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L'ultima onda, Hollywood Party: il cinema alla radio

di Italo Moscati
  La locandina giapponese del film Hollywood Party
Data di pubblicazione su web 13/04/2004  
Chi ha detto che il cinema basta a se stesso? Chi ha detto che l'ombelico del cinema è il cinema stesso? Ecco una storia che è una smentita. Più che vedere, ascoltate con noi.

C'era una volta… dieci anni fa… Nanni Moretti si presentò con un vassoio di paste e subito smentì la fama di regista dal carattere scorbutico. Spike Lee venne preannunciato come un uragano, ovvero come un artista anche lui fitto di aculei, e ci mancò poco che tutto finisse a tarallucci. Abel Ferrara, il volto corroso, i capelli come aculei, la voce cavernosa da "cattivo tenente" (dal titolo di uno dei suoi film) poteva scatenare sfracelli e invece si comportò con una cortesia che rasentò la grazia di un balletto di corte. I miracoli sono di casa a Hollywood Party, la trasmissione radio dedicata al cinema che va in onda dal lunedì al venerdì, con una coda alla domenica sera per anteprime o proiezioni speciali negli studi di via Asiago;e che il 18 aprile compie dieci anni di storia.

Che storia, anzi, che storie. Come si sa, Hollywood Party è uno dei film più belli e divertenti diretti da Blake Edwards, protagonista Peter Sellers, inglese, per l'occasione dipinto da indiano. La vicenda presenta un attore modesto che, invitato ad un lussuoso party, commette un guaio dopo l'altro. Metafora di un cinema comunque capace di scombinare le ragioni del mondo? Può darsi.

La trasmissione della radio si apre con una musichetta da vecchio musical, in cui è inserita la voce-rap di Roberto Benigni che dà il ciak d'avvio di un immaginario film e giura che la stessa trasmissione è la più bella dai tempi di Marconi. La trasmissione, di guai, ne ha combinati pochi, anzi cerca di mettere rimedio ai guai del cinema e a vivere con ironia la sua interminabile crisi. Strana crisi senza fine. Segno di vitalità.

Parlandone, Giuliano Montaldo, ospite e talvolta anche conduttore di Hollywood Party, ricorda che la colpa di questa annosa crisi risale ai Lumière, allorché il pubblico abbandonò per paura la sala della prima proiezione atterrita dal precipitarsi di un treno su di loro dal grande schermo: da allora la sala è vuota. Un paradosso. O una solfa, quella della crisi, che non convince nessuno. Hollywood Party ne è buon testimone inseguendo giorno per giorno fatti, personaggi, notizie, indiscrezioni, lutti e rinascite del cinema, il cinema-contenitore senza ritegno delle illusioni e dei traumi, delle delusioni e delle speranze del pubblico. Per fortuna, la trasmissione, curata da Silvia Toso e da un folto gruppo di simpatici conduttori, non indugia nel piagnisteo, non è politically correct, per cui è dominata dal buon umore. Uno dei conduttori, Stefano Della Casa detto Steve, si diletta ad esordire con rime, e adopera parole come "croccante", "farlocco" e simili, senza alcuna vergogna, anzi, coinvolgendo Enrico Magrelli, Alberto Crespi, Roberto Silvestri, Tatti Sanguineti, il grande Elio Pandolci, Emanuela Martini, in una ronde linguistica spesso simildemenziale. Uno degli effetti speciali è la partecipazione del sardo Efisio Mulas, popolarissimo attore-conduttore o semiconduttore che litiga con i conduttori e non trova mai una scrittura nonostante i contatti presi in studio o per via telefonica con gli ospiti.


Gente che va e gente che viene, in quarantacinque minuti di un programma che riceve molte chiamate dagli spettatori invitati a rispondere a quiz compensati con libri di cinema e a superquiz con in palio una tessera gratuita per le sale. Gente come l'atletico novantenne Mario Monicelli che ha fatto il conduttore; come l'ex interprete di Happy Days, Ron Howard, diventato famoso regista; come Ken Loach, il regista dal perenne pugno chiuso; John Carpenter, quello di Fuga da New York; Kiarostami, Chabrol, Wim Wenders; e ancora: Kate Blanchett, Johnny Deep, Gerard Depardieu, Andy Garcia, Nathalie Bay, una carovana interminabile di nomi. Non basta. Si sono esibiti in cuffia e microfono tanti, tantissimi italiani: Ettore Scola, Bernardo Bertolucci, Luigi Magni, Carlo Lizzani, Dino Risi, e così via, fino ai giovani, ai giovanissimi. Produttori d'ogni età, attori noti come Michele Placido, o meno noti; e care figure del passato come Lello Bersani, che veniva alla trasmissione dalla lontana storia della radio e della tv.

Insomma, la filosofia di Hollywood Party, chiamiamola così, è sempre stata quella di intrecciare insieme il museo (o il perenne giardino d'infanzia) della pellicola e il laboratorio aperto delle novità. In tutti i modi. Anche con collegamenti volanti da proiezioni e conferenze stampa, e con i festival. Ad esempio, da Venezia, la trasmissione viaggia attraverso l'etere in mezzo alle bancarelle di hot dog e biglietterie tra il Palazzo del Cinema e il Casino, al centro di una suburra sempre più pittoresca. Pittoresca come il cinema? Sì, fin dalle prime puntate di dieci anni fa, quando a condurre era Davide Grieco - pittoresca, incasinata, contraddittoria, sconfortante, esaltante, infelice, felice, scaglionata, allegra, mesta. Così è la storia che racconta Hollywood Party senza scaldarsi troppo e senza trionfalismi. La lacrima per l'ultimo caduto del cinema (ad esempio, Peter Ustinov, scomparso di recente) si asciuga presto e subito dopo va in onda la gaffe sul quiz di cui magari, inavvertitamente, il conduttore o l'ospite si fa rivelatore. L'umiliante successo di cassetta di un bel film lascia il posto all'augurio scaramantico al film che si prepara alla battaglia del fine settimana. Un giudizio ispido di Franco Maresco, della coppia Ciprì & Maresco, che affetta, in veste di co-conduttore, un film ritenuto troppo commerciale o inutile, viene accolta e assimilata nel gioco delle libere opinioni di cui il cinema continua ad avere assoluto bisogno.

Cerchiobottismo? Voglia di non scontentare nessuno? Dubito. A me pare che nel suo andamento studiatamente sgangherato e sfuggente, a lungo sperimentato, Hollywood
Party ci ricorda che la paura per l'irruzione del treno dei Lumière si è dissolta, non è mai esistita, e il pubblico è tornato in sala, pretendendo di saperne di più. Il suo nemico, come quello del cinema, è uno solo: la noia. Se in sala, spesso, va in scena una delle tante forme filmate di noia, non capita o capita certamente meno nella trasmissione. Lo confermano gli ascoltatori affezionati. Sono numerosissimi e si sintonizzano spesso quando guidano l'auto, poiché la trasmissione va in onda dalle 19,05 in poi. Un'oasi. Di lì a poco si scatenerà, in radio e tv, l'alluvione dei tg e delle attualità. Ed è meglio arrivarci con un sorriso, e con qualche pungente trovata o parere. Dal grande schermo all'invisibile onda.


 


Hollywood Party
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