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L'anima del sound africano

di Giovanni Fornaro
  Miriam Makeba
Data di pubblicazione su web 19/03/2004  
Mi accosto al PalaFiom di Taranto, ove si svolge il concerto di Miriam Makeba – in esclusiva per il centro-sud – un po' dubbioso: come sarà, oggi, la "madre coraggio" africana che rappresenta, ancora dopo tanti anni, il vessillo più noto contro le segregazioni (razziali, sessuali) dell'Africa contemporanea? Mi chiedo, cioè, se dopo tanto tempo abbia saputo mantenere integra quella verve che è caratteristica peculiare del suo combattivo carattere, e non solo dal punto di vista dell'impegno politico sociale ma propriamente artistico, ora che si avvia verso l'età più matura.

Miriam Makeba




La biografia della grande Signora del Sudafrica rivela aspetti così straordinari da sovrapporsi troppo spesso alle sue eccezionali qualità di performer, da quelle canore alla capacità di stare on stage. Come non tener conto della sua forte opposizione al regime di apartheid del governo di Pretoria che le costò, sin dai primi anni '60, la revoca del passaporto sudafricano, così come, emigrata negli USA e dopo il grandissimo successo, mentore Harry Belafonte, va valutato in senso politico il suo matrimonio (uno dei cinque della sua movimentata vita sentimentale) con il leader delle Black Panther, Stokeley Carmichael. Anche in quel caso fu costretta all'esilio, ma in un modo strisciante, non dichiarato – frequente nelle comunità nordamericane – che è attivato da un'automatica ed insostenibile pressione sociale, fino ad impedirle di lavorare e vivere serenamente. Ad accoglierla fu, ancora una volta, l'Africa, in particolare quella Guinea che le aveva già conferito, tempo prima, la cittadinanza onoraria.

Passando per malattie gravi, incidenti aerei, premi e riconoscimenti, la signora Makeba è giunta all'età di settantadue anni (più volte sottolineata durante il concerto, con compiacimento) e porta ancora in giro la sua musica ed i suoi ideali di eguaglianza e libertà, coadiuvata dai parenti, fra i quali la corista degli ultimi concerti italiani, la nipote Zenzi Lee. Con quale musicalità si esprime la Miriam Makeba del XXI secolo? Il sound si definisce in un sincretismo artistico fra afro-beat, pop occidentale e jazz, con inserti di musica folklorica zulu (la cantante appartiene alla tribù Xhosa) che sono una gioia per le orecchie. Il jazz lo ha frequentato con alcuni fra i più grandi, come Dizzy Gillespie, ma lo ha appreso per il tramite del trombettista sudafricano Hugh Masekela, uno dei suoi ex mariti, compositore di quel celebre e seminale musical jazz, King Kong (1959), che rappresentò un modo forte di gridare al mondo l'opposizione degli artisti coloured all'apartheid. Per questo concerto la Makeba ha scelto un brano di Masekela ipnotico ed evocativo, Soweto blue, fra i più intensi dell'intero spettacolo.
 

Miriam Makeba

Il genere popular attraversa trasversalmente molti brani, dal sincopato Live the future, che segna un formidabile incipit al concerto, al reggae della nota Mbu be (the lion cries), per proseguire con i suoi hit più famosi come Click song, African convention, Masakhane, Bhabha lazi o la celebre Pata Pata, un dovere suonarla anche se oggi la cantante ritiene che sia la sua canzone meno interessante ed impegnata: un elemento indicativo di come ella stessa non riesca a disgiungere la sua passione civile dal dato strettamente musicale. Come per gran parte della musica moderna sudafricana, questi brani sciorinati uno dietro l'altro per un'ora e tre quarti sono quasi sempre allegri, mettono di buon umore (il tono minore non fa parte del bagaglio culturale di questi musicisti), tranne pochi momenti scelti, in cui gli elementi del pop occidentale emergono in superficie e si ascoltano delle intense ballads, spesso interpretate dai coristi in lead voice.

Nella band, oltre Mbutho Zamo, Innocent Modiba e la citata Zenzi Lee ai cori, spiccano per virtuosismo Alain Marie Agbo alla chitarra, Tantely Rambeloson al pianoforte, Kwazi Shange alla batteria ed il ritmico Mandlenkosi Zikalala al basso elettrico, mentre poco adeguato è apparso il tastierista Nelson Lee. Ma la sorpresa maggiore la fornisce la stessa Makeba, sensualissima nei misurati ma erotici movimenti del corpo, negli ammiccamenti dello sguardo, con la presenza scenica da grande star che riesce a non entrare in contraddizione con la sua storia personale e pubblica; e poi la sua voce, resa a volte roca dall'età ma, proprio per questo, profonda ed inimitabile, davvero unica nell'esprimere tutte le gioie e le sofferenze che la vita le ha regalato.

Tenerissima, quando comunica al pubblico, per West Wind – l'ultimo brano in coro a cappella che molto ricorda quelli di Graceland, l'album-simbolo della World Music ai cui concerti live ha collaborato – che fa cantare canzoni come queste (relative alla tradizione orale zulu cui si accennava prima) per non far dimenticare che l'Africa è la loro grande madre, a cui apparterranno per sempre: ecco chi è, oggi, nonna Miriam Makeba.

Miriam Makeba in concerto



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