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La seduzione del cinema

di Marco Luceri
  Christopher Bucholz
Data di pubblicazione su web 01/01/2005  
Era da tempo che Michelangelo Antonioni voleva veder realizzato un suo vecchio progetto, Eros appunto, un film collettivo che raccogliesse tre visioni, tre punti di vista differenti sul tema forse più complesso da rappresentare attraverso le forme del cinema, l'erotismo. Riprendendo una formula narrativa che rimanda a quelle collaborazioni tra vari registi tipiche degli anni Settanta (e non sempre all'altezza delle aspettative), il Maestro ferrarese, ormai novantaduenne, aveva voluto inizialmente accanto a sè due autori contemporanei che più o meno inconsapevolmente amano trattare il tema dell'erotismo in maniera personalissima ed originale: Wong Kar-Wai e Pedro Almodovar.

Alla defezione del regista spagnolo (arrivata quando gli altri due episodi erano già a buon punto) ha sopperito inaspettatamente Steven Soderbergh. Date le premesse, dunque, un film come Eros risente nel suo complesso di una discontinuità formale e drammaturgica facilmente comprensibile, dato il calibro dei tre fuoriclasse e l'estrema originalità con cui I tre maestri si sono avvicinati al tema. Tuttavia il film non è da considerarsi come una semplice somma aritmetica, in quanto, seppur nelle diversità, oltre al tema, resta tra i tre episodi un sotteraneo filo comune, cioè quello di un cinema che riflette sulle sue forme, oltre che sulla passione e sul fascino della seduzione.


Christopher Bucholz

 
IL FILO PERICOLOSO DELLE COSE
Nove anni dopo l'uscita di Al di là delle nuvole (per la cui realizzazione si era speso in prima persona Wim Wenders), il Maestro torna ad uno dei filoni principali della sua poetica, l'erotismo come dimensione incontrollabile delle relazioni umane, in cui si concretizza, fuggevole, il mistero delle immagini e della realtà. Mettendo subito da parte qualsiasi commento alla sceneggiatura (che appare come un'aggiunta a qualcosa di già cristallizzato in sè), il pregio di quest'episodio risiede tutto nel fascino raggelante delle immagini paesaggistiche e nel loro alternarsi alle calde e sensuali superfici dei corpi di due bellissime donne (Regina Nemni e Luisa Ranieri) che si contendono inconsapevolmente un giovane uomo (Christopher Bucholz).

Basta quest'esilissima traccia drammaturgica al Maestro per costruirci intorno l'ennesima mirabile tessitura di immagini sconnesse e misteriose. Il fascino dei corpi femminili, delle loro nudità, sovverte e rinnova le relazioni di un rapporto amoroso corroso e sfilacciato, senza arrivare però a costruirne un altro più solido, anzi la nuova relazione sembra ancora più esile e precaria della precedente. C'era da aspettaserlo che Antonioni proseguisse sulla scia dei vuoti di Ritorno a Lisca Bianca (splendido cortometraggio del 1995 in cui il Maestro rigira negli stessi luoghi la celebre sequenza della scomparsa di Anna ne L'avventura, stavolta però senza personaggi) e delle metafisiche atmosfere de Lo sguardo di Michelangelo.

Ma stavolta, spingendosi ancora oltre (l'ennesimo salto in avanti del Maestro), le relazioni sfilacciate tra i tre protagonisti servono per un'ulteriore riflessione sul proprio lavoro cinematografico. Un'altra "cronaca di un amore mai esistito", insomma, in cui Antonioni condensa molti dei temi e delle forme del suo cinema (l'incomunicabilità, lo smarrimento dell'uomo moderno, l'artificiosità delle sue certezze e del cinema stesso), in una breve rilettura di esso ironica ed inquietante allo stesso modo. Quale migliore forza, allora, se non quella esasperante, impulsiva, irrazionale dell'erotismo, per ribadire ancora una volta (come diceva il regista alter-ego John Malkovich alla fine di Al di là delle nuvole) che "sotto l'immagine rivelata ce n'é un'altra più fedele alla realtà, e sotto quest'altra un'altra ancora, e ancora un'altra sotto quest'ultima, fino alla vera immagine di quella realtà assoluta, misteriosa, che nessuno vedrà mai"? E questa non è, sia chiaro, sola estetica.


Gong Li

 
EQUILIBRIO
L'episodio di Soderbergh è sicuramente dei tre quello più leggero e divertente, in cui il cineasta americano si nasconde dietro le confusioni erotico-sentimentali di un giovane dirigente in carriera (Robert Downey Jr.). Seduto sul lettino di un fantomatico spicanalistica (Alan Arkin) che spia insistentemente fuori dalla finestra qualcosa che non ci viene mai mostrato, il nostro inconsapevole paziente vaneggia su un sogno insistente in cui egli stesso spia una bellissima e misteriosa donna che fa un bagno. Col proseguire del breve racconto si scopre ben presto che le identità dei personaggi non sono poi così chiare e chi spia ed è analizzato in realtà è spiato e analizzato a sua volta, e viceversa. Insistendo forse un po' troppo in maniera compiaciuta sul nascondere ed il confondere le carte, Soderbergh cerca di giocare con la sempiterna confusione erotica del maschio, che spesso non riesce a discernere le percezioni reali dai sogni. Alla fine l'unica immagine a conservare la forza di un potere oscuro e seducente è proprio quella inafferabile della donna.

LA MANO
Il maestro di Hong Kong saccheggia In the mood for love e 2046 per imbastire un'altra imperdibile, stupenda variazione erotica sul tema degli amori impossibili. Vero gioiello di Eros, l'episodio di Wong Kar-Wai recupera temi ed atmosfere degli ultimi due capolavori, per narrare I capricci di una prostituta d'alto borgo (Gong Li) e del suo giovane ed inesperto sarto (Chang Chen), a cui durante la prima visita domiciliare è concesso il piacere di una masturbazione con un elegantissimo guanto di raso nero (é forse la stessa mano della Mimì di 2046?). Sarà il solo piacere erotico che la donna concederà in tantissimi anni all'unico uomo che seguirà la sua vicenda umana; folle amore impossibile, esso resta sullo sfondo doloroso di un'inarrestabile decadimento fisico ed esistenziale.

Eppure il contatto delle vesti, degli eleganti e ricercati abiti di seta e raso sostituiscono nella realtà il sogno erotico proibito del sarto, quello di unirsi carnalmente con la donna sempre più irraggiungibile. Logico dunque che trionfino le atmosfere ed I colori cari al maestro di Hong Kong e al suo inseparabile direttore della fotografia Christopher Doyle: una Shangai piovosa e misteriosa attraversata dalle luci dei neon, I caldi interni, gli eleganti costumi che frusciano tra porte e specchi; é insomma lo scenario teatrale più intimo per il nostro sarto spettatore, eternamente dannato ad essere voyer di amplessi altrui. L'unico modo per amare una donna che si concede agli altri è allora quello di ricamare egli stesso gli abiti di scena che plasmeranno il suo corpo proibito, creando e ricreando le forme di un'ossessione che possa vincere anche la morte.


Robert Downey jr. e Alan Arkin

 
Tre sguardi d'autore allora, tre visioni differenti, tre brevi riflessioni sulla legge del desiderio che soprassiede a qualsiasi forma di erotismo; Antonioni, Soderbergh e Kar-Wai ribadiscono, ognuno a suo modo, come esso forse appaia ancora oggi l'unico luogo del mistero assoluto, verso cui le forme del cinema si sentono irresistibilmente attratte, ma dal quale non riceveranno mai delle risposte definitive, proprio come in una coppia di amanti qualsiasi.


Meritano una particolare attenzione gli stupendi disegni erotici di Lorenzo Mattotti che scandiscono gli intermezzi tra un episodio e l'altro, accompagnati dal commento sonoro di una canzone di Caetano Veloso, un'aerea e dolce nenia intitolata semplicemente Michelangelo, dedicata al Maestro.



Eros
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