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Opinion leaders

di Roberto Fedi
  Un'immagine del film "Prima pagina" di Billy Wilder
Data di pubblicazione su web 29/09/2004  
Mettiamo che cinque o sei cuochi, nei cui ristoranti si mangia male, malissimo, malaccio o così così, si trovino insieme e comincino a discutere. Non di calcio o del tempo: ma, accademicamente, del modo in cui si deve fare il cuoco. E che lì discettino con distacco e terminologia più o meno raffinata sul perché del cuoco, sulla figura intellettuale del cuoco, sul diritto del cliente, su come si cuoce, sulla filosofia e la psicologia della cucina, anche sulla deontologia cuochesca. E tutto questo per più d'un'ora.

 A qualsiasi persona dotata di palato verrebbe da dire a questi signori che, più che star lì a menarcela sull'idea platonica della cucina, sarebbe meglio che imparassero a cucinare. Che magari pulissero le pentole e imparassero a disporre i piatti. O che spiegassero, prima di pontificare, in quali cucine hanno fatto pratica, che scuole hanno frequentato, e come è accaduto che siano arrivati lì.

 La similitudine ci è venuta in mente quando abbiamo visto, giovedì 23 settembre alle 11 circa, su Rai Tre, la trasmissione Cominciamo bene estate di Michele Mirabella, ineffabile come quando volteggia nei salotti. Si parlava - accidenti che novità - di telegiornali e giornali, della loro natura, della capacità di informare. Che è una discussione che va avanti esattamente da quando sono nati i giornali: iniziò, ne siamo sicuri, nel preciso istante in cui il primo foglio stampato venne venduto in strada, e non è ancora finita.

 Partecipano al dibattito, termine che ormai ci fa venire l'orticaria, il Mirabella, il direttore del Messaggero Gambescia (a proposito del quale già ci siamo chiesti una volta come fa a fare il giornale, visto che è sempre in televisione), il vicedirettore del Tg5 Sposini (che di solito si vede da Biscardi, impegnato su rigori e allenatori: oggi invece è più distaccato, sembra), un giornalista del Tg1 di cui ci sfugge il nome ma di cui Sposini dice che è il più bravo inviato che abbia mai conosciuto, Sandro Curzi (già direttore del più parziale e disinformante Tg che si ricordi: Tg3, detto Telekabul), a cui si associa più tardi il giornalista che dirige Ballarò.

 Il gruppo di fenomeni, che dibatte come se fosse alla Versiliana e totalmente prescindendo dall'ascoltatore, ci spiega come si deve dare l'informazione, come si deve 'trattare' le notizie-choc che purtroppo ogni giorno ci toccano, e come deve farlo un giornale. Si sentono espressioni ormai entrate nell'uso anche di chi chiacchiera in tram, come 'giornalismo della carta stampata' e 'giornalismo parlato'.

 Mentre ci spiegano come si dovrebbe fare un giornale o tiggì, in realtà procurandosi ognuno pubblicità gratis per la sua testata, a noi viene da chiederci: ma, accidenti, perché invece di star qui a discutere su come si dà una notizia, non lo fanno? Mica sono dei critici televisivi come noi: sono loro che 'operano' sul campo. Il fatto che cerchino di toglierci il mestiere, facendo insieme i cuochi e i critici gastronomici, ci fa imbestialire. E che si fa così? O che a noi è mai venuto in mente di spacciarci per direttori del Messaggero, o vicedirettori del Tg5? Che stiano al loro posto.

 Mentre questi signori, pirandellianamente in crisi di identità (non c'è altra spiegazione), con grande sussiego stanno lì a dirci come loro stessi dovrebbero comportarsi; e ci dicono della tempestività delle notizie, dell'importanza di darle con 'cultura' (così Gambescia), e chiacchiere del genere, a noi viene la nausea. Quindi pigiamo il tasto e viene fuori La7. Dove c'è in corso un'edizione straordinaria: è arrivato un altro comunicato che annuncia - speriamo mentendo - l'assassinio delle due ragazze italiane in ostaggio in Iraq. Un momento drammatico, altro che storie.

 Ci spostiamo in un nanosecondo sul consesso dei fenomeni del giornalismo, su Rai Tre. Quelli che ci spiegano come si danno le notizie. Pensiamo: chissà cosa diranno ora, ecco qui il momento di passare dalle parole ai fatti.

 Beati come al ristorante, stanno cinguettando di come si mette su un tiggì, di come si costruisce bene una notizia, del diritto del lettore-ascoltatore, e altre simpatiche questioncelle degne della parodia di un dialogo rinascimentale.

   Buon appetito, ragazzi.



Cominciamo bene estate

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Il pranzo di Babette di Gabriel Axel
Il pranzo di Babette

 
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