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Nausee sportive

di Roberto Fedi
  Un'immagine dal film "Il grande dittatore" (Charles S. Chaplin), 1941
Data di pubblicazione su web 28/09/2004  
In un film di qualche anno fa, La mazzetta, di Sergio Corbucci (1978, tratto da un romanzo di Attilio Veraldi), Nino Manfredi veniva sottoposto a una originale forma di tortura. Era infatti costretto a mangiare, e poi sempre più a ingurgitare, spingersi in bocca, ingollare fino all'esaurimento e al vomito, chili e chili di spaghetti al nero di seppia. È una scena rimasta celebre, e che a noi viene in mente ogni volta che accendiamo la televisione la domenica.

Una dichiarazione preliminare e senza ironia: a noi il calcio piace. Lo stadio, i colori, i cori, i gol… Tutto bello. Ma è come con gli spaghetti: se vi costringono a ingozzarvi con chili di pasta al sugo, vi viene da star male. È una tortura. Vi prende la nausea da spaghetto, l'odio per il sugo, lo schifo del pomodoro. A noi questo accade con il calcio televisivo domenicale.

Che in questo paese dei miracoli, appunto per un miracolo tutto nostrano, comincia il sabato sera. Sabato sprint (Rai due, dalle 22.35 per più d'un'ora). Pochi gol, e il solito bla-bla, con ben quattro (!) chiacchieroni in studio e due presentatori (accidenti!), più i chiacchieroni vicari inviati sui campi a intervistare allenatori anche loro, ahimè, sempre più prolissi e logorroici. Più o meno, su un'ora e dieci di trasmissione, almeno un'ora di parole inutili.

Lasciamo perdere il fatto che, quanto al cosiddetto sport, in tutti i tiggì non si parla altro che di calcio; e che ci sono infinite trasmissioncine che vi ammorbano solo di quello. E restiamo alla Rai, che anche chi odia il calcio sostiene col suo bel canone. Limitiamoci alla domenica. Dove su Rai Due Simona Ventura, sempre più sguaiata, dalle 13.45 vi invade a forza di urla e sbracciamenti vari prima con Quelli che … aspettano, poi con Quelli che… il calcio, fino alle 17.10, quando entra in scena il Varriale con i suoi vestitini, le sue domandine e il suo accentino dialettalino per Stadio sprint: chiacchiere in libertà con interviste a logorroici fatte da inviati che sembrano presi a prestito da una parodia. Si va avanti per quasi un'ora, quando alle 18.00 su Rai Uno inizia 90° minuto, dove Paola Ferrari cerca disperatamente e senza nessuna spontaneità per sessanta minuti di resuscitare il duo Tosatti-Longhi, mentre inviati quasi tutti spenti come vecchie candele presentano, spesso in modi confusi, sintesi di partite di calcio, riuscendo al miracolo di far sembrare eccitanti partite in realtà noiosissime, e viceversa.

Siamo all'incirca intorno a un totale di 5 ore, sabato escluso. Non basta. Perché sempre su Rai Due, alle 22.30 fino a notte fonda (circa le una, spesso) ecco la storica Domenica sportiva, tutta o quasi di ciance, quest'anno condotta dal Mazzocchi che in un colpo solo ha riperso tutto il bene che avevamo detto di lui alle Olimpiadi.

Voi penserete che sia tutto. Scherzate. Perché ci eravamo dimenticati che su Rai Uno, dalle 20.35, ecco che per una ventina di minuti arriva Rai Sport Notizie, e che su Rai Due come se non bastasse l'orgia pomeridiana di oltre tre ore di questa roba su quel canale, alle 20.00 c'è per mezz'ora Domenica Sprint: e ridài col calcio e i filmati delle partite. Da chiedersi come abbiano fatto a trovare i titoli per tutte queste trasmissioni, tutte ripetitive e tutte uguali.

Quando di notte finisce la Domenica sportiva, uno che inebetito fosse stato lì a vedersi tutto il cosiddetto sport, avrebbe collezionato qualche centinaio di moviole, rigori, dichiarazioni, dibattiti sulla crisi della Roma, interviste in ginocchio a uno sgarbato Capello, piagnistei di rigori negati, lamentazioni sugli arbitri, profonde riflessioni sul 4-4-2, domande angoscianti sulla psicologia di Vieri, e pensosi interrogativi sul momento difficile di Totti e la difficile gestione di Cassano. E poi dicono della violenza della televisione: magari! (Meglio la violenza). In un festival di luoghi comuni da antologia dell'orrido, in uno slang o linguaggio settoriale che ormai è studiato nelle università insieme ai linguaggi dell'emarginazione e a quelli degli analfabeti di ritorno (ci riferiamo soprattutto a quello dei giornalisti), in cui impegnarsi si dice 'mostrare gli attributi' e tirare in porta si traduce in 'far male', e robaccia del genere.

Basta. A pensarci, ci hanno nauseato anche gli spaghetti.

Programmazione sportiva Rai

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