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Il sublime mozartiano

di Elisabetta Torselli
  Idomeneo
Data di pubblicazione su web 18/06/2004  
Il genio alato, ambizioso, esuberante di un Mozart venticinquenne: Idomeneo è soprattutto questo, la prima grande partitura teatrale di Mozart adulto, che ha finalmente ricevuto - sul finire del 1780 dal teatro della corte di Monaco, per la stagione di Carnevale - la commissione importante che aspettava da tempo. Qui investe tutto ciò di cui è capace, quello che ha ascoltato e assimilato nelle sue esperienze di bambino e di ragazzo, insomma tutto ciò che c'era in Europa, in atto e in potenza, nella musica, nell'opera di quegli anni: la grandiosa e panneggiata opera gluckiana, con le sue ampie arcate drammatiche scandite da quadri corali, le sue enclaves spettacolari e coreografiche ereditate dalla formula francese della tragédie lyrique - infatti Idomeneo deriva da Idoménée di André Campra, del 1712, su testo di Antoine Danchet, pur eliminandone il finale tragico - ma anche con la sua aspirazione al Sublime, al terribile; i fremiti Sturm und Drang della musica dei sinfonisti di Mannheim; la tornitura vocale dell'aria all'italiana.

Quest'esuberanza, congiunta al sentimento della propria sospirata libertà (giacché l'arcivescovo di Salisburgo gli aveva concesso per l'occasione un lungo congedo), ma anche l'attenzione sempre vigile alle circostanze dell'esecuzione, produce per Idomeneo e intorno ad essa la più fitta e interessante rete di documenti (soprattutto lettere al padre) che Mozart ci abbia lasciato su una sua opera in fieri: "In un tempo in cui tra Parigi e Vienna fiorivano trattati, pamphlets e prefazioni sul nuovo teatro moderno, che compositori e librettisti all'avanguardia avevano in mente, Mozart con un privatissimo scambio epistolare col padre conia, [...] frammisto a notizie di raffreddori, di stufe da acquistare, di pediluvi e abiti da rammendare, intercalate con quel suo stile mercuriale, malandrino, curioso e birbonesco, [...] un vero e proprio sunto di estetica" (così Carla Moreni nel saggio Mozart e la classicità, che figura nelle note di sala dello spettacolo; questa estetica mozartiana in nuce era stata già attentamente delineata da Paolo Gallarati nel suo contributo Idomeneo. La forza delle parole).



 


Idomeneo



 
I temi sottintesi e manifesti di quest'estetica sono in parte quelli propri della drammaturgia musicale settecentesca - nelle consuete deplorazioni sull'insufficienza drammatica e poetica del librettista, in questo caso il modesto Giambattista Varesco, cappellano a Salisburgo, a cui è giocoforza chiedere questo o quel cambiamento - sullo sfondo delle esperienze personali di Mozart in materia. Non si dimentichi che dopo un apprendistato solidissimo nell'ambito della commedia musicale, del dramma giocoso e dell'opera seria all'italiana, per un breve periodo Mozart sembra tentare vie più sperimentali, come dimostra quella singolare turquerie tragica che è Zaide, contrassegnata dalla presenza del "melogogo", la recitazione parlata sulla musica come possibile alternativa al canto, un'ipotesi in cui Mozart, per un breve periodo, sembra credere molto (però poi Zaide rimane incompiuta per correre verso Idomeneo). Sono anche anni di intense letture teatrali (con la riscoperta preromantica di Shakespeare che si profila all'orizzonte) e dell'incontro a Salisburgo con Schikaneder, il futuro librettista de Il Flauto Magico; tutto questo Mozart se lo lascia alle spalle con Idomeneo. Per riaffermata fede nei valori dell'opera, come si è sempre detto, se, accettando una nota formulazione di Stravinskij (in polemica con Wagner e dunque rovesciandone la nota contrapposizione opera - dramma), "opera" significa una serie di operazioni comportanti gradi diversi e comunque pronunciati di stilizzazione che il teatro subisce ad opera della musica, delle forme e strutture in cui questa riplasma lo scorrere degli eventi teatrali.

D'altra parte Idomeneo, non essendo un'opera seria all'italiana in senso stretto ma un ibrido drammaturgico curioso, offre altri spazi di manovra. I conflitti dei personaggi razionalmente delineati in uno spazio tutto umano di affetti, di valori e di poteri - ciò che costituisce la sostanza dell'opera seria all'italiana, cui Mozart farà ritorno con la sua ultima opera, La clemenza di Tito - si inscrivono infatti in un contesto più ampio, naturale e soprannaturale: la collera degli dèi e lo scatenarsi degli elementi. La tempesta che scoppia e si placa nell'ouverture, la concisione terribile e bruciante del coro dei naufraghi, l'apparizione del mostro marino fra le grida di terrore della popolazione di Creta, la voce dell'oracolo, creano un contesto in cui, anche nell'aria virtuosistica e temporalesca di Idomeneo (Fuor del mar ho un mare in seno), si tendono di molto le abituali finalità espressive dell'aria "di comparazione"; l''irrazionalità furente delle passioni, la violenza Sturm und Drang della rappresentazione musicale della collera trovano un vertice straordinario in due delle tre arie di Elettra (Tutte nel cor vi sento e D'Oreste, d'Ajace). Gluck viene meditato e superato: se l'ampia sequenza del sacrificio, scandita da musiche cerimoniali e cori, è chiaramente ispirata all'Alceste, Mozart arriva però ad una formulazione chiara del primato della musica che - secondo la nota espressione mozartiana nella lettera del 26 settembre 1781 - "deve rimanere sempre musica" e non appiattirsi sulla mimesi del dramma. Primato che, almeno in via teorica, Gluck non avrebbe mai così esplicitamente ammesso. Ma è proprio attraverso il mezzo musicale che le solenni ma un po' rigide scansioni gluckiane diventano palpitanti e drammatiche: nella più volte applicata dissimulazione dell'aria come pezzo chiuso, come nelle transizioni per cui il recitativo diventa arioso e l'arioso diventa aria, o nella sofisticata costruzione del grande quartetto Andrò ramingo e solo.

Uno dei grandi problemi esecutivi di Idomeneo è dato dalla sovrabbondanza del materiale. La straordinaria esuberanza creativa che sostiene Mozart nel comporre quest'opera è controbilanciata dalla sua attenzione alle circostanze esecutive, ad esempio alle disposizioni dei cantanti; sono molti i dubbi e ripensamenti quanto al calibrare accuratamente sequenze e durate, giacché Mozart non voleva minimamente rischiare un insuccesso ma nello stesso tempo voleva sperimentare qualcosa di nuovo e di suo. Tutto ciò si traduce in molte varianti, versioni alternative della stessa pagina, arie e recitativi tagliati dall'autore alla vigilia della prima rappresentazione, riferendosi qui alla sola versione di Monaco del 1781 e non tenendo conto di una successiva esecuzione a Vienna in cui altri cambiamenti intervennero, come il trasferimento del ruolo di Idamante ad una voce tenorile. Ci sono ben quattro versioni della voce dell'Oracolo; ci sono due versioni, una più ornata e una meno, dell'aria di Idomeneo Fuor del mar (in quest'edizione Bruce Ford, cantante diventato celebre con Rossini e le sue pirotecniche agilità, ha fatto quella ornata); altre arie, come quella finale di Idomeneo Torna la pace, furono tagliate dallo stesso Mozart alla vigilia dell'andata in scena.



 

Idomeneo

 


Chi ascolta in disco ha oggi a disposizione incisioni come quelle di Harnoncourt e di Gardiner, in cui questo materiale esuberante è presentato in appendice, mentre nel programma di sala fiorentino il testo di Varesco era stampato con le varianti e i tagli incorporati ma in carattere più piccolo, con altro materiale in appendice, nell'attenta e ben leggibile ricostruzione di Olimpio Cescatti. Ma il rischio nelle esecuzioni teatrali è che quest'opzionalità si traduca in una selezione un po' spietata o sul filo delle circostanze, frutto delle convenienze, di scelte registiche o direttoriali, prefissate o fatte in corso d'opera. In quest'edizione, ad esempio, era riproposto un ampio recitativo nella scena dell'incontro fra Idomeneo e Idamante, ma erano tagliate, oltre a No, la morte io non pavento di Idamante e Torna la pace di Idomeneo, ambedue le arie di Arbace di cui la seconda, Se colà nei fati è scritto, è invece unanimente apprezzata dagli esegeti mozartiani fin dai tempi di Alfred Einstein. Taglia qui, cuci là. Se il povero Arbace è stato sacrificato, non lo è stata Elettra; eppure alla sua ultima aria, D'Oreste, d'Ajace, Mozart aveva già rinunciato alla prima rappresentazione, esattamente come aveva eliminato No, la morte io non pavento e Torna la pace, ma in quest'ultimo caso, gli applausi del pubblico della Pergola hanno dato pienamente ragione a chi l'aveva rimessa al suo posto.


Non si è forse ripetuto con questo Idomeneo l'esito maiuscolo fornito dal binomio Bolton-Vick alla Pergola con il celebrato Tamerlano di Haendel, ma si è trattato comunque di un'esecuzione di livello complessivo buono e più omogeneo rispetto alle due edizioni precedenti, dell'89 e del '96 (ancora vicini, in fondo; non sarebbe stato più consono alle tradizioni del Maggio sperimentare qualche titolo mozartiano un po' più raro?). Il pubblico fiorentino si è oramai largamente familiarizzato con le regie di Graham Vick, e, la sera della prima, ne ha accolto con consenso convinto e quasi unanime il segno astratto e originale: una Creta prigioniera di linearissimi sipari-muraglie, bianchi, azzurri e neri, a simboleggiare sabbia, acqua e tempesta. L'arrampicarsi e il muoversi di personaggi e figuranti sull'impianto a scena unica inclinata di Richard Hudson creava prospettive ardite e sghembe, fin dalla scena del naufragio, mentre spiccavano nella loro purezza i colori: il bianco, l'azzurro, il nero del lutto e della tempesta, il rosso della regalità e del sangue. Per il resto, si sono viste scene corali bloccate (anche troppo, forse) in rituali di arcaica semplicità, allampanati preti-imam come anche nel Tamerlano, allusioni ad un'insularità-solarità vaga e necessariamente generica (fino al tocco fricchettone delle treccine rasta dei marinai) e simboli stilizzati (i fili-grate rossi che separavano Ilia e Idamante nel primo loro colloquio), nonché i consueti richiami orientali cari a Vick, come i gesti e le vesti da samurai di Idomeneo nella scena del sacrificio, bilanciando il rischio della concettosità di certi momenti con il naturalismo di altri (la scena del naufragio).



 

Ivor Bolton

 


Quanto alla musica, Ivor Bolton imprimeva all'orchestra, fin dalla tempestosa introduzione, accesi fraseggi ed accenti ed una sanguigna, talvolta un po' arruffata libertà: il suo era un Mozart poco preoccupato dalla filologia, per partito preso, o classicamente panneggiato, forse più entusiasta che intimamente drammatico, ma quasi sempre vibrante e comunicativo. Nel cast spiccava, per palpitante, sottile, elegante intensità, Monica Bacelli, squisito Idamante; Veronica Cangemi era un'Ilia delicata e belcantista, come si è notato soprattutto nell'aria Zeffiretti lusinghieri, cui mancava qualche corda eroica ma non una certa fermezza di declamazione; Anna Caterina Antonacci, a dispetto di qualche rigidità vocale, indossava con grande carisma, soprattutto nell'ultima sua aria D'Oreste, d'Aiace, i panni foschi di Elettra (a proposito di panni, impossibile non citare i meravigliosi costumi da tragico uccello notturno ideati per Elettra da Richard Hudson); Danilo Formaggia sarebbe stato probabilmente un autorevole Arbace, ma, come si è detto, le sue due arie sono state entrambe eliminate.

Rispetto ai due protagonisti delle edizioni fiorentine immediatamente precedenti, Dano Raffanti e Deon van der Walt, Bruce Ford era forse il più adatto vocalmente e scenicamente, ma ha purtroppo risolto con qualche approssimazione le agilità previste dal ruolo del titolo (come in Fuor del mar) e non ha eseguito l'aria finale. I cori danzati e la lunga sequenza del balletto finale erano affidati all'abituale collaboratore di Graham Vick, Ron Howell, con coreografie tali da richiamare vaghe reminiscenze di creazioni alla moda qualche decennio fa, come i balli atletici da Figli dei Fiori di Hair, e dunque affatto prive di qualsivoglia stilizzazione o tentazione di ricostruzione di gavotte, minuetti e quant'altro, come invece dovettero essere le coreografie del grande Lorenzo Quaglionella per la prima rappresentazione monacense.

Idomeneo
opera seria in tre atti


cast cast & credits
 
trama trama

Graham Vick
Graham Vick


 


 

Anton Raaf come Idomeneo nella prima rappresentazione dell'opera
Anton Raaf come Idomeneo
nella prima rappresentazione dell'opera



 

 
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