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Potrete forse divertirvi di più

di Sara Mamone
  Un'immagine da "The wayward cloud"
Data di pubblicazione su web 20/02/2005  

Malesiano di nascita, taiwanese di formazione e internazionale di successo, nonché Orso d’argento nel 1997 con il film Il fiume, Tsai Ming-liang riprende in quest’ultima opera alcuni motivi della precedente What time is there? Motivi e temi non sono certo l’essenziale in un’opera che si rifà con tutta evidenza alla più sfrenata mescolanza degli stili, all’alternanza dei generi e alla più assoluta libertà di temi e linguaggio. Purtuttavia il pretesto conduttore esiste e cerchiamo di riferirlo ben sapendo che vale come la descrizione di alcuni quadri surreali tipo Une étoile caresse le sein d’une negresse di Miro (1938): tornando dal suo film precedente e dalla Francia la protagonista constata che la spianata dinanzi alla stazione principale di Taipei è stata demolita e quindi lei non riesce ad incontrare il venditore di orologi; la città è preda di una grande siccità e quindi la protagonista è costretta a rubare l’acqua e a bere succo di anguria (felice motivo conduttore di alcune performances erotico idriche).

The wayward cloud
The wayward cloud


C’è pure una valigia che non si apre, anzi un valigione, che staziona in casa e che di tanto in tanto riappare quando la protagonista, che ha nel frattempo riincontrato il negoziante di orologi, rientra per incontrarlo e per reidratarsi. L’appartamento è tanto più comodo in quanto il giovane esercita proprio lì accanto le sue performances di attore porno. Questo il nucleo drammaturgico attorno al quale ruotano i personaggi più disparati mentre le sequenze porno drammatiche sono intervallate da più liberi e franchi couplets musicali, in cui la fantasia si scatena ancor più, obbedendo al principio surrealista di avere solo i propri limiti come limiti. Si canta, si scopa, si geme (all’orientale, con squittii topeschi, cioè da topo, acutissimi), mentre dinanzi agli occhi del critico anziano in sala passano performances futuriste, le geniali “associazioni” di Carmelo Bene e anche un po’ (perché no?) di Tano da morire.

The wayward cloud
The wayward cloud


Se avrete qualche perplessità ma vi diranno che è un film geniale, che scardina tutto quanto finora è stato detto, scritto filmato, se vi diranno che il sesso è usato come puro piacere o, al contrario che è poi lo stesso, come strumento di liberazione da una società sessuofobica, se vi diranno che l’accumulo sconsiderato di acqua rappresenta la libertà, o al contrario la libertà costretta nella plastica, che il corpo della ragazza ignuda trovata svenuta nell’ascensore e poi largamente offerta al piacere di molti (o per l’ennesimo filmetto che una macchina da presa invadente gira fin nei più intimi anfratti) rappresenta la trasgressione o semplicemente un corpo grassoccio, se vi diranno che è puro cinema (o il cinema di domani), se vi diranno che Jean Luis Barrault (quello secondo cui “Tutto nel mondo cambia tranne l’avanguardia”) è un “vieux con” (vecchio coglione), se vi diranno, ovviamente, che non avete capito niente, non mortificatevi più che tanto. Oppure, se avete due ore di tempo potrete forse divertirvi di più, con più fantasia e libertà, a casa vostra, con un po’ di televisori accesi e una buona scorta d’acqua (una camera digitale non vi mancherà certamente, magari comprata per una prima comunione o una settimana bianca): in camera da letto, in cucina, nel tinello, nello sgabuzzino, in bagno o anche in ascensore, se avete la fortuna di averne uno.

 

P.S.

Al momento di inviare il pezzo veniamo informati che il film ha vinto due premi, forse i più prestigiosi: il premio della critica e quello dedicato alla memoria del fondatore, che premia il film per l’eccezionale valore artistico. Ci scusiamo con i lettori, non per il premio naturalmente, ma per la recensione.

 

 







Il gusto dell'anguria
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I due protagonisti di
I due protagonisti di "The wayward cloud"


 
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