drammaturgia.it
Home | Cinema | Teatro | Opera e concerti | Danza | Mostre | Varia | Televisioni | Libri | Riviste
Punto sul vivo | Segnal@zioni | Saggi | Profili-interviste | Link | Contatti
cerca in vai

Beato il popolo che non ha bisogno di eroi

di Tommaso Assennato
  Massimo De Francovich
Data di pubblicazione su web 03/01/2005  
Si dice che un attimo prima di morire la vita intera ci scorra davanti in un secondo, che il tempo si dilati a dismisura, permettendoci, in un certo senso, di prolungare la durata della nostra esistenza. Forse succede davvero. E' del tutto plausibile che il nostro cervello, presagendo la fine imminente, rallenti la nostra percezione del tempo pur di regalarci, in un estremo e disperato sussulto di autoconservazione, l'ultima occasione per riflettere, ricordare, rievocare. Per dare addio al mondo.

Palermo, 19 luglio 1992, ore 16 e 58: in via D'Amelio, 57 giorni dopo la terribile strage di Capaci che è costata la vita al giudice Giovanni Falcone, un'autobomba uccide il suo amico e collega Paolo Borsellino con tutta la scorta. Lo spettacolo di Ruggero Cappuccio (che a settembre ha debuttato al Festival Città Spettacolo di Benevento e in questi giorni ha cominciato la tournée con una serie di rappresentazioni alla Pergola di Firenze) racconta l'ultimo secondo di vita del giudice palermitano. Sospeso tra la vita e la morte, tra ricordo e allucinazione, tra sogno e realtà, Borsellino medita sulla sua sorte con amara ironia, pensa al destino della sua Sicilia, rivive episodi della sua infanzia.

 

Giovanni Falcone e Paolo Borsellino
 

Fin dall'apertura del sipario la scenografia proietta lo spettatore in una dimensione 'altra'. La scena è spoglia. Lo sfondo è costituito da teli azzurri, con un passaggio nel mezzo. Massimo De Francovich, che interpreta Borsellino, avanza con una giacchetta in mano. A poco a poco il suo personaggio sembra rendersi conto di quanto è accaduto (l'esplosione). Iniziano a riemergere memorie, lontane e vicine. La luce e lo sfondo della scena cambiano seguendo la successione dei pensieri e delle visioni.

De Francovich recita da solo, in italiano, ma il suo monologo si alterna all'apparizione di alcune presenze femminili che parlano un siciliano arcaico: un coro da tragedia greca, i cui interventi accentuano l'atmosfera onirica della pièce e sembrano suggerire che la morte è una fine che coincide con l'inizio: un ritorno al materno. Il loro lamento incarna sia quello delle donne vicine a Borsellino (la madre, la moglie, le figlie) sia quello di tutta una terra, la Sicilia, ferita dalla perdita di un eroe. All'eroismo del giudice corrisponde la dignità (che riecheggia quella di Antigone) di chi dovrà piangere il proprio caro senza un corpo da poter seppellire.
Massimo De Francovich


Lo spettacolo affronta un tema delicato senza cedere alla retorica o alla celebrazione, né sceglie la strada dell'indagine giornalistica o della denuncia esplicita. Cappuccio è interessato infatti alla ricostruzione psicologica della figura di Borsellino. Anche la scena che contiene maggiori riferimenti a 'fatti accaduti' - quando il protagonista sembra dimenticare di essere sul punto di morire e immagina di incontrare, nel Palazzo di Giustizia di Palermo, una lunga serie di personaggi uccisi dalla mafia - serve comunque a tratteggiare la personalità del giudice, la sua umanità, la fermezza delle sue scelte.

Il testo è stato composto anche sulla base di colloqui con la famiglia di Borsellino, rappresentato come un eroe moderno che possiede la caratteristica fondamentale degli eroi del mondo classico: è consapevole, matematicamente certo che la sua battaglia lo condurrà alla morte e condivide questa consapevolezza con le persone che lo circondano più da vicino, come le donne della sua famiglia. Allo stesso modo in cui Andromaca è consapevole del destino che attende Ettore.

La messinscena, il coro e soprattutto la recitazione sobria ed elegante di De Francovich sottolineano questa idea di eroismo 'classico' e l'assoluta integrità di un uomo che nella vita, come esprime il gioco di parole del bel titolo dello spettacolo (e ultima battuta del testo), non disgiunse mai il suo essere uomo dal ruolo di giudice al servizio di un 'ideale' di Stato purtroppo troppo distante dalla realtà. "Palermo non mi piaceva, per questo ho imparato ad amarla, perché il vero amore consiste nell'amare ciò che non piace per poterlo cambiare. Ho vissuto così: essendo stato Paolo Borsellino. Paolo Borsellino: essendo Stato".

 


Paolo Borsellino essendo stato
cast cast & credits
 



 
Firenze University Press
tel. (+39) 055 2757700 - fax (+39) 055 2757712
Via Cittadella 7 - 50144 Firenze

web:  http://www.fupress.com
email:info@fupress.com
© Firenze University Press 2013