non vuole assolutamente sciogliere, il suo mistero, secondo la poetica dell'autore per il quale “compito dell'arte non è giudicare gli uomini, ma osservare il loro spingersi infinitamente in alto o infinitamente in basso”.
Cast & credits
Titolo
Il sole |
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Origine
Russia, Italia, Francia |
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Anno
2004 |
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Durata
110 min. |
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Formato
35 mm, 1.85:1 |
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Colore | |
Titolo originale
Solnze |
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Regia
Aleksandr Sokurov |
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Interpreti
Shinmei Tsuji (Vecchio servitore) Issey Ogata (Imperatore Hiro Hito) Robert Dawson (Generale Mac Arthur) Kaori Momoi (Imperatrice) Shiri Sano (Ciambellano) |
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Produttori
Igor Kalenov, Marco Muller, Andrei Sigle |
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Produzione
Downtown Pictures , Rai Cinema, Istituto Luce, Nikola Film (RU) |
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Costumi
Lidia Krukova |
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Sceneggiatura
Aleksandr Sokurov |
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Montaggio
Sergey Ivanov |
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Fotografia
Aleksandr Sokurov |
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Musiche
Andrei Sigle |