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Il potere logora chi ne abusa

di Fabio Tasso
  Un'immagine del film
Data di pubblicazione su web 01/01/2005  
Il cinema degli ultimi anni deve moltissimo a Michael Moore. La sua figura ha ormai un ruolo sociale e politico di enorme influenza, amplificatasi, oltre che grazie ai suoi documentari, anche con le numerose esternazioni pubbliche su temi di attualità.

Attraverso film quali Bowling a Columbine e Fahrenheit 9/11 (e prima ancora il notevole Roger & Me), il regista americano ha svolto sostanzialmente due compiti. In primo luogo ha dato nuova dignità e visibilità a un genere cinematografico, il documentario, che per anni era stato confinato al rango di sottogenere, e al quale ormai soltanto gli addetti ai lavori prestavano attenzione; dall’altro lato ha indotto persone di ogni ceto sociale e cultura ad avvicinarsi ai temi più impellenti che caratterizzano il nostro periodo storico e il dibattito socio-politico di questi anni: la guerra, la violenza della società, la diffusione delle armi, la potenza delle grandi multinazionali.

L’esempio di Moore è stato seguito da una schiera, in verità non ancora foltissima, di seguaci; è imminente, tanto per fare un esempio, l’uscita del documentario Supersize Me!, il racconto tragicomico di un periodo di tempo trascorso nutrendosi soltanto dei prodotti venduti da McDonald’s e dei conseguenti gravi scompensi cardiocircolatori (e non solo). La nefasta potenza delle grandi multinazionali è anche il tema affrontato da The Corporation, giunto in Italia sull’onda lunga del rinnovato interesse per il documentario.

Un'immagine del film
 
Diretto da Mark Achbar, Jennifer Abbott e Joel Bakan e tratto dal volume The Corporation: The Pathological Pursuit of Profit and Power dello stesso Bakan, The Corporation si propone di analizzare la nascita, lo sviluppo e l’enorme influenza che hanno oggi a livello mondiale le grandi aziende che dominano il mercato. E lo fa con un rigore, una coerenza programmatica e una lucidità che raramente si vedono persino nei film di fiction. The Corporation ha il suo punto di forza nella capacità di documentare con estrema precisione ogni argomento trattato, ogni caso che, cadendo sotto l’occhio attento e scrupoloso dei registi, diventi degno di attenzione. La visione del film permette di imbattersi in nomi ormai famosissimi in tutto il mondo, come Nike, Monsanto, Pfizer. Sono i soggetti che dominano l’economia globale, interferendo nell’attività dei governi e giocando, di fatto, un ruolo politico. La teoria portante del film è che la corporation, che una legge di alcuni decenni fa ha elevato al rango di "persona" giuridica a tutti gli effetti, proprio alla luce di questa categoria manifesti tutte le caratteristiche della personalità psicopatica.

Per anni gli storici hanno discusso di un’entità al tempo stesso astratta e concreta come lo Stato-nazione; se e quanto potesse determinare le vite dei singoli, e in che modo fosse in grado di dare un ordine alla mappa geopolitica mondiale. Forse troppo tardi ci si è accorti che lo Stato-nazione, in quanto entità autonoma, è stato ormai soppiantato dalla corporation, un’altra entità in grado di elevarsi su un piano sovranazionale ed essere così, mancando al giorno d’oggi una legislazione su scala mondiale, di fatto incontrollabile dai governi. Se, per esempio, un’azienda americana infrangesse una legge in Thailandia, da quale autorità sarebbe giudicata? Da quella americana o da quella thailandese? L’impossibilità di rispondere a questa domanda è la migliore esemplificazione di un problema che pare irresolubile.

Il dubbio che il film cerca di instillare nello spettatore è questo: cosa succede quando a dominare il mondo sono entità "psicopatiche"? La risposta è nella lunga serie di argomentazioni che si susseguono senza sosta e che toccano i temi più disparati, dalla censura giornalistica alla mancanza d’acqua che attanaglierà il pianeta tra trent’anni, dall’inquinamento allo sfruttamento del lavoro minorile nel Terzo Mondo, e molti altri.

Un'immagine del film
 
Al film partecipano alcuni tra i più noti intellettuali della controcultura mondiale, tra i quali, oltre allo stesso Moore, si segnalano il linguista e saggista politico Noam Chomsky, Naomi Klein, autrice del celebre No Logo, Jeremy Rifkin, autore di uno dei più venduti saggi sulla globalizzazione, l’indiana Vandana Shiva.

Oltre agli evidenti pregi, a livello strettamente formale il documentario ha anche alcune evidenti debolezze, quali per esempio l’eccessiva lunghezza e un didascalismo di fondo che alla lunga rischia di incrinare un ritmo altrimenti serrato e compatto. Le digressioni sono quasi sempre funzionali all’esposizione dei temi più significativi, ma spesso rischiano di allontanare lo spettatore cal cuore dei problemi, invischiandolo in una serie di passaggi a volte poco chiari o troppo meccanici.

The Corporation è, in sostanza, un film sulle grandi contraddizioni che affliggono il mondo contemporaneo, sui modi per risolverle, sulle strategie da seguire. Non offre risposte facili e accomodanti, né percorsi agevoli per giungere alla verità. Ma, in una realtà sconquassata dalla violenza e attraversata da una moltitudine di voci discordanti, spesso inutili o addirittura dannose, la presenza di film come questo ci rincuora, facendoci sperare che non tutto sia ancora perduto, che il tempo giochi ancora dalla nostra parte per cercare di dare un destino diverso alla Terra e all’umanità.

The Corporation
cast cast & credits
 

locandina




 
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