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Parlarsi addosso

Roberto Fedi
  Un'immagine da "Quarto potere" (Citizen Kane) di Orson Welles, 1941
Data di pubblicazione su web 18/02/2005  

Una domandina facile facile ai nostri piccoli lettori. Qualcuno sa dire, senza compulsare annali o vademecum, quanti sono i partiti politici italiani? Non quelli che si presentano (o si presenteranno) alle elezioni, che sono millanta; ma quelli che sono rappresentati in Parlamento. Quelli, insomma, che abbiamo eletto noi, voi, loro. I Nostri, via.

Mistero. O almeno: noi, che ci abbiamo pensato parecchio, non siamo arrivati a una risposta soddisfacente. Abbiamo rivolto l’angosciosa domanda ad amici & colleghi presenti in loco, e non abbiamo avuto neanche due risposte uguali. Ci siamo rimasti male. Ma una ragione a tanta disinformazione c’è: e adesso ve la rendiamo nota seduta stante.

Il fatto è che nessuno di noi (e, supponiamo, di voi) è un attento e fanatico ascoltatore di telegiornali Rai. Perché se così fosse la risposta alla questioncella sarebbe sgorgata come incorrotta acqua di fonte. Perché? Vediamo.

Perché nei telegiornali Rai  la gran parte del tempo è dedicata a una notizia che notizia non è, mai: e cioè alle dichiarazioni dei politici. E, siccome i tiggì Rai sono, appunto, politicamente corretti e ‘paritari’ (si fa per dire), i nostri amigos ecco che parlano tutti. Voi potete non sapere che cavolo sta succedendo esattamente, poniamo, sulla A3 invasa dalla neve e bloccata per tre giorni (è storia recente), anche se state per mettervi in viaggio. Ma, se accendete il tiggì, sapete con assoluta e millimetrica esattezza ciò che del fatto pensano D’Alema, Fassino, Rutelli, Bertinotti, Prodi, Parisi, Berlusconi, Follini, Mastella, Pecoraro Scanio, la Mussolini, Fini, Storace, Bondi, La Russa, la Prestigiacomo, Castelli, Calderoli, e così via in ordine più o meno sparso. Che, ammetterete, è una bella consolazione e soprattutto un bell’aiuto per chi è in macchina dalle parti di Salerno.

Siamo esagerati? Neanche un po’. Ce lo dice con la secchezza dei fatti un’indagine seria (condotta dall’Isimm, un istituto di ricerca sui media: prendiamo la notizia dal ‘Corriere della Sera’ del 15 febbraio), presentata l’altro giorno alla biblioteca del Senato. Secondo la quale i tiggì Rai sono fatti così: alle notizie è dedicato il 28.2 % del tempo, ai contenuti il 9.4, e – udite udite – alle dichiarazioni dei politici il 62.4 dell’informazione totale. Accidenti, direte voi.

Lo diciamo anche noi. Che, oltretutto, andando avanti nella cosa abbiamo saputo quanto segue. Che il nostro è (e ti pareva) un caso unico in Europa. In Francia, per esempio, ai contenuti è dedicato il 54 % dell’informazione politica, il 21 % alle notizie, e il 25 % alle dichiarazioni. In Spagna siamo rispettivamente al 36, 45 e 20 per cento. In Germania alle notizie danno il 49 %, ai contenuti il 19 e alle dichiarazioni il 32.

Non male. Ma ancora più esaltante è il commento che a questi dati hanno offerto i direttori dei vari tiggì, uno due e tre. Clemente Mimun (Tg1) ha detto che i suoi predecessori erano tutti o quasi ‘ulivisti’; Antonio Di Bella ha detto che il suo Tg3 dipinge la realtà politica così com’è, cioè conflittuale; e Mauro Mazza (Tg2) ha sospirato che non è colpa sua: di fatto, “i politici da noi vogliono solo e soltanto che li facciamo apparire ‘in voce’ e quando non lo facciamo protestano”.

La cosa ci fa piacere, anzi ci suggerisce un’idea. Chiediamo a Mazza, protestando all’occorrenza, di apparire ‘in voce’ nel suo tiggì. E già che ci siamo anche in effigie. Possiamo garantire, sul nostro onore, che siamo di sicuro: 1. più simpatici di D’Alema e La Russa (come minimo); 2. più facondi di Castelli e di Calderoli, per non dire di Follini; 3. abbiamo un accento lievemente toscano che fra tutti quei settentrionali, padani e meridionali non guasta (par condicio); 4. last but not least, siamo più belli di Fassino e di Parisi (ci vuol poco), e abbiamo più capelli di Berlusconi (idem).

Aspettiamo fiduciosi un microfono.     








                               
 
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