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La caduta degli eroi

di Marco Luceri
  Colin Farrell
Data di pubblicazione su web 30/01/2005  

Si rimpiange addirittura il "caro, sano e vecchio" epos, quando si esce, abbastanza frastornati, dalla proiezione di Alexander, l’insopportabile polpettone hollywoodiano sfornato da Oliver Stone in questo inizio 2005. Incredibile a dirsi, l’autore americano, dopo aver impegnato Al Pacino e Cameron Diaz nel precedente (e discutibile) Ogni maledetta domenica, riprova a nascondere dietro le facce dei soliti divi un vuoto drammaturgico che comincia a diventare preoccupante.

Che Stone stesse da tempo lavorando al progetto titanico di girare un film biografico su Alessandro Magno è noto: pare che sia stata da sempre una sua passione, fin da ragazzino, eppure il risultato non corrisponde di certo alle aspettative che mesi e mesi di campagne pubblicitarie avevano tentato di alimentare. Niente film epocale, dunque, nessun segno da lasciare nella storia del cinema, per questo kolossal che forse riuscirà solo a battere il record dello sforzo produttivo (160 milioni di dollari) ed organizzativo. Ci sono infatti voluti dieci anni di lavorazione complessiva per realizzare il film. La ricerca storica era stata infatti affidata agli studi dello storico Robin Fox Lane, e su di essa Stone ha scritto prima il soggetto e poi il copione, battendo in partenza un progetto parallelo di Baz Luhrmann con Leonardo Di Caprio protagonista (che forse dovremmo rimpiangere). 


Colin Farrell e Angelina Jolie
Colin Farrell e Angelina Jolie


Il racconto parte (e non poteva essere altrimenti) da Alessandria d’Egitto, e precisamente dalla celeberrima biblioteca della città, in cui si aggira l’oramai anziano Tolomeo (Antony Hopkins), vecchio combattente al fianco di Alessandro (Colin Farrell), che narra le gesta del grande condottiero macedone ai suoi scribi. La storia procede dunque all’indietro, seguendo la traccia narrativa di un lungo flashback, non sempre coerente dal punto di vista del tempo diegetico. La giovinezza trascorre, piena di sussulti, tra le mura dorate della reggia di Pella, dove tra addestramenti militari, lezioni di Aristotele (Christopher Plummer), cresce il futuro condottiero, sempre più desideroso di emulare le gesta del mitico Achille, di cui Alessandro si considerava discendente. Certamente non ha vita facile il principe, stretto tra la rozza vanagloria del padre Filippo (Val Kilmer) e le vendicative spregiudicatezze della madre Olimpia (Angelina Jolie), pronta a tutto per far presto insediare il figlio sul trono del marito infedele. Il resto è storia: Alessandro che spinge le truppe macedoni contro la fino ad allora invincibile armata persiana di Dario e che con la vittoria di Gaugamela (in cui Alessandro sconfisse con i suoi 40 mila uomini i 250 mila persiani del sovrano avversario) vede aprirsi le porte dorate di Babilonia, la più splendida città del mondo antico. Quello che sembrava un punto d’arrivo (la conquista dell’Impero persiano) viene trasformato ben presto dal macedone in un’ inarrestabile cavalcata attraverso l’Asia centrale, dai deserti alle montagne, dalle vallate agli altipiani, fino in India, fino ai confini del mondo conosciuto, per realizzare il sogno di riunire tutti i popoli della terra sotto un’unica corona, la sua. Sogno che vedrà il suo rapido epilogo proprio con la morte di Alessandro, avvenuta prematuramente nel 323 a. C., a soli 32 anni.
 

Val Kilmer
Val Kilmer

Fin qui, la storia. E ce ne sarebbe di materiale per tirare fuori un film epocale, eppure Stone commette due errori fondamentali: il primo è, paradossalmente, nella scelta degli attori, il secondo, forse ancora più grave, è di carattere ideologico.

Per quanto riguarda gli attori, si salva solo Angelina Jolie, quasi perfetta nel ruolo di Olimpia: sensualissima, aggressiva, spregiudicata e vendicativa, la figlia di John Voight era l’unica scelta che Stone non poteva sbagliare; il ruolo sembra tagliato a misura per lei, per il suo volto, la sua espressività, la sua fisicità prorompentemente maledetta. Stenderei un velo pietoso sia sul Tolomeo di Hopkins, che sembra un nonnetto rimbambito che si commuove addirittura nei momenti in cui c’è solo da sorridere, sia sul Filippo di Kilmer, che sembra uscito da una di quelle celebri scazzottate demenziali che chiosano i film ("sacri" e profani) di Mel Gibson. Si dice che Stone abbia scelto Farrell nel ruolo di Alessandro dopo una sbronza in un bar; speriamo che sia vero, perché se fosse altrimenti sarebbe veramente preoccupante. Il giovane attore irlandese non è assolutamente all’altezza del ruolo che il regista avrebbe voluto costruire; fisicamente pompato fino all’indicibile, addirittura ossigenato (!), Farrell ci restituisce un personaggio certamente poliedrico, ma nelle inutili smancerie ed eccessi che lo caratterizzano. Siamo sì in quello che dovrebbe essere un film epico (e si sa, l’epos di per sé è eccessivo), ma rendere esasperante ogni gesto, ogni azione, ogni sguardo, addirittura ogni dialogo, non giova di certo alla credibilità di un professionista chiamato ad interpretare la figura di Alessandro.


Colin Farrell e Jared Leto
Colin Farrell e Jared Leto


Sembra piuttosto una caricatura questo temibile condottiero che vince a Gaugamela e poi ci mette un’ora per fare l’amore con la sua giovane e bellissima moglie "barbara". Saranno le debolezze di un grande uomo? Mah! Certo è che il povero amante Efestione (Jared Leto) deve sorbirsi una quantità di smancerie e sdolcinerie che neanche le nostre fiction televisive riescono a raggiungere. Tuttavia non è tutta colpa di Farrell se il personaggio di Alessandro non è riuscito. E qui entrano in gioco le responsabilità drammaturgiche di Stone. E’ comprensibile sicuramente lo sforzo di volerci restituire Alessandro nella sua dimensione più intima, di uomo e condottiero dalla vita decadente, dall’ambizione sfrenata, dalla politica radicale, ma anche dai sentimenti teneri, dai dubbi esistenziali bla bla bla… Però quanta incoerenza in questo tedioso marasma narrativo! Alessandro è tutto e il contrario di tutto, con tutti e in tutte le situazioni; la stella polare del suo sogno politico non appare nient’altro che il vezzo intellettuale di un giovane che ha letto troppo Omero e che non conosce altro che l’appagamento dei suoi desideri. Sembra uno di quegli eterni romantici un po’ naif che non sanno rinunciare ai propri vizi infantili, che si rifugiano dietro un falso psicologismo (davvero improponibile il tentativo di psinacalisi "freudiana" impostata sul rapporto con Olimpia e Filippo) per giustificare la loro vacuità. In alcuni momenti sembra di ascoltare un George W. Bush ante litteram, in altri un predicatore rabbioso alla Cola di Rienzo (ci venga perdonato il paragone storico) in salsa ecumenica. Insomma, questo Alexander sembra uscito da un libro di favole, piuttosto che da una ricerca storica. Ci si sarebbe aspettati veramente qualcosa di diverso dallo Stone polemista e coraggioso che conosciamo e che da troppo tempo è andato in soffitta. Volere questo dal regista di Platoon è forse chiedere troppo?




Alexander
cast cast & credits
 


locandina del film
locandina del film







 
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