Quell'hotel nel centro di Los Angeles

di Fabio Tasso

Data di pubblicazione su web 01/01/2005

Un'immagine del film
"Ogni anno migliaia di persone arrivano a Los Angeles e alcune di loro semplicemente spariscono. Qualcuno le porta via…". Sono le parole usate da Tobe Hooper per presentare il suo ultimo film, The Toolbox Murders, una delle punte di diamante della sezione "Americana" del Torino Film Festival 2004. Il regista, autore tra gli altri dei celebri Non aprite quella porta (1974, uno degli horror più importanti della storia del genere) e Poltergeist (1982), non potendo essere presente personalmente alla manifestazione, ha introdotto il film con un divertente messaggio video, nel quale ha dichiarato di essere già al lavoro sul film successivo.

Hooper ritorna alla suggestione del senso di pericolo ancestrale, di eventi incontrollabili e forze che si scatenano da un momento all'altro che aveva fatto la fortuna della prima parte della sua produzione; qui, però, gli artifici cari al regista texano si mescolano abilmente con l'oppressione degli spazi chiusi e un arcano mistero che solo nel finale trova la sua spiegazione. Il film, condotto secondo un ritmo narrativo efficacissimo, sfrutta sapientemente gli espedienti tipici del genere (segni premonitori, effetti musicali sovrapposti alle sequenze più emotivamente intense, personaggi cupi e stralunati che però, ormai l'abbiamo imparato, non sono i veri cattivi).


Un'immagine del film
 

Geniale, inoltre, la scelta di creare una sorta di luogo alternativo all'interno dello stesso edificio, il cui ingresso è ignoto e addirittura invisibile. The Toolbox Murders diventa così una metafora dell'animo umano, scisso tra il bene e il male, nel quale il male si cela nelle profondità più remote, pronto a esplodere. Come se il condominio rappresentasse la cieca follia di un pazzo, la cui facciata (volto), sebbene fatiscente, nulla lascia presagire di ciò che si cela al di sotto. Ad aumentare il coefficiente di insopportabilità del film, ma anche il suo valore, la violenza delle sequenze gore, pregevolmente girate con l'ausilio di una notevole fotografia, e una sorta di fascino scomodo e perturbante che lo attraversa, creando una tensione spesso difficile da tollerare; un malessere che si respira a ogni sequenza e che i personaggi trasmettono con un gesto, uno sguardo o un semplice movimento.

"Ogni anno migliaia di persone arrivano a Los Angeles e alcune di loro semplicemente spariscono. Qualcuno le porta via…". Sono le parole usate da Tobe Hooper per presentare il suo ultimo film, The Toolbox Murders, una delle punte di diamante della sezione "Americana" del Torino Film Festival 2004. Il regista, autore tra gli altri dei celebri Non aprite quella porta (1974, uno degli horror più importanti della storia del genere) e Poltergeist (1982), non potendo essere presente personalmente alla manifestazione, ha introdotto il film con un divertente messaggio video, nel quale ha dichiarato di essere già al lavoro sul film successivo.


Un'immagine del film

 
Hooper ritorna alla suggestione del senso di pericolo ancestrale, di eventi incontrollabili e forze che si scatenano da un momento all'altro che aveva fatto la fortuna della prima parte della sua produzione; qui, però, gli artifici cari al regista texano si mescolano abilmente con l'oppressione degli spazi chiusi e un arcano mistero che solo nel finale trova la sua spiegazione. Il film, condotto secondo un ritmo narrativo efficacissimo, sfrutta sapientemente gli espedienti tipici del genere (segni premonitori, effetti musicali sovrapposti alle sequenze più emotivamente intense, personaggi cupi e stralunati che però, ormai l'abbiamo imparato, non sono i veri cattivi).

Geniale, inoltre, la scelta di creare una sorta di luogo alternativo all'interno dello stesso edificio, il cui ingresso è ignoto e addirittura invisibile. The Toolbox Murders diventa così una metafora dell'animo umano, scisso tra il bene e il male, nel quale il male si cela nelle profondità più remote, pronto a esplodere. Come se il condominio rappresentasse la cieca follia di un pazzo, la cui facciata (volto), sebbene fatiscente, nulla lascia presagire di ciò che si cela al di sotto. Ad aumentare il coefficiente di insopportabilità del film, ma anche il suo valore, la violenza delle sequenze gore, pregevolmente girate con l'ausilio di una notevole fotografia, e una sorta di fascino scomodo e perturbante che lo attraversa, creando una tensione spesso difficile da tollerare; un malessere che si respira a ogni sequenza e che i personaggi trasmettono con un gesto, uno sguardo o un semplice movimento.

Cast & credits

Titolo 
The Toolbox Murders
Origine 
USA
Anno 
2004
Durata 
95
Formato 
35 mm
Colore 
Soggetto 
Jace Anderson, Adam Gierasch
Regia 
Tobe Hooper
Interpreti 
Angela Bettis
Juliet Landau
Brent Roam
Christopher Doyle
Rance Howard
Produttori 
Tony DiDio, Terry Potter, Jackie Quella
Produzione 
Tony DiDio Productions
Distribuzione 
Anchor Bay Entertainment
Scenografia 
Steven R. Miller
Costumi 
Shon LeBlanc
Sceneggiatura 
Jace Anderson, Adam Gierasch
Montaggio 
Andrew Cohen
Fotografia 
Steve Yedlin
Musiche 
Joseph Conlan, Richard Fox, Lauren Yason