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Exit Pippo

di Roberto Fedi
  Pippo Baudo
Data di pubblicazione su web 19/08/2004  
Alla fine, dai e ridài, ce l'hanno fatta: l'hanno buttato fuori. Con una letterina, la Rai ha risolto come suol dirsi il rapporto di lavoro con Pippone, dichiarando anche di essere stata costretta a quel doloroso passo per le intemperanze pippesche: più o meno alcune interviste polemiche ai giornali contro la Rai. Come di solito si dice con una frasaccia che però rende l'idea, perché ha sputato nel piatto dove mangiava. Sport nazionale italiano, com'è noto, esercitato soprattutto da chi mangia di più.

La notizia è di quelle che fanno piacere. Anzi, nello stupidario estivo (la bomba è scoppiata il 3 agosto sui teleschermi umidi di lacrime d'addio e più che altro di calura estiva), è stata probabilmente la migliore. E quindi con questa riprendiamo le pubblicazioni post ferie: bisogna pur cominciare bene, qualche volta.

Perché: siamo franchi. Con tutto il rispetto per l'illustre professionista che molto ha dato alla Rai (così recitavano più o meno i contriti articoletti del giorno dopo), e che moltissimo dalla stessa ha ricevuto (aggiungiamo noi e ogni cittadino che sia in grado di intendere e di volere), del Pippone non se ne poteva più. Da anni faceva sempre lo stesso programma: scenografie d'una volta, orchestra d'una volta, musiche d'una volta, vestito (il suo) che sicuramente era nuovo ma sembrava quello d'una volta, capello d'una volta (sul serio, perché da anni era sempre quello: stessa misura, stesso colore inesistente in natura, stesso elmetto in testa insomma), stesse parole. Il Pippone parlava un italiano mediocre senza slanci né in alto né in basso, responsabile secondo noi della modestia linguistica di milioni di italiani rintronati dalla Tivvù: nascondeva con sforzo le inflessioni dialettali, cosa che non sempre è un bene se l'esito è una lingua di plastica, che in ultima analisi risultava più finta del suo raro e strenuamente coltivato capillizio. Era la dimostrazione vivente e parlante del fatto che il tempo, nonostante tutti gli sforzi e le magie del trucco, eccome se passa: bastava vedere qualche filmato di pochi anni fa e si restava impressionati dal fatto che tutto sembrava lo stesso, ma in realtà tutto era mutato ed era più triste. A parte l'elmetto in testa, si capisce: quello, sempre uguale e tristissimo.

Ma soprattutto a noi restava insopportabile per come – lo si vedeva lontano un miglio – considerava la Rai: casa sua. Si sentiva in una botte di ferro, e sicuramente lo era. Campione di 'sforamento', era capace di far durare un suo programma fino a notte fonda, come se fosse su una Tv monocanale e avesse un'apertura di credito illimitata; non si trattenne, qualche anno fa, dal rivolgersi in diretta agli italiani prendendosela con un presidente Rai che aveva definito i suoi programmi "nazionalpopolari", pensando che fosse un'offesa (e dimostrando non solo di non aver mai letto Gramsci, che non è un peccato, ma di non averne mai neanche sentito parlare). Allestiva Festival di Sanremo come se fossero state delle feste a casa sua, onnipresente e onniparlante – con un tonfo, un paio di anni fa, che ne ha manifestato il declino. Non si vergognò neanche, in uno di questi, a 'salvare' in diretta un poveretto che aveva inscenato un suicidio da barzelletta, neanche fosse la madonna del Carmelo. Diversamente da Mike Bongiorno, dotato di una sua non inelegante discrezione, era incapace di ironia, figuriamoci di autoironia: delle sue trasmissioni era insieme il presentatore e anche l'ospite d'onore.

Con lui non siamo mai stati teneri (Anatema su Sanremo, Novecento avanti Cristo): e quindi non si pensi che maramaldeggiamo adesso solo perché lo hanno licenziato. Paradossalmente in un caso si arrivò a invocarlo, visto l'obbrobrio di un Sanremo recente (Anatema su Sanremo - bis). Rappresentava, secondo noi, un'idea di televisione da paese modesto, incapace di scegliere, rassegnato, da trattoria avvilita dove il proprietario si dà arie da gourmet, e invece magari si spende poco ma si mangia male.

Ci toccherà rimpiangerlo? Intanto lo abbiamo visto a un Tg di Italia Uno, il 4 agosto, nella conferenza stampa improvvisata per il suo benservito. In uno spietato primissimo piano, con la ricrescita dei capelli grigiastra (e il resto color cera da scarpe), ha detto che farà causa alla Rai e chiederà molti soldi: perché, ha aggiunto, "ora sono disoccupato, e devo pur mangiare".

No. Non lo rimpiangeremo.




 




 
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